venerdì 28 novembre 2008

CONSIGLIO SI STATO, Sez. V, 17 ottobre 2008 n. 5100

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE
Sezione Quinta
Anno 2007

ha pronunciato la seguente

DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3818 del 2007, proposto dal Consorzio Ravennate delle Cooperative di Produzione e lavoro quale mandatario dell’a.t.i. con Edilminniti, e da Edilminniti di Minniti Giovanni, rappresentate e difese dall’avv. Natale Carbone, elettivamente domiciliate presso il medesimo in Roma, via Germanico 172

contro
l’Azienda Ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli, non costituita nel giudizio di appello

per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione di Reggio Calabria, 11 aprile 2006 n. 542, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste la memoria prodotta dall’appellante;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 1° aprile 2008 il consigliere Marzio Branca, e udito l’avv. Natale Carbone.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO
Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso proposto dal Consorzio Ravennate delle Cooperative di Produzione e lavoro quale mandatario dell’a.t.i. con Edilminniti, e da Edilminniti di Minniti Giovanni, per la condanna dell’ l’Azienda Ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio Calabria al risarcimento del danno in relazione all’annullamento della aggiudicazione per cinque anni del servizio di conduzione degli impianti termici e condizionamento dell’Azienda alla SIRAN s.p.a..
I ricorrenti hanno proposto appello per la riforma della sentenza.
L’Azienda intimata non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 1° aprile 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO
Gli appellanti avevano partecipato alla licitazione privata per l’affidamento per cinque anni del servizio di conduzione e manutenzione globale degli impianti termici e di condizionamento centralizzati della Azienda Sanitaria intimata, conclusasi con l’aggiudicazione in favore della SIRAN s.p.a.
A seguito di impugnazione della procedura da parte degli odierni appellanti tale aggiudicazione è stata definitivamente annullata con sentenza di questa Sezione 18 marzo 2004 n. 1408, sul rilievo che la Commissione di aggiudicazione non risultava composta in modo da garantire una sufficiente competenza tecnica alla valutazione delle offerte.
Con successivo ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria, le imprese interessate ha avanzato domanda di risarcimento del danno per equivalente, ai sensi degli artt. 33 e 35 del d.lgs. n. 80 del 1998, con riguardo alla perdita del profitto che sarebbe loro spettato quali aggiudicatarie nella misura del 10% dell’importo a base di asta, ai costi sopportati per la partecipazione alla gara, alla perdita di chances, nonché alle spese dei precedenti gradi di giudizio.
Il TAR ha respinto la domanda. Dopo aver premesso che, sulla scorta dell’insegnamento della sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, l’illegittimità del provvedimento amministrativo non è condizione sufficiente per far sorgere il diritto al risarcimento per equivalente, dovendo verificarsi anche le altre condizioni cui soggiace l’accertamento della responsabilità acquiliana, tra cui, specificamente, la colpa, i primi giudici hanno ritenuto che nella specie non poteva ravvisarsi un comportamento colposo dell’Amministrazione quanto alla composizione della commissione giudicatrice della gara.
A tale conclusione il TAR è pervenuto in base al rilievo che non sarebbe rinvenibile nell’ordinamento una norma che detti precise disposizioni sulla composizione della commissione di gara per l’aggiudicazione di servizi pubblici, potendo ritenersi dubbio che l’art. 21, comma 5, della legge n. 109 del 1994, dettata per le commissioni relative ad appalti di lavori pubblici, sia applicabile anche agli appalti di servizi.
Sebbene tale tesi non sia stata condivisa dalla Sezione, che, con la sentenza di annullamento della aggiudicazione, ha affermato l’esistenza di un principio generale, discendente dai canoni costituzionali dell’imparzialità e del buon andamento, secondo cui la commissione giudicatrice deve essere dotata di specifica competenza tecnica, i primi giudici hanno ritenuto che già il rilevato dissenso tra l’avviso dei giudici di primo grado e quello di appello sul punto porterebbe ad escludere che l’Amministrazione sia incorsa in un errore non scusabile, quale si richiede per l’affermazione della colpa.
L’a.t.i. soccombente ha sostenuto nell’atto di appello che la sentenza sia meritevole di riforma dovendo tenersi presente che nella specie è risultata palese la violazione dei doveri di diligenza e di prudenza in base ai quali l’Amministrazione avrebbe potuto affidare la valutazione delle offerte ad una commissione composta di soggetti provvisti di adeguate capacità tecniche.
L’appello risulta fondato.
Come la Sezione ha già rilevato nella sentenza di annullamento dell’aggiudicazione (n. 1408 del 2004), la commissione incaricata della valutazione dei requisiti qualitativi dei concorrenti (requisiti tecnici, capacità organizzativa, certificazione di qualità, proposte migliorative sui tempi e sui modi di prestazione dei servizi) era costituita - incontestatamente - da un ex dirigente amministrativo, da un funzionario amministrativo con incarico di consulente esterno, da un ex impiegato amministrativo dell’ufficio ragioneria, dal dirigente dell’ufficio tecnico dell’Azienda ospedaliera, da un medico interno dell’Azienda ospedaliera.
Una siffatta composizione, formata da personale amministrativo, da un sanitario e da un solo tecnico, di cui, peraltro, non è indicata la qualificazione professionale, non poteva, senza alcun margine di legittimo dubbio, essere ritenuta idonea ad assolvere con la doverosa competenza tecnica il compito alla stessa affidato.
Tanto premesso, va ricordato che, sebbene la responsabilità della pubblica amministrazione per illegittimità del provvedimento amministrativo sia costruita in termini di responsabilità extracontrattuale, cui è connesso l’onere gravante sul danneggiato di provare la colpa dell’Amministrazione, la giurisprudenza ormai consolidata ha attenuato il rigore del detto principio, configurando l’accertata illegittimità del provvedimento come una presunzione relativa di colpa a carico dell’Amministrazione, cui spetta quindi l’onere di provare di essere incorsa in errore incolpevole (Cons. St., Sez. VI 9 marzo 2007 n. 114).
Con tale decisione è stato anche evidenziato che non esclude la colpa la circostanza che il giudice di primo grado abbia dato ragione all'amministrazione con decisione ribaltata in appello, in quanto anche il Tar può incorrere in errore, e comunque non appare ragionevole dare rilevanza ad un fatto successivo a quello che ha generato l'illecito. Aderendo a tale impostazione, la sussistenza della colpa sarebbe ravvisabile nelle sole ipotesi in cui il privato ottenga ragione in entrambi i gradi del giudizio, finendo il giudizio di primo grado ad essere quello decisivo.
Nell’attuale fattispecie, la composizione della commissione di gara, sostanzialmente priva di competenza tecnica, ha costituito una colpevole inosservanza dei doveri di prudenza e di diligenza che formano il tessuto insostituibile di una azione amministrativa responsabile e consapevole dell’adeguato perseguimento del pubblico interesse nella scelta del contraente.
Ne consegue l’accertamento della responsabilità dell’Azienda intimata per i danni subiti dalle appellanti, da ristorare per equivalente avuto riguardo alla impossibilità di assicurare il soddisfacimento dell’interesse leso mediante la ripetizione della procedura, in ragione del sostanziale esaurimento del rapporto contrattuale intercorso con l’aggiudicataria.
A tale riguardo la domanda viene quantificata, come lucro cessante, con riferimento al valore dell’intera gara che la giurisprudenza è solita valutare nel 10% dell’importo a base d’asta, cui sarebbero da aggiungere, a titolo di danno emergente, i costi di partecipazione alla procedura per Euro 25.000,00, il danno da perdita di chance di partecipazione ad altre gare anche per perdita delle maestranze, assunte dall’aggiudicataria, e le spese legali sopportate in due gradi di due diversi giudizi (uno dei quali per l’accesso agli atti) per Euro 100.000,00.
La domanda non può essere accolta nella sua integralità.
Con riguardo al lucro cessante, la giurisprudenza afferma che il conseguimento della pretesa al profitto che l’impresa avrebbe conseguito in caso di esecuzione dell’appalto può essere accordato quando vi sia la certezza o la rilevante probabilità dell’aggiudicazione, e ciò distingue la chance risarcibile dalla mera e astratta possibilità del risultato utile, che costituisce aspettativa di fatto (Cons. St., Serz. V, 12 febbraio 2008 n. 490).
Nella specie le appellanti costituite in a.t.i. si sono collocate al quinto posto in graduatoria nella gara annullata, e non è possibile stabilire quale sarebbe stato l’esito se la procedura si fosse ripetuta dinanzi ad una commissione di gara dotata delle competenze tecniche necessarie. Né è possibile attribuire alcuna concreta rilevanza alle previsioni avanzate unilateralmente dalle appellanti, e, pertanto, nessun importo può essere attribuito a tale titolo.
Deve essere ristorato, invece, il danno emergente pari a 125.000,00 Euro per spese legali e spese di partecipazione alla gara, nonché la perdita di chance di partecipazione ad altre gare, da valutare nel 3% dell’importo a base d’asta, il cui valore era fissato nel bando in £ 7.500.000.000- (Euro 3.873.426,74).
Le somme anzidette vanno accresciute della rivalutazione monetaria e degli interessi dalla data dell’aggiudicazione a quella del deposito della presente sentenza.
Dalla data di pubblicazione della sentenza alla data del soddisfo, trattandosi di debito di valuta, vanno corrisposti i soli interessi legali.
Le spese dei due gradi del giudizio vanno posti a carico dell’Azienda appellata nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, condanna l’Azienda Ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli al pagamento di quanto di spettanza delle appellanti, come in motivazione, da dividere in parti eguali;
condanna la medesima Azienda al pagamento in favore delle appellanti come sopra, delle spese competenze e onorari dei due gradi di giudizio, che liquida in Euro 5.000,00 oltre IVA e C.P.A.;
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° aprile 2008 con l'intervento dei magistrati:
Sergio Santoro Presidente
Aldo Fera Consigliere
Marzio Branca Consigliere est.
Michele Corradino Consigliere
Adolfo Metro Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Marzio Branca F.to Sergio Santoro

IL SEGRETARIO
F.to Agatina Maria Vilardo

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
p.IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi

martedì 25 novembre 2008

Consiglio di Stato, V, 10 novembre 2008, n. 5588

N. 5588/08 REG. DEC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 6442/07 Reg. Gen., proposto dall’Impresa CASTELLI GIORGIO s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lucio V. Moscarini, Paola De Virgiliis e Carmine Verticchio, elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, via Sesto Rufo n. 23;
CONTRO
il Comune di Roma, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’Avv. Mauro Martis e Nicola Sabato ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura comunale in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;
per la riforma
della sentenza 7 maggio 2007 n. 4053 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 15 luglio 2008, relatore il consigliere Angelica Dell’Utri Costagliola, uditi per le parti gli Avv.ti Moscarini e Sabato ;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato il 25 luglio 2007 e depositato il 31 seguente l’impresa Castelli Giorgio s.r.l. ha appellato la sentenza 7 maggio 2007 n. 4053 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda, non notificata, con la quale è stato respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della determinazione dirigenziale 7 agosto 2006 n. 827 del Comune di Roma, di risoluzione del rapporto contrattuale con la medesima società per l’esecuzione di lavori di recupero edilizio dell’immobile di proprietà comunale ex Snia Viscosa, di escussione della cauzione definitiva e di segnalazione dell’evento all’Osservatorio dei lavori pubblici presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici.
L’appellante ha rappresentato di aver dedotto in primo grado i seguenti motivi:
1.- violazione dell’art. 109 del D.P.R. n. 554 del 1999, eccesso di potere per difetto dei presupposti di fatto e di diritto del provvedimento amministrativo, violazione dell’art. 10, co. 1 quater, della legge n. 109 del 1994;
2.- eccesso di potere per mancanza dei presupposti delle sanzioni di escussione della cauzione definitiva e di segnalazione all’Autorità di vigilanza, ivi compresa la relativa annotazione; violazione dell’art. 30 della legge n. 109 del 1994.
Ha poi contestato le argomentazioni esposte in sentenza con riferimento ai medesimi motivi.
Il Comune di Roma si è costituito in giudizio ed ha svolto controdeduzioni con memorie del 9 settembre 2007 e 1° luglio 2008, alle quali l’appellante ha replicato con memoria del 4 luglio seguente.
All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione, previa trattazione orale.
DIRITTO
Con la determinazione dirigenziale datata 7 agosto 2006, impugnata in primo grado, il Comune di Roma ha disposto di risolvere il rapporto contrattuale per l’esecuzione dei lavori di "recupero dell’edificio di proprietà comunale ex Snia Viscosa" con l’impresa Castelli Giorgio s.r.l., attuale appellante, e conseguentemente di incamerare la cauzione definitiva, di procedere alla segnalazione all’Osservatorio dei lavori pubblici, nonché di procedere ad un nuovo affidamento dei lavori. Tanto per la pretesa inosservanza dell’obbligo di addivenire alla stipulazione del contratto da parte della stessa impresa, aggiudicataria della sottostante gara, consegnataria dei lavori e sollecitata a darvi inizio, ripetutamente invitata alla stipula anche dopo che, con istanza assunta al protocollo il 10 maggio 2006, ma contestata dall’Ente destinatario, essa aveva chiesto lo scioglimento da ogni impegno per mancata stipula entro il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 109 del D.P.R. n. 554 del 1999. Dal canto suo, in linea con la citata istanza l’appellante sostiene la validità e la tempestività del proprio recesso.
Ciò posto, si osserva che la controversia, concernente fattispecie anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo per ricadere in quella del giudice ordinario, dal momento che vanno qualificate come di diritto soggettivo perfetto le situazioni soggettive coinvolte, sia della parte privata che dell’Amministrazione.
Invero, col predetto provvedimento la Stazione appaltante non ha agito in sede di autotutela, nell’esercizio di poteri pubblicistici a fronte dei quali siano configurabili posizioni del privato di interesse legittimo, avendo invece inteso prendere atto della volontà dell’aggiudicataria di sottrarsi alla stipulazione del contratto, cioè ha posto in essere un atto cosiddetto paritetico, mentre la Società, ritenendo che il Comune sia rimasto inerte per oltre sessanta giorni dalla data in cui l’aggiudicazione doveva intendersi divenuta definitiva, ha esercitato il diritto potestativo previsto dal citato art. 109 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, a tal fine notificando apposito atto contenente la dichiarazione di volersi sciogliere da ogni impegno e la richiesta di rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione anticipata di lavori.
Ora, come la Sezione ha avuto modo di affermare in fattispecie del tutto analoga, in tal caso non sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui agli artt. 6, comma 1, della legge 21 luglio 2000 n. 205 e 33, comma 2, del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall’art. 7 della stessa legge n. 205 del 2000, poiché tali disposizioni si riferiscono alle controversie relative alle procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture, ossia alla fase di evidenza pubblica concernente la scelta del privato contraente, che si conclude con l’aggiudicazione definitiva, e non includono la successiva fase che termina con la stipula del contratto; fase, quest’ultima, in ordine alla quale occorre di volta in volta accertare la consistenza delle posizioni soggettive investite al fine di applicare l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione, tenuto anche conto che, come precisato con la sentenza 6 luglio 2004 n. 204 dalla Corte costituzionale, è escluso che nel vigente assetto costituzionale sia sufficiente un generico coinvolgimento dell’interesse pubblico nella controversia affinché questa sia devoluta in via esclusiva al giudice amministrativo (cfr. questa Sez. V, 29 novembre 2004 n. 7772).
In detta fase, successiva a quella di evidenza pubblica, rientra evidentemente la vicenda in esame, a cui ha fatto seguito la segnalazione all’Osservatorio come mera conseguenza notiziale riguardante un’impresa qualificata, nella quale per quanto suesposto non possono che essere individuate posizioni di diritto soggettivo da entrambe le parti contendenti.
Pertanto, non resta al Collegio che dichiarare il difetto di giurisdizione amministrativa e, di qui, disporre l’annullamento senza rinvio della sentenza appellata.
Quanto alle spese di entrambi i gradi, si ravvisano ragioni affinché possano restare compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo sull’appello in epigrafe, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, per l’effetto, annulla senza rinvio la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 luglio 2008 con l’intervento dei magistrati:
Claudio Marchitiello Presidente
Marzio Branca Consigliere
Giancarlo Giambartolomei Consigliere
Angelica Dell’Utri Costagliola Consigliere, estensore
Roberto Capuzzi Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Angelica Dell’Utri Costagliola f.to Claudio Marchitiello
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 10.11.2008.

giovedì 13 novembre 2008

Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 10 novembre 2008 n. 11


N. Reg. Dec. 11 ANNO 2008
Disp.vo n. 2/2008

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, ha pronunciato la seguente

DECISIONE
sul ricorso in appello n. 11 del 2008 del ruolo dell’Ad. Plen. (n. 4247 del 2007 del ruolo della Sez. V), proposto dalla s.p.a. Acegas-Aps, dalla s.r.l. Ecologica, dalla soc. coop. Art. Co. Bassa Friulana e dalla s.r.l. Savi Servizi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Primo Michielan, Sebastiano Tonon e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via F. Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’avvocato Luigi Manzi;

contro
la s.p.a. Vesta e la s.p.a. Manutencoop Servizi Ambientali (appellanti incidentali), in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Germano Bellussi e Maurizio Mensi, ed elettivamente domiciliate in Roma, alla via dei Prefetti n. 30, presso lo studio dell’avvocato Maurizio Mensi;

e, nei confronti
del Comune di Cavallino Treporti, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Franco Zambelli e Mario Ettore Verino, ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Lima, n. 15, presso lo studio dell’avvocato Mario Ettore Verino;

per la riforma
della sentenza del TAR per il Veneto, Sez. I, 12 gennaio 2007, n. 82;

Visto l’appello principale, con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della s.p.a. Vesta, della s.p.a. Manutencoop Servizi Ambientali e del Comune di Cavallino Treporti;
Vista l’ordinanza della Sezione Quinta n. 2669 del 2008, che ha rimesso il giudizio all’esame dell’Adunanza Plenaria;
Viste le memorie depositate dall’a.t.i. Acegas, dall’a.t.i. Vesta, e dal Comune di Cavallino Treporti;
Visto l’art. 45 del testo unico approvato col regio decreto n. 1054 del 1924;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita la relazione del consigliere di Stato Luigi Maruotti alla pubblica udienza del 20 ottobre 2008 e uditi, altresì, gli avvocati Cacciavillani, per delega dell’avvocato Primo Michielan, Luigi Manzi, Mario Ettore Verino, Maurizio Mensi;
Considerato che, ai sensi dell’art. 23 bis della legge n. 1034 del 1971, è stato pubblicato il dispositivo n. 2 del 2008 della decisione, cui segue il deposito della relativa motivazione;

Considerato in fatto e in diritto quanto segue.
1. In data 23 settembre 2005, il Comune di Cavallino Treporti ha indetto una gara per lo svolgimento del servizio di gestione integrata del ciclo di raccolta, conferimento e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per la riscossione della tariffa di igiene ambientale, da aggiudicare all’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’importo annuo a base d’asta pari a € 1.380.000.
Hanno partecipato alla gara tre associazione temporanee di imprese:
- quella tra le imprese Aimeri ambiente impresa Ponticelli, Gaia cooperativa ed Ecoverde cooperativa, poi esclusa perché ha formulato una offerta al rialzo;
- quella tra la s.p.a. Vesta (già affidataria del servizio), la s.c.e.r.l. Manutencoop e la s.p.a. ASVP (di seguito: l’a.t.i. Vesta), che si è classificata seconda nella graduatoria finale con punti 79,53;
- quella tra la s.p.a. Acegas-Aps, la s.r.l. Ecologica, la soc. coop. Art. Co. Bassa Friulana e la s.r.l. Savi Servizi, che si è classificata prima con punti 79,90.
Col provvedimento n. 618 del 27 giugno 2006, il Comune ha disposto l’aggiudicazione definitiva nei confronti dell’a.t.i. Acegas.
2. Col ricorso di primo grado n. 1731 del 2006 (proposto al TAR per il Veneto), l’a.t.i. Vesta ha impugnato il capitolato speciale di gara, l’atto di ammissione alla gara dell’a.t.i. Acegas e il provvedimento di aggiudicazione, chiedendone l’annullamento sulla base di otto motivi.
La s.p.a. Acegas ha proposto un ricorso incidentale, con cui ha chiesto che il ricorso principale sia dichiarato inammissibile, poiché il Comune avrebbe dovuto escludere dalla gara l’a.t.i. Vesta, la cui offerta - col previsto ribasso dello 0,077% - ha specificato che non sono stati computati gli oneri di realizzazione e gestione della stazione di travaso e dell’ecocentro.
La s.r.l. Ecologica ha proposto un distinto ricorso incidentale, con cui ha chiesto che il ricorso principale sia dichiarato inammissibile per sei motivi, tra cui quello già rilevato col ricorso incidentale della s.p.a. Acegas.
Con l’ordinanza n. 743 del 2006, il TAR ha sospeso gli effetti del provvedimento di aggiudicazione ed ha disposto che, nel corso del giudizio, la s.p.a. Vesta "prosegua nella gestione del servizio".
3. Con la gravata sentenza n. 82 del 2007, il TAR per il Veneto:
a) ha accolto il ricorso incidentale della s.p.a. Acegas e il primo motivo del ricorso incidentale della s.r.l. Ecologica, respingendo gli altri cinque motivi del ricorso incidentale di quest’ultima;
b) ha dichiarato ammissibile il ricorso principale, rilevando che – se sono presentate due offerte valide nel corso di una gara d’appalto – l’accoglimento del ricorso incidentale della aggiudicataria comporta che vada esaminato anche il ricorso principale, poiché il suo accoglimento comporterebbe l’indizione di una ulteriore gara, con il conseguente interesse strumentale della ricorrente principale;
c) ha respinto i primi quattro motivi del ricorso principale;
b) ha accolto il quinto motivo del ricorso principale (previa reiezione di eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità del Comune e dell’a.t.i. Acegas), rilevando che il Comune non avrebbe verificato se l’offerta della stessa a.t.i. Vesta sia conforme all’art. 11 del bando [da interpretare unitamente all’art. 11, lettera d), del capitolato speciale], e cioè se la mandataria possedesse almeno il 60% del fatturato del complessivo rispetto alle mandanti e se ciascuna delle società mandanti possedesse un fatturato pari almeno al 20% della residua percentuale non superiore al 40%;
c) in prospettiva della ripetizione della gara, ha ritenuto ammissibile ed ha accolto il sesto motivo del ricorso principale ed ha annullato l’art. 11, lettera d), del capitolato speciale, sui punteggi per la capacità economica e finanziaria, per violazione dell’art. 12 del d.lg. n. 157 del 1995;
d) ha respinto il settimo e l’ottavo motivo del ricorso principale;
e) ha conseguentemente annullato gli atti di ammissione alla gara dell’a.t.i. Vesta e dell’a.t.i. Acegas, salvi gli ulteriori provvedimenti;
f) ha respinto la domanda di risarcimento del danno, formulata dalla ricorrente principale.
4. Con il primo motivo dell’appello principale in esame, l’a.t.i. Acegas ha chiesto che, in parziale riforma della sentenza gravata, sia dichiarato inammissibile il ricorso principale di primo grado dell’a.t.i. Vesta, deducendo che la fondatezza del ricorso incidentale rende inammissibile il ricorso principale, anche quando siano state ammesse alla gara due sole imprese.
L’appellante principale ha altresì rilevato che il TAR non avrebbe considerato due elementi, e cioè che nel corso della gara sono state presentate tre offerte e che non sussisterebbe un effettivo interesse strumentale dell’a.t.i. Vesta, perché l’accoglimento del quinto motivo del ricorso originario non comporta di per sé la rinnovazione della gara, che può aver luogo solo dopo il rinnovo del segmento della gara già conclusa e la verifica da effettuare ai sensi dell’art. 11 del bando di gara.
Inoltre, l’appellante principale ha chiesto:
- con il secondo ed il terzo motivo, che sia dichiarato inammissibile o irricevibile il quinto motivo del ricorso originario;
- con il quarto motivo, che il quinto motivo del ricorso originario vada respinto, per l’insussistenza della ragione che ha indotto il TAR a ritenere che il Comune avrebbe dovuto escludere l’a.t.i. Acegas dalla gara;
- con il quinto motivo, che sia comunque respinto il sesto motivo del ricorso originario;
- con il sesto ed il settimo motivo, l’accoglimento del quarto e del sesto motivo del ricorso incidentale di primo grado della s.r.l. Ecologica.
5. L’a.t.i. Vesta ha appellato in via incidentale la sentenza del TAR:
- con i primi cinque motivi d’appello, ha chiesto che in riforma della sentenza del TAR, siano accolti il primo, il terzo, il quarto, il settimo e l’ottavo motivo del suo ricorso originario di primo grado;
- col sesto motivo, ha impugnato le statuizioni con cui il TAR ha accolto i ricorsi incidentali della s.p.a. Acegas e della s.r.l. Ecologica, deducendo che la sua offerta sarebbe conforme alle prescrizioni del bando.
6. Prima della proposizione degli appelli, in data 31 marzo 2007, la commissione di gara ha dato esecuzione alla sentenza del TAR ed ha verificato che l’offerta dell’a.t.i. Vesta non è conforme all’art. 11 del bando, poiché la mandante s.r.l. Ecologica non è risultata in possesso del requisito ivi previsto del 20%.
Con i suoi scritti, il Comune ha eccepito di conseguenza l’improcedibilità dell’appello principale e l’inammissibilità di quello incidentale.
L’a.t.i. Acegas ha depositato un controricorso e memorie difensive, con cui ha insistito nelle proprie deduzioni ed ha eccepito l’inammissibilità del secondo, terzo, quarto e quinto motivo dell’appello incidentale.
Con i suoi scritti, l’a.t.i. Vesta ha insistito nelle conclusioni già formulate con l’appello principale.
7. Con l’ordinanza n. 2669 del 2008, la Quinta Sezione:
a) ha respinto l’eccezione di improcedibilità dell’appello principale e di quello incidentale (formulata dal Comune), rilevando che il riesame degli atti di gara è stato disposto in ragione della esecutività della sentenza di primo grado;
b) ha respinto il secondo ed il terzo motivo dell’appello principale (con cui sono state riproposte le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità del quinto e del sesto motivo del ricorso principale di primo grado);
c) ha respinto l’eccezione dell’a.t.i. Acegas sulla inammissibilità del secondo, terzo, quarto e quinto motivo dell’appello incidentale;
d) è passata all’esame del primo motivo dell’appello principale, con cui l’a.t.i. Acegas ha chiesto che – in ragione del disposto accoglimento dei ricorsi incidentali di primo grado – sia dichiarato inammissibile il ricorso principale di primo grado dell’a.t.i. Vesta.
Al riguardo, l’ordinanza di rimessione:
- ha rilevato che, nella specie, le imprese ammesse alla gara erano due (per l’esclusione dell’a.t.i. Aimeri ambiente) e che la conferma della sentenza gravata comporterebbe la ripetizione della gara (perché il Comune ha constatato l’assenza del requisito previsto dall’art. 11 del bando sul fatturato della mandante s.r.l. Ecologica);
- ha ricostruito l’evoluzione della giurisprudenza sulla questione se continui a sussistere l’interesse del ricorrente principale, quando risulti che la sua offerta doveva essere esclusa, in accoglimento del ricorso incidentale della aggiudicataria, e due sole offerte siano state ammesse in gara;
- ha rilevato che, qualora risulti fondato il ricorso incidentale della aggiudicataria di una gara cui siano state ammesse due partecipanti, per un orientamento (cfr. Sez. V, 8 maggio 2002, n. 2468; Sez. V, 23 agosto 2004, n. 5583, ai cui principi si è ispirata la sentenza gravata), resta ammissibile il ricorso principale, in ragione dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara, mentre per un altro orientamento (cfr. Sez. V, 21 giugno 2006, n. 3689), si applica la regola tradizionale per cui il ricorso principale diventa improcedibile per difetto di legittimazione;
- ha richiamato un ulteriore orientamento (cfr. Sez. V, 13 novembre 2007, n. 5811), per il quale l’esame del ricorso incidentale può avere luogo solo dopo che risulti fondato il ricorso principale, perché solo ciò fa sorgere l’interesse della controinteressata all’esame della censura incidentale, avente "carattere accessorio";
- ha rimesso all’esame dell’Adunanza Plenaria le questioni riguardanti l’ordine di esame del ricorso principale e del ricorso incidentale, e le conseguenze dell’accoglimento di uno in ordine all’esame dell’altro.
Sul punto, l’ordinanza di rimessione ha manifestato la propria adesione all’orientamento per il quale – quando alla gara siano state ammesse due offerte – va dapprima esaminato il ricorso incidentale contro l’atto di ammissione alla gara del ricorrente principale e poi, nel caso di sua fondatezza, vanno esaminate le censure di questi contro l’ammissione della aggiudicataria, concludendo nel senso che il TAR può annullare entrambi gli atti di ammissione, con la conseguente indizione di una ulteriore gara.
8. A seguito dell’ordinanza di rimessione, le parti hanno depositato memorie difensive, con cui hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.
In Comune di Cavallino Treporti ha inoltre reiterato l’eccezione di improcedibilità degli appelli (poiché il responsabile del servizio gara ha concluso la fase di rivalutazione dell’offerta dell’a.t.i. Acegas, facendo proprie le determinazioni della commissione di gara sulla sua esclusione).
9. Così ricostruite le vicende che hanno condotto alla presente fase del giudizio, rileva la Sezione che – per il carattere definitivo delle relative statuizioni - l’ordinanza di rimessione va qualificata come decisione parziale, nella parte in cui:
a) ha respinto il secondo ed il terzo motivo dell’appello principale dell’a.t.i. Acegas (sulla irricevibilità e inammissibilità del quinto motivo del ricorso incidentale, accolto dal TAR);
b) ha respinto l’eccezione di improcedibilità di entrambi gli appelli, proposta dal Comune (con una articolata motivazione che, nel richiamare consolidati orientamenti giurisprudenziali, ha sottolineato come il riesame della valutazione dell’offerta dell’a.t.i. Acegas sia avvenuto unicamente per dare esecuzione alla relativa statuizione del TAR).
Ne consegue che, per la preclusione del giudicato, va dichiarata inammissibile l’identica eccezione di improcedibilità degli appelli, in questa sede riproposta dal Comune.
10. Prima dell’esame della questione sollevata dall’ordinanza di rimessione, vanno esaminate le censure della ricorrente principale in primo grado (a.t.i. Vesta, ora appellante incidentale) avverso la statuizione con cui il TAR ha accolto i ricorsi incidentali di primo grado ed ha annullato l’atto che l’ha ammessa alla gara, per il contrasto tra la sua offerta e le previsioni del bando.
Infatti, ove vada riformata tale statuizione (e salvo l’esame delle ulteriori censure del ricorso incidentale di primo grado), risulterebbe ammissibile il suo ricorso principale di primo grado (con la conseguente irrilevanza del primo motivo dell’appello principale, posto all’esame dell’Adunanza Plenaria).
Va pertanto esaminato con priorità il sesto motivo dell’appello incidentale (pp. 33-36), con cui l’a.t.i. Vesta ha dedotto che – contrariamente a quanto statuito dal TAR - la sua offerta sarebbe conforme alle prescrizioni del bando.
10.1. Per la comprensione delle censure proposte dall’appellante incidentale a.t.i. Vesta, va premesso che:
- con il primo motivo, i ricorsi incidentali di primo grado hanno dedotto che l’a.t.i. Vesta ha presentato una offerta incompleta, poiché – pur avendo indicato il ribasso dello 0,077% – essa non ha compreso gli oneri per la realizzazione e la gestione della stazione di travaso e dell’ecocentro, ritenendoli "allo stato attuale non quantificabili";
- per la sentenza gravata (p. 8 s.), la stessa offerta va considerata effettivamente incompleta e – per l’entità dei medesimi oneri – anche superiore all’importo posto a base della gara.
Con le sue censure, e con riferimento alle "spese di realizzazione", l’a.t.i. Vesta ha in contrario dedotto che il contenuto della sua offerta economica doveva tenere conto del contenuto del progetto tecnico e dei ‘vincoli progettuali’ per gli articoli 5 e 6 del capitolato speciale, sicché, per il servizio di "gestione di un centro multiraccolta-ecocentro per la raccolta differenziata", rileverebbe lo stesso art. 6, comma 2, per il quale "è d’obbligo all’impresa appaltatrice … avere la disponibilità di un’area da adibire" al medesimo centro e "provvedere alle autorizzazioni" per la sua gestione.
Ad avviso dell’a.t.i. Vesta, il progetto tecnico (con l’offerta economica che si doveva a questa ‘modellare’) doveva dar conto della "disponibilità dell’area" (che nella specie non comportava ulteriori oneri di acquisizione, in quanto essa già era nella sua disponibilità) e della "acquisizione delle autorizzazioni" (che sono stati quantificati in diecimila euro).
Quanto alle "spese di gestione", in particolare l’a.t.i. Vesta ha richiamato l’art. 13 della lex specialis (sulla possibilità per il Comune di chiedere "variazioni in più o in meno dei servizi, secondo accordi che tengano conto degli effettivi eventuali oneri aggiuntivi che possano derivare"), rilevante anche in relazione ai costi non quantificabili.
10.2. Ritiene l’Adunanza Plenaria che le censure così riassunte vadano respinte, perché infondate.
La p. 4 del bando di gara ha indicato l’importo complessivo annuale a base di gara (pari a 1.380.000 euro) e – nel prevedere che ciascuna partecipante avrebbe dovuto indicare l’importo offerto per l’assunzione del servizio, col ribasso d’asta in percentuale – ha precluso la proposizione di offerte economiche superiori all’importo posto a base della gara.
A sua volta, il capitolato speciale ha previsto:
- all’art. 2, lettera l), che tra i servizi da svolgere nell’ambito della gestione integrata del ciclo dei rifiuti, rientra la "gestione di un centro multiraccolta-ecocentro per la raccolta differenziata";
- all’art. 6, che per la "realizzazione dei servizi" sono "indispensabili" alcuni elementi, tra qui l’essersi muniti della disponibilità dell’area per l’ecocentro e il rilascio delle autorizzazioni richieste per il suo esercizio (in quanto l’area e le relative autorizzazioni non sarebbero state poste a disposizione dal Comune).
Da tali previsioni, contrariamente a quanto dedotto dall’a.t.i. Vesta, emerge che l’art. 6 non ha limitato l’ambito dei servizi oggetto della gara, ma ha unicamente individuato gli elementi indispensabili per la realizzazione dei servizi.
In altri termini, il capitolato speciale ha previsto che la partecipante alla gara avrebbe dovuto indicare l’importo offerto in relazione a tutti i servizi oggetto della gara, tra cui anche quello di gestione del centro multiraccolta per la raccolta differenziata, in relazione a tutte le fasi susseguenti alla acquisizione della disponibilità dell’area e, dunque, anche quelle inerenti alla sua realizzazione e gestione.
Ciò posto, dalla documentazione acquisita emerge che – per l’esecuzione dei servizi di gara - l’a.t.i. Vesta ha presentato una offerta pari all’importo annuo di euro 1.378.924,60 (corrispondente al ribasso dello 0,077%), con la precisazione però che "l’offerta non è comprensiva degli oneri per la realizzazione e la gestione della stazione di travaso e dell’ecocentro, in quanto allo stato attuale non quantificabili".
Come risulta anche dalla tabella "scheda riepilogo costi servizi", la stessa offerta economica non ha dunque riguardato quanto meno le spese di realizzazione e di gestione del servizio (anche ove si ritenga rilevante, per il mancato computo dei relativi oneri, la dichiarazione sulla già acquisita disponibilità dell’area).
Poiché l’a.t.i. Vesta ha presentato una offerta incompleta, risulta effettivamente illegittimo l’atto con cui il Comune la ha ammessa alla gara, sicché il sesto motivo dell’appello incidentale va respinto.
11. La conferma della statuizione sulla illegittimità dell’atto di ammissione alla gara dell’a.t.i. Vesta comporta l’improcedibilità del sesto (p. 34-37) e del settimo motivo (p. 37-40) dell’appello principale dell’a.t.i. Acegas (sulla sussistenza di ulteriori ragioni di difformità dell’offerta dell’a.t.i. Vesta dal bando, già dedotte col quarto ed il sesto motivo del ricorso incidentale).
12. Acquista rilievo, a questo punto, il primo motivo dell’appello principale dell’a.t.i. Acegas, il cui esame è stato sottoposto all’esame dell’Adunanza Plenaria, per il suo carattere di massima.
Nel caso di specie, due sole offerte sono state ammesse alla gara (in quanto una terza è stata esclusa con un atto divenuto inoppugnabile).
L’ordinanza di rimessione ha compiutamente richiamato la articolata giurisprudenza di questo Consiglio sulla questione se – nel caso di ammissione alla gara di due offerte - continui a sussistere l’interesse a ricorrere della impresa ricorrente principale, quando risulti fondato il ricorso incidentale della aggiudicataria sulla illegittimità della sua ammissione alla gara:
a) per l’orientamento ‘tradizionale’, va applicata la regola per cui il ricorso principale diventa improcedibile per difetto di legittimazione;
b) per un orientamento più recente, va esaminato dapprima il ricorso incidentale e, anche nel caso di sua fondatezza, resta ammissibile il ricorso principale, in ragione dell’interesse strumentale alla ripetizione della gara;
c) per un ulteriore minoritario orientamento, va esaminato dapprima il ricorso principale e, solo nel caso di sua fondatezza, sorge l’interesse della aggiudicataria all’esame del suo ricorso incidentale, avente ‘carattere accessorio’.
13. Osserva al riguardo l’Adunanza Plenaria che la questione di massima sollevata con l’ordinanza di rimessione vada risolta tenendo conto:
a) delle disposizioni applicabili per il ricorso incidentale nel giudizio di impugnazione;
b) dei principi riguardanti l’ordine logico di trattazione delle questioni;
c) del principio di imparzialità del giudice, che deve trattare le parti in condizioni di parità.
13.1. Quanto alle disposizioni applicabili al ricorso incidentale, l’art. 22 della legge n. 1034 del 1971 ha richiamato l’art. 37 del testo unico approvato col regio decreto n. 1054 del 1924 e l’art. 44 del regio decreto n. 642 del 1907.
Essi hanno disciplinato le modalità formali ed il termine per la proposizione del ricorso incidentale, mentre per la sua incidenza sul contenuto della sentenza il citato art. 37, sesto comma, si è limitato a disporre che "il ricorso incidentale non è efficace se è prodotto dopo la rinuncia al ricorso principale o se questo è dichiarato inammissibile per essere stato proposto fuori termine".
Con riferimento al giudizio di impugnazione, il legislatore si è dunque rimesso alla elaborazione giurisprudenziale, ponendo solo la regola - basata sul principio di economia processuale – per cui, se vi sono ragioni preclusive dell’esame della fondatezza del ricorso principale, diventa in sostanza improcedibile il ricorso incidentale, per sopravvenuta carenza di interesse.
L’art. 37, sesto comma, si è espressamente riferito ai soli casi in cui le censure del ricorso principale non possano essere esaminate perché esso è rinunciato o è tardivamente proposto, ma risulta senz’altro applicabile per identità di ratio anche quando esso vada dichiarato perento o improcedibile per il superamento del termine del suo deposito.
In tali casi, in cui il ricorso incidentale diventa improcedibile, ben può affermarsi che questo è subordinato e accessorio a quello principale.
13.2. Qualora il ricorso principale sia stato tempestivamente notificato e depositato, e non seguito dalla perenzione o dalla rinuncia, nell’assenza di indicazioni normative sul ricorso incidentale, sull’ordine di trattazione dei due ricorsi e sulle conseguenze processuali della loro fondatezza, l’operato del giudice amministrativo nella soluzione delle anzidette questioni non può che ancorarsi ai pilastri fondanti del giudizio e cioè ai principi di economia processuale e di logicità.
13.2.1. Quanto all’ordine di trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, a seconda dei casi il giudice può esaminare con priorità quello che risulta decisivo per dirimere la lite.
A volte, per ragioni di ordine logico il giudice può esaminare dapprima il ricorso principale (come avviene quando questo impugni il verbale di proclamazione degli eletti e lamenti la mancata attribuzione di ulteriori propri voti di preferenza, ovvero l’illegittima attribuzione di voti al controinteressato): solo se risulti fondato il ricorso principale, sussiste un effettivo interesse del controinteressato all’esame del suo ricorso incidentale (che, a sua volta, abbia lamentato sotto altri profili la mancata attribuzione di ulteriori propri voti di preferenza, ovvero l’illegittima attribuzione di voti di preferenza al ricorrente principale, al fine di ripristinare le posizioni antecedenti alla proposizione dei ricorsi).
Tuttavia, nulla preclude al giudice di esaminare prima il ricorso incidentale che risulti fondato e di dichiarare inammissibile il ricorso principale (per la ‘prova di resistenza’, poiché l’atto impugnato non potrebbe essere annullato anche nel caso di fondatezza del ricorso principale).
Analoghi criteri possono essere seguiti quando si tratti della impugnazione della graduatoria (di un concorso, di una gara o comunque per l’assegnazione di benefici) e il ricorrente principale lamenti la mancata attribuzione di un punteggio (o che al controinteressato sia stato attribuito un punteggio superiore a quello spettante), mentre corrispondenti censure siano proposte dal ricorrente incidentale (che sotto altri profili lamenti la mancata attribuzione di un punteggio o che al ricorrente principale sia stato attribuito un punteggio superiore a quello spettante).
In tutti tali casi, il ricorso incidentale – rivolto avverso il medesimo provvedimento impugnato in via principale - va esaminato tenendo conto delle esigenze di economia processuale e costituisce una eccezione in senso tecnico, la cui fondatezza preclude l’accoglimento del ricorso principale (senza comportare l’annullamento in parte qua dell’atto impugnato e conseguenze su soggetti non intimati nel giudizio).
13.2.2. In altri casi, il giudice può esaminare prima il ricorso incidentale, come avviene quando l’aggiudicatario di una gara - cui siano state ammesse almeno tre offerte – abbia dedotto l’illegittimità dell’atto che vi abbia ammesso il ricorrente principale.
Infatti, ove il ricorso incidentale vada accolto, per la risalente pacifica giurisprudenza (incontestata in sede dottrinaria):
- l’impresa ricorrente principale, che ha presentato l’offerta da escludere (come statuito dal giudice), non può più essere annoverata tra i concorrenti alla gara e non può conseguire non solo l’aggiudicazione, ma neppure la ripetizione della gara, poiché, pur se risultasse l’illegittimità dell’atto di ammissione della aggiudicataria, l’amministrazione - salvo l’esercizio del potere di autotutela - non potrebbe che prendere in considerazione l’offerta o le offerte presentate dalle altre imprese ammesse con atti divenuti inoppugnabili;
- il ricorso principale diventa dunque improcedibile per sopravvenuto difetto di legittimazione, poiché proposto da impresa che non può ottenere alcuna utilità.
Anche in tal caso, il ricorso incidentale costituisce una eccezione in senso tecnico, che, se accolta, preclude l’esame del ricorso principale, senza condurre all’annullamento dell’atto impugnato.
Tuttavia, nulla preclude al giudice di esaminare con priorità il ricorso principale che risulti infondato, per giungere alla statuizione di improcedibilità del ricorso incidentale.
13.2.3. In tutti questi casi, dunque, il giudice si può ispirare alle esigenze di economia processuale per determinare l’ordine di trattazione del ricorso principale e di quello incidentale, giungendo a determinare una soccombenza che di per sé comunque si produrrebbe (sia pure in base a una diversa ratio decidendi) anche invertendo l’ordine di trattazione delle questioni (e che, dunque, si basa su statuizioni rispettose del principio della parità delle parti).
13.3. Nel caso in esame (caratterizzato dal ricorso principale e da quello incidentale delle due uniche imprese ammesse alla gara, ciascuno dei quali volto a far accertare che la controparte è stata illegittimamente ammessa alla gara), il giudice deve dare rilievo all’interesse alla ripetizione della gara, sicché non può essere applicato il principio sopra richiamato, sulla improcedibilità del ricorso principale, quando l’accoglimento del ricorso incidentale riguardi una gara con più di due offerte ammesse.
La giurisprudenza amministrativa ha precisato da tempo che una impresa è titolare di un interesse a ricorrere non solo quando mira ad ottenere l’aggiudicazione della gara cui abbia partecipato, ma anche quando, quale titolare di un interesse ‘strumentale’, mira ad ottenere l’annullamento di tutti gli atti, affinché la gara sia ripetuta con l’indizione di un ulteriore bando (ad esempio, quando una impresa, pure se esclusa, abbia impugnato tutti gli atti di ammissione delle altre imprese o abbia impugnato il bando in ragione di una sua ‘clausola escludente’: Ad. Plen., 23 gennaio 2003, n. 1).
Inoltre, anche per la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee è meritevole di tutela l’interesse della impresa a ricorrere contro gli atti i cui effetti precludano l’indizione di una gara, affinché essa possa partecipare a quella che sarà indetta dopo l’annullamento (CGCE, 11 gennaio 2005, in C-26/03, § 40-41).
Qualora siano state ammesse alla gara solo le loro due offerte, non si può dunque affermare che sussisterebbe un interesse di mero fatto della ricorrente principale, quando l’accoglimento del ricorso incidentale evidenzi l’illegittimità dell’atto che l’abbia ammessa alla gara.
Infatti, la stessa ricorrente principale – pur non potendo ottenere l’aggiudicazione della gara – in base al principio ‘il più contiene il meno’ conserva l’interesse ‘minore’ e ‘strumentale’ a vedere esaminate le sue censure rivolte avverso l’atto di ammissione della aggiudicataria e in via consequenziale avverso l’aggiudicazione, affinché anche questi siano annullati, per ottenere l’indizione di una gara ulteriore (Sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6990, § 2.2.).
13.4. Rilevato che l’accoglimento del ricorso incidentale non fa venire meno l’interesse a ricorrere della ricorrente principale (quale titolare del descritto interesse strumentale), sorge la questione se – come ritenuto da un orientamento segnalato nella ordinanza di rimessione – questa soluzione debba intendersi preclusa perché andrebbe esaminato con priorità il ricorso principale.
Per tale impostazione, la fondatezza del ricorso principale comporterebbe l’improcedibilità di quello incidentale (in quanto proposto da una impresa il cui atto di ammissione alla gara è risultato illegittimo), con la conseguente preclusione processuale per la verifica della legittimità dell’atto di ammissione alla gara della stessa ricorrente principale.
Ad avviso della Adunanza Plenaria, questa conclusione non può essere condivisa, poiché non tiene conto della simmetria delle posizioni processuali della ricorrente principale e della aggiudicataria ricorrente incidentale, anch’essa titolare di un interesse ‘strumentale’ alla ripetizione della gara.
Infatti, qualora il TAR abbia accolto il ricorso principale ravvisando l’illegittimità dell’atto di ammissione alla gara della aggiudicataria, anche questa – pur non potendo mantenere l’aggiudicazione a suo favore – è titolare di un interesse ‘minore’ e ‘strumentale’ alla ripetizione della gara, soddisfatto qualora risulti fondato il suo ricorso incidentale sulla illegittimità dell’atto di ammissione alla gara della ricorrente principale.
Poiché le posizioni delle due imprese sono perfettamente simmetriche e speculari, non può ritenersi corretta la soluzione per la quale l’accoglimento del ricorso principale – quando è esaminato con priorità - renderebbe improcedibile il ricorso incidentale.
13.5. Per definire l’ordine di trattazione del ricorso principale e di quello incidentale e quali siano i conseguenti effetti processuali, nel caso di controversia tra le due uniche imprese che siano state ammesse alla gara, ritiene l’Adunanza Plenaria che sia decisivo il principio per il quale il giudice, per essere "imparziale", deve trattare le parti "in condizioni di parità".
Tale principio è espressamente affermato dall’art. 111, secondo comma, della Costituzione, nonché dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (direttamente applicabile nell’ordinamento nazionale, poiché per l’art. 6 (F) del Trattato di Maastricht, modificato dal Trattato di Amsterdam, l’Unione Europea annovera - tra i "principi generali del diritto comunitario" - "i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali").
Per i principi della parità delle parti e di imparzialità, dunque, quando le due uniche imprese ammesse alla gara abbiano ciascuna impugnato l’atto di ammissione dell’altra, le scelte del giudice non possono avere rilievo decisivo sull’esito della lite, anche quando riguardino l’ordine di trattazione dei ricorsi: non si può statuire che la fondatezza del ricorso incidentale – esaminato prima - preclude l’esame di quello principale, ovvero che la fondatezza del ricorso principale – esaminato prima – preclude l’esame di quello incidentale, poiché entrambe le imprese sono titolari dell’interesse minore e strumentale all’indizione di una ulteriore gara.
Quanto precede comporta che, nel rispetto dei principi processuali sull’interesse e sulla legittimazione a ricorrere, il giudice:
a) per ragioni di economia processuale, può esaminare con priorità il ricorso principale (quando la sua infondatezza comporta l’improcedibilità di quello incidentale), ovvero quello incidentale (la cui infondatezza comporta l’esame di quello principale);
b) in base al principio della parità delle parti, non può determinare una soccombenza anche parziale in conseguenza dei criteri logici che ha seguito nell’ordine di trattazione delle questioni;
c) qualunque sia il primo ricorso che esamini e ritenga fondato (principale o incidentale), deve tenere conto dell’interesse strumentale di ciascuna impresa alla ripetizione della gara e deve esaminare anche l’altro, quando la fondatezza di entrambi comporta l’annullamento di tutti gli atti di ammissione alla gara e, per illegittimità derivata, anche dell’aggiudicazione, col conseguente obbligo dell’amministrazione di indirne una ulteriore.
In tal caso, dunque, il ricorso incidentale ha natura impugnatoria dell’atto di ammissione alla gara della ricorrente principale, la cui efficacia precluderebbe l’indizione di quella ulteriore.
14. Per le ragioni che precedono, va respinto il primo motivo dell’appello principale dell’a.t.i. Acegas, poiché la sentenza gravata ha correttamente esaminato il ricorso principale, pur dopo aver accolto il suo ricorso incidentale (sulla illegittimità dell’atto di ammissione alla gara dell’a.t.i. Vesta).
15. Va ora esaminato il quarto motivo dell’appello principale (p. 26-33), con cui l’a.t.i. Acegas ha chiesto la riforma della statuizione con cui il TAR ha annullato l’atto che la ha ammessa alla gara.
15.1. In accoglimento del quinto motivo del ricorso principale di primo grado dell’a.t.i. Vesta, il TAR ha ritenuto che l’offerta dell’a.t.i. Acegas abbia violato l’art. 11 del bando (per il quale, nel caso di raggruppamenti di imprese, a pena di esclusione "il requisito relativo al fatturato dovrà essere posseduto dall’impresa mandataria nella misura minima del 60%, la restante percentuale deve essere posseduta dalle mandanti per almeno il 20% ciascuna. Le dichiarazioni relative ai requisiti minimi di partecipazione ed alla documentazione per partecipare alla gara dovranno essere inviate per ciascuna delle imprese associate").
In particolare, ad avviso del TAR la commissione di gara non ha verificato se ciascuna società mandante dell’a.t.i. Acegas fosse in possesso del requisito del 20% della "restante percentuale", prevista dall’art. 11.
15.2. L’a.t.i. Acegas ha impugnato tale statuizione del TAR, deducendo che l’art. 11 del bando non potrebbe essere interpretato nel senso che abbia chiesto, a pena di esclusione, un ‘limite dimensionale’ delle imprese mandanti rispetto alla impresa mandataria, sicché legittimamente la commissione – ispirandosi al criterio del favor partecipationis - lo avrebbe interpretato nel senso che la congruità dei fatturati delle mandanti vada riferita al valore dell’appalto.
15.3. Ritiene l’Adunanza Plenaria che la censura così riassunta vada respinta, perché infondata.
Come ha correttamente rilevato la sentenza gravata (ed è stato riconosciuto dall’amministrazione comunale nei suoi scritti), l’art. 11 del bando - non impugnato nel corso del giudizio - ha previsto due distinti requisiti, rispettivamente riguardanti l’impresa mandataria e quelle mandanti.
Per la mandataria, l’art. 11 ha disposto il possesso del requisito relativo al fatturato "nella misura minima del 60%".
Per "la restante percentuale", vale a dire al massimo il 40% del fatturato complessivo, ogni impresa mandante avrebbe dovuto possedere "almeno il 20% ciascuna".
In tal modo, l’art. 11:
- ha imposto alla commissione di gara la verifica sul come le imprese, componenti l’a.t.i, abbiano concorso alla formazione del fatturato complessivo;
- ha previsto un requisito di partecipazione, basato sul rapporto di proporzione del fatturato delle imprese, rispetto al quale la mandataria deve essere oggettivamente di dimensioni maggiori in ragione del fatturato pari ad almeno il 60% di quello complessivo, rispetto alle mandanti, le cui dimensioni non possono essere troppo esigue, in ragione del fatturato pari ad almeno un quinto di quello totale riferibile alle mandanti.
Poiché la commissione ha ammesso l’a.t.i. Acegas senza verificare il rispetto dei requisiti previsti dall’art. 11, va confermata la statuizione di accoglimento del quarto motivo.
16. Prima della proposizione degli appelli, in data 31 marzo 2007 la commissione di gara ha dato esecuzione alla statuizione del TAR (sopra confermata) di annullamento dell’ammissione della a.t.i. Acegas ed ha effettuato la verifica prevista dall’art. 11.
In sede di rivalutazione dell’offerta, la commissione ha escluso la stessa a.t.i. dalla gara, in quanto la mandante s.r.l. Ecologica non è risultata in possesso del requisito del 20%, rapportato alla "restante percentuale" del fatturato.
Poiché tale atto è rimasto incontestato, vanno dichiarati improcedibili i motivi dell’appello incidentale dell’a.t.i. Vesta, sulla sussistenza di ulteriori ragioni di difformità dell’offerta dell’a.t.i. Acegas dalle previsioni del bando.
17. Resta da esaminare il quinto motivo dell’appello principale (p. 33-34), con cui l’a.t.i. Acegas ha lamentato l’erroneità della statuizione con cui il TAR ha accolto il sesto motivo del ricorso principale ed ha annullato l’art. 11, lettera d), del capitolato speciale d’appalto per violazione dell’art. 12 del d.lg. n. 157 del 1995.
Tale motivo va dichiarato improcedibile per carenza di interesse, poiché – a seguito della conferma delle statuizioni del TAR – va indetta una nuova gara, con la conseguente irrilevanza del bando del 23 settembre 2005 e del relativo capitolato speciale d’appalto.
18. Infine, vanno dichiarato improcedibili i primi cinque motivi dell’appello incidentale, con cui l’a.t.i. Vesta ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, siano accolti il primo, il terzo, il quarto, il settimo e l’ottavo motivo del suo ricorso originario di primo grado..
Infatti, tutte tali censure sono state rivolte avverso l’atto di ammissione alla gara dell’aggiudicataria a.t.i. Acegas per il caso di accoglimento del quinto motivo dell’appello principale.
Poiché questo motivo è stato respinto (al precedente § 15.3.), vanno dichiarate improcedibili, per sopravvenuta carenza di interesse, le ulteriori censure della a.t.i. Vesta, secondo cui l’a.t.i. Acegas non poteva essere ammessa alla gara.
19. Per le ragioni che precedono, ferme restando le statuizioni già rese dalla Sezione Quinta, l’appello principale e l’appello incidentale vanno in parte respinti e in parte dichiarati improcedibili, con conferma della sentenza gravata.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio, per le stesse ragioni che hanno indotto la Sezione Quinta a rimettere gli appelli all’esame della Adunanza Plenaria.

Per questi motivi
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), pronunciando sull’appello n.r.g.247 del 2007 della Sez. V (n.r.g. 11 del 2008 dell’Adunanza Plenaria), in parte respinge e in parte dichiara improcedibili l’appello principale e l’appello incidentale, nei sensi precisati in motivazione, e conferma la sentenza gravata.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 ottobre 2008, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, con l'intervento dei signori:
Paolo Salvatore - Presidente del Consiglio di Stato
Giovanni Ruoppolo - Presidente di Sezione
Gaetano Trotta - Presidente di Sezione
Luigi Maruotti - Consigliere di Stato relatore
Pier Luigi Lodi - Consigliere di Stato
Giuseppe Romeo - Consigliere di Stato
Paolo Buonvino - Consigliere di Stato
Luciano Barra Caracciolo - Consigliere di Stato
Cesare Lamberti - Consigliere di Stato
Aldo Fera - Consigliere di Stato
Filoreto D’Agostino - Consigliere di Stato
Claudio Marchitiello - Consigliere di Stato
Domenico Cafini - Consigliere di Stato

DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 10 novembre 2008.

mercoledì 12 novembre 2008

Consiglio di Stato, IV,24 ottobre 2008 n. 5301

N. 5301/2008 Reg. Dec.
N. 3572 Reg. Ric. Anno 2008
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso n. 3572/2008 proposto dal Comune di Peschici, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Follieri e Filippo Lofoco, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei difensori in Roma, viale G. Mazzini n. 6;
contro
la società Gargano Progetti s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Vittorio Nardelli ed elettivamente domiciliata in Roma, via L. Mantegazza n. 24, presso il Cav. Luigi Gardin;
e nei confronti
della società Geoeco Italia s.r.l., non costituitasi in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo per la Puglia, sez. I, n. 521/2008;
Visto il ricorso con i relativi allegati;;
VistE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore all’udienza in camera di consiglio del 8 luglio 2008 il consigliere Bruno Mollica;
Uditi, altresì, per le parti l’avv. Lofoco e l’avv. Nardelli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1. – In data 23 settembre 1978 il Comune di Peschici stipulava con la società Iagar s.p.a. una convenzione per l’attuazione di un progetto di lottizzazione urbanistica in località Manaccora; la Iagar assumeva, tra l’altro, l’impegno a realizzare le opere di urbanizzazione secondaria ed a cederle, insieme alle aree di sua proprietà, gratuitamente al Comune.
Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia il Comune chiedeva la pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 Cod. civ. nei confronti della Geoeco Italia s.r.l., avente causa della Iagar s.p.a., per ottenere il trasferimento in proprietà delle aree e delle opere indicate nella convenzione di lottizzazione; nel giudizio spiegava intervento ad opponendum la Gargano Progetti s.r.l.,detentrice qualificata del compendio immobiliare per effetto di contratto stipulato con la Geoeco Italia s.r.l..
Con sentenza n. 4488 del 17 dicembre 2003 (relativamente alla quale pende appello dinanzi a questo giudice) il TAR adito disponeva il trasferimento dal patrimonio della Geoeco Italia s.r.l. al patrimonio indisponibile del Comune di Peschici dei beni richiesti.
Il Comune esperiva infruttuosamente il tentativo di esecuzione proposto nelle forme previste dal Codice di procedura civile: il Tribunale di Lucera, Sezione di Rodi Garganico, con sentenza n. 108 del 16 giugno 2005, accoglieva infatti l’opposizione all’esecuzione promossa dalla Geoeco Italia s.r.l. e dalla Gargano Progetti s.r.l..
Con ricorso al T.A.R. il Comune chiedeva quindi l’esecuzione della sentenza 4488/2003 ai sensi dell’art. 10 della legge 205/2000.
Il giudice di primo grado, ritenuta la giurisdizione nonché l’azionabilità nei confronti di un soggetto privato del rito di esecuzione introdotto dall’articolo 10 citato, respingeva peraltro il ricorso nel merito assumendo la proponibilità dell’azione per l’esecuzione provvisoria ex art. 282 c.p.c. esclusivamente per le sentenze di condanna (le uniche idonee a costituire titolo esecutivo) e che, in ogni caso, la sentenza di cui si chiede l’esecuzione ha trasferito la proprietà del compendio immobiliare e nulla ha disposto in merito al possesso e alla detenzione dei beni, attualmente nella disponibilità della Gargano Progetti s.r.l..
Avverso tale pronuncia propone ricorso in appello il Comune di Peschici e ne chiede l’annullamento in quanto erronea per violazione dell’art. 10, L. n. 205/2000, art. 282 C.p.c. ed errori di fatto e diritto.
Si oppone all’accoglimento la Gargano Progetti s.r.l. con atto di costituzione e controricorso, eccependo preliminarmente la inammissibilità del ricorso introduttivo e la non eseguibilità della sentenza 4488/2003.
2.- Premessa la corposa illustrazione in fatto, peraltro necessaria ai fini della più agevole cognizione della vicenda oggetto di causa, osserva in primo luogo il Collegio che non appare condivisibile l’affermazione del primo giudice inerente la applicabilità del rito di esecuzione introdotto dall’articolo 10 della legge 21 luglio 2000, n. 205 nei confronti di un soggetto privato.
Precisato infatti che il richiamo giurisprudenziale operato dal Tribunale amministrativo non appare pertinente in quanto riferibile ad una fattispecie in tema di accesso ai documenti detenuti da una società privata quale successore di Ente pubblico, ritiene il Collegio che il giudizio di esecuzione possa esperirsi esclusivamente nei confronti di soggetti tenuti in forza della pronuncia giudiziale al compimento di attività implicante esercizio di potestà pubbliche; ed invero, è lo stesso disposto normativo che attribuisce al giudice amministrativo la "competenza" in materia (artt. 27 R.D. n. 1054/1924 e 37 L. 1034/1971) a correlare testualmente "l’obbligo di conformarsi" alla "autorità amministrativa", sì che resta comunque preclusa una interpretazione in senso evolutivo riferita alla parità delle parti del giudizio nel quadro, anche, del giusto processo, che non consente ex se (id est, in difetto di un intervento legislativo) il superamento dell’inequivoca disciplina sopra richiamata.
2.1.- Portata dirimente assume altresì, ai fini della definizione della controversia, il rilievo che la soluzione della questione oggetto di esame risulta già coperta dal giudicato formatosi tra le stesse parti sulla inoppugnata (l’affermazione di Gargano Progetti non è contestata sul punto) sentenza emessa dal Tribunale di Lucera n. 108 del 16 giugno 2005 – che non contiene, inoltre, alcuna declinatoria di giurisdizione – nel giudizio di opposizione al precetto per rilascio.
In quella sede, il giudice adito ha infatti statuito che "non sussiste il diritto del Comune di Peschici di procedere nei confronti degli opponenti per l’esecuzione del rilascio degli immobili ad esso trasferiti in forza della sentenza emessa n. 4488 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia di Bari in data 27 novembre 2003".
Osserva invero il Tribunale ordinario che l’esecuzione della sentenza n. 4488 "non potrebbe che consistere nella trascrizione nei pubblici registri immobiliari, da cui discenderebbe che l’acquirente potrebbe considerarsi da subito il nuovo proprietario e comportarsi come tale, ma di certo sulla sola base della sentenza che gli ha trasferito il diritto di proprietà non potrebbe ottenere il rilascio dell’immobile", non potendo l’acquirente stesso agire per il rilascio soltanto sulla base del contratto e dovendo invece "ottenere un titolo giudiziale che gli consenta di estromettere eventuali terzi dalla detenzione illegittima del bene" agendo in giudizio in possessorio o in petitorio; rileva ancora la sentenza che la pronuncia del TAR "non contiene, tra l’altro, alcun riferimento all’obbligo del vecchio proprietario e del detentore di rilasciare l’immobile al nuovo proprietario".
Queste, in estrema sintesi, le condivisibili argomentazioni del predetto giudice a supporto della precitata pronuncia.
3. – In ragione delle esposte considerazioni, il ricorso in appello proposto dal Comune di Peschici deve ritenersi inammissibile.
Le spese del presente giudizio possono essere compensate tra le parti, sussistendone giusti motivi, tenuto altresì conto della corretta liquidazione delle spese in prime cure in ragione del criterio di soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, dichiara inammissibile il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 giugno 2008, con l’intervento dei signori:
Giovanni VACIRCA Presidente
Pier Luigi LODI Consigliere,
Bruno MOLLICA Consigliere, est.
Sandro AURELI Consigliere
Raffaele GRECO Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Bruno Mollica Giovanni Vacirca
Depositata in Segreteria il 24/10/2008

TAR Campania, Napoli, VI,7 novembre 2008 n. 19286

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Sezione Sesta
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 2680/2007 proposto da
Costagliola Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avv. Luisa Acampora, presso il cui studio in Napoli, viale Gramsci n. 16, è elettivamente domiciliato,
CONTRO
il Comune di Bacoli, in persona del Sindaco pro-tempore, non costituitosi in giudizio,
PER L'ANNULLAMENTO
1) del provvedimento n. 3426 del 13.2.2007, con cui il Comune intimato ha rigettato la domanda di condono ex lege n. 724/1994, avanzata dal ricorrente in ordine al manufatto abusivo realizzato in via Fusaro;
2) del verbale di sopralluogo dell’U.T.C. del 3.2.2007;
3) del parere contrario espresso dalla C.E.I. in data 8.2.2007;
4) di ogni altro atto preordinato, connesso e consequenziale.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il Presidente Filippo Giamportone;
Udito alla udienza pubblica del 22 ottobre 2008 il difensore del ricorrente, come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto;
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato il ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, riguardanti il rigetto della domanda di condono avanzata ex lege n. 724/1994 in ordine al manufatto abusivo realizzato in via Fusaro.
Il ricorso è stato affidato alle seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 39, punto 1, della legge n. 724/1994 e dell’art. 31 della legge n. 47/1985. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria e di motivazione, erroneità di interpretazione della circ. Min. LL.PP:n. 3357 del 30.7.1985;
2) Violazione della legge n. 241/1990, di ogni criterio logico e cronologico nell’esame della pratica di condono e dei principi di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per disparità di trattamento e difetto di motivazione;
3) Erronea identificazione del periodo di realizzazione ed ultimazione delle opere nonché erronea interpretazione dell’art.. 39, punto 1, della legge n. 724/1994 e delle circolari del Min. LL:PP. nn. 3357 e 2241 del 1985;
4) Violazione e falsa applicazione del D.M. 15.12.1995 e del D.L.vo n. 42/2004.
Conclusivamente, il ricorrente ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con vittoria delle spese.
Benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio il Comune di Bacoli.
Con ordinanza n. 467/92 la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato è stata accolta .
Alla udienza pubblica del 22 ottobre 2008 il ricorso, discusso dal difensore del ricorrente, è stato posto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con i quattro motivi di ricorso, che stante la stretta omogeneità si esaminano congiuntamente, il ricorrente deduce i vizi di violazione di legge (art. 39, punto 1, della legge n. 724/94, art. 31, comma 1, della legge n. 47/1985, legge n. 241/1990, D.M. 15.12.1995, D.L.vo n. 42/2004), di violazione di ogni criterio logico e cronologico nell’esame della domanda di condono, di violazione dei principi di buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa, nonché di eccesso di potere sotto varie figure sintomatiche (travisamento dei fatti e dei presupposti di diritto, difetto di istruttoria e di motivazione, erronea interpretazione delle circolari Min: LL.PP. nn. 3357/85 e 2241/95, disparità di trattamento )
In sintesi, il ricorrente assume che:
a) il manufatto preesistente di mq. 180, presente negli stralci aerofotogrammetrici, è stato ristrutturato in base a regolare autorizzazione edilizia e il piano rialzato, di estensione inferiore, è stato funzionalmente definito prima del mese di novembre 1993;
b) l’Amministrazione non esplicita le ragioni di urgenza poste a base della definizione con assoluta priorità della sua domanda di condono né ha provveduto ad alcuna verifica comparativa circa la prevalenza dell’interesse pubblico sotteso al diniego di detta domanda;
c) il vincolo imposto sull’area è successivo alla realizzazione dell’opera.
I delineati assunti sono privi di consistenza.
Quanto ai rilievi indicati sub a) e c) va evidenziato che dal sopralluogo effettuato in data 1.2.2007 dal Comando di P.M. del Comune di Bacoli risulta che l’immobile oggetto della denegata domanda di condono è costituito "da due piani retti da pilastri in c.a., il tutto allo stato di ossatura di soli pilastri e solai.
Emerge anche dagli atti depositati dallo stesso ricorrente che il preesistente immobile (fabbricato rurale), acquistato dallo stesso ricorrente con rogito del 17.4.1986 di mq. 94,50, è stato del tutto demolito è realizzato il manufatto di cui è causa.
Ebbene, alla stregua di quanto sopra rilevato appare all’evidenza che l’opera al 31.12.1993 non può ritenersi (funzionalmente) ultimata.
Infatti, per costante indirizzo giurisprudenziale, che il Collegio condivide, ai sensi dell’art. 39 della legge n. 724/1994 non è sanabile l’opera nel caso di realizzazione delle strutture portanti orizzontali e verticali, ancorchè prive di tamponature perimetrali, atteso che l’opera abusiva, per essere ammessa a sanatoria, deve essere già eseguita, sia pure al rustico, in tutte le sue strutture essenziali, tra le quali vanno ricomprese le tamponature, in quanto determinanti per stabilire la relativa volumetria e la sagoma esterna (C.S., Sez. V, 18 novembre 2004 n. 7547 e 20 ottobre 2000 n. 5638; Cass. Pen., Sez. III, 12 agosto 1997 n. 9011; T.A.R. Campania-Salerno, Sez. II, 13 ottobre 2006 n. 1745; T.A.R. Lazio-Roma, Sez. II, 14 settembre 2005 n. 7000).
Da quanto sopra discende quindi la legittimità del provvedimento impugnato laddove motiva autonomamente il rigetto della domanda di condono poiché l’opera non risulta ultimata alla data del 31.12.1993.
Con ciò rimane assorbito l’ulteriore ed autonomo motivo di rigetto basato sulla incompatibilità paesaggistica dell’opera.
Infine, circa i profili di censura riassunti sub b) è sufficiente rilevare che: la definizione di una domanda di condono con priorità rispetto ad altre avanzate in data anteriore non può affatto refluire sulla legittimità del provvedimento, ma semmai, ove sussistano i presupposti, può determinare riflessi disciplinari nei confronti del funzionario responsabile; la prevalenza dell’interesse pubblico discende direttamente dalla legge, allorquando sanziona le opere abusivamente realizzate.
Il ricorso va, pertanto, respinto.
Nulla si statuisce sulle spese in difetto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Sesta, respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Nulla per le spese.
Ordina che la presenta sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli il 22 ottobre 2008, in Camera di Consiglio, con l'intervento dei signori magistrati:
- Filippo Giamportone, Presidente ed estensore;
- Alessandro Pagano, Consigliere;
- Ida Raiola, Primo Referendario.
Depositata in Segreteria in data 7 novembre 2008.

lunedì 10 novembre 2008

T.A.R. Piemonte, I, 8 maggio 2008, n. 1012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 74 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Viabit S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Fratelli Sogno & Figli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Luigi Gili, con domicilio eletto in Torino, via Vela, 29, presso lo studio del medesimo;
contro

la Provincia di Biella, in persona del Dirigente del Settore Lavori Pubblici pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Razeto, Paolo Monti e Giuseppe Greppi, con domicilio eletto in Torino, via E. De Sonnaz, 19, presso l’avv. Antonio Fiore;

nei confronti di

Impresa Lis S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Salina, Luca Griselli e Maria Teresa Giuliani Balestrino, con domicilio eletto in Torino, via Parini, 10, presso lo studio dell’ultima;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,

1) quanto al ricorso:

- della determinazione dirigenziale della Provincia di Biella 31.10.07 n. 3603, con cui è stato aggiudicato in via definitiva alla LIS s.r.l. l'appalto di lavori di manutenzione straordinaria dei piani viabili delle strade provinciali - aree geografiche: ovest, nord ovest, sud ovest - anno 2007, comunicata alle ricorrenti con lettera 5.11.2007, prot. n. 53465, pervenuta il successivo 8.11.07;

- del verbale di gara 6.09.07 e comunque di tutti gli atti precedenti, consequenziali, presupposti o comunque connessi;

nonchè per il risarcimento dei danni

che si riserva di quantificare in corso di causa.

2) quanto ai motivi aggiunti:

- del contratto di appalto dei lavori di manutenzione straordinaria dei piani viabili delle strade provinciali, sottoscritto in data 10 dicembre 2007 (n. 1874 di Repertorio) tra la Provincia di Biella e la LIS s.r.l.;

- occorrendo, del verbale di consegna dei lavori del 16 gennaio 2008.




Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Biella, con i relativi allegati;

Viste la memoria di costituzione dell’Impresa Lis S.r.l. e la relativa documentazione;

Vista l’ordinanza cautelare ex art. 23 bis l.n. 1034/71 di questa Sezione n. 110/08 dell’8 febbraio 2008;

Visto il ricorso incidentale notificato dall’Impresa LIS s.r.l.

Viste le memorie difensive delle parti e l’ulteriore documentazione depositata in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 20 marzo 2008 il Primo Referendario Ivo Correale e uditi i difensori delle parti come specificato nel relativo verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

La Provincia di Biella dava luogo ad una procedura aperta per l’aggiudicazione del contratto di lavori di manutenzione straordinaria dei piani viabili delle strade provinciali – aree geografiche ovest, nord ovest, sud ovest – anno 2007, con il metodo di aggiudicazione del prezzo più basso rispetto all’elenco prezzi unitario posto a base di gara, pari ad euro 617.028,11.

Partecipavano alla gara sette concorrenti e, nella seduta del 6 settembre 2007, risultava il miglior ribasso quello riconducibile alla Lis s.r.l., per il 28,82%, che era dichiarata aggiudicataria provvisoria, salva l’ulteriore attività del Dirigente Responsabile che avrebbe provveduto alla verifica degli elementi giustificativi dell’offerta presentata.

Quest’ultimo, con determina del 30 ottobre 2007, prendeva atto delle risultanze della gara, omologava il verbale di gara e aggiudicava definitivamente l’appalto dei lavori in questione alla Lis s.r.l.

Con ricorso a questo Tribunale, notificato il 3 gennaio 2008, la Viabit s.p.a. e la Fratelli Sogno & Figli s.r.l., che avevano presentato offerta in r.t.i. con il secondo miglior ribasso, chiedevano l’annullamento, previa adozione di misure cautelari, dei provvedimenti indicati in epigrafe, lamentando quanto segue.

“1. Violazione, falsa applicazione degli artt. 86,87 e 88, d.lgs. 163/2006. Violazione dell’art. 15 del bando di gara. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione dell’art. 3, l. 241/1990. Violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e par condicio delle procedure ad evidenza pubblica. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, omessa/insufficiente istruttoria e difetto di motivazione. Sviamento.”

Le società ricorrenti evidenziavano che l’art. 15 del bando di gara richiamava l’applicazione dell’art. 86 d.lgs. n. 163/06 ma la Provincia di Biella non aveva proceduto all’individuazione di offerte anomale tramite la determinazione della relativa “soglia” che, nel caso di specie, ammontava al 20,42%, né alla conseguente valutazione dell’offerta dell’aggiudicataria, postasi sotto tale valore.

Nonostante nella seduta del 6 settembre 2007 si facesse cenno alla verifica di congruità dell’offerta ritenuta migliore, sulla base degli elementi giustificativi, non vi era traccia di tale attività da parte della stazione appaltante in prosieguo né di motivazione in relazione alla stessa.

“2. Violazione dell’art. 15 del bando di gara nonché del Documento complementare al bando, sub punto 1, pag. 8. Violazione, falsa applicazione degli artt. 86,87, e 88, d.lgs. 163/06. Eccesso di potere per difetto ed incompletezza dell’istruttoria, travisamento dei fatti.”

Le società ricorrenti rilevavano che, ad ogni modo, l’aggiudicataria non aveva allegato giustificazioni individuabili come tali, ai sensi dell’art. 15 del bando di gara nonché dell’art. 86, comma 5, e 87, comma 2, d.lgs. n. 163/06, con ciò non osservando una specifica disposizione posta “a pena di esclusione” dalla stessa legge di gara.

Infatti, l’aggiudicataria si era limitata a presentare a corredo dell’offerta una mera scomposizione dei prezzi in elenco ma non ad indicare l’attendibilità complessiva della stessa. Il solo deposito delle schede analisi prezzi senza ulteriore documentazione non soddisfaceva la previsione della legge di gara, soprattutto in considerazione delle mancate indicazioni giustificative in ordine al costo dei materiali, soprattutto dei conglomerati bituminosi - che costituisce circa il 60-65% del costo complessivo dell’opera - nonché del costo unitario della manodopera.

“3. Violazione, falsa applicazione degli artt. 86,87 e 88, d.lgs. 163/06. Eccesso di potere per difetto ed incompletezza dell’istruttoria, travisamento dei fatti. Eccesso di potere per illogicità e manifesta inaffidabilità dell’offerta.”

La documentazione allegata dall’aggiudicataria, quandanche giudicata quale giustificazione del prezzo offerto, era comunque da considerarsi non congrua, in quanto priva dell’indicazione del costo del materiale bituminoso, secondo quanto esposto in precedenza.

“4. Violazione del combinato disposto dell’art. 43, par. 14 del capitolato speciale d’appalto e dell’elenco prezzi unitari. Violazione delle prescrizioni di cui alle lettere l) e p) del documento complementare al bando, pag. 2 e s. violazione dell’art. 97 Cost. violazione dei principi di imparzialità e par condicio delle procedure ad evidenza pubblica. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed errore manifesto. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Sviamento.”

L’offerta dell’aggiudicataria conteneva anche difformità dalle specifiche tecniche previste negli atti di gara, dando luogo ad una prestazione diversa in ordine ai tappeti di usura ed al relativo materiale bituminoso considerato come necessario, come si evinceva dall’esame dell’elenco prezzi allegato ed alle relative quantità indicate, da cui si ricavava che sarebbe stato steso uno strato minore di manto stradale rispetto a quello indicato nella legge di gara, con ciò evidenziandosi una nuova ragione di esclusione della Impresa Lis s.r.l.

Le società ricorrenti avanzavano anche richiesta di risarcimento del danno, secondo l’illustrazione contenuta nelle successive memorie.

Si costituivano in giudizio la Provincia di Biella e la Lis s.r.l. rilevando l’infondatezza del ricorso, come da rispettive memorie illustrative depositate in giudizio.

Con l’ordinanza cautelare dell’8 febbraio 2008 indicata in epigrafe, questa Sezione, allo stato degli atti, riteneva applicabile l’art. 23 bis, comma 3, l.n. 1034/71 e fissava l’udienza di trattazione del merito per il 20 marzo 2008.

In data 20 febbraio 2008 le società ricorrenti notificavano motivi aggiunti aventi ad oggetto l’annullamento/dichiarazione di nullità e/o inefficacia del contratto nel frattempo sottoscritto, per illegittimità derivata dai precedenti vizi già illustrati nel ricorso introduttivo e che erano riportati in sintesi.

In data 21 febbraio 2008, l’Impresa LIS s.r.l. notificava ricorso incidentale avverso la medesima determinazione dirigenziale impugnata con il ricorso principale, rilevando che anche le ricorrenti principali dovevano essere escluse dalla procedura e lamentando quanto segue.

“I. Violazione e/o falsa applicazione del bando di gara e dell’allegato documento complementare – Violazione del c.d. autovincolo amministrativo – Violazione dell’art. 3 Cost. – Violazione del principio di par condicio tra concorrenti – Eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti di fatto e diritto – Difetto di motivazione”.

Il Documento complementare al bando di gara, a pag. 7, prevedeva che le dichiarazioni di cui al punto 3), nel caso di concorrenti costituiti da imprese associate o da associarsi dovevano essere prodotte e sottoscritte da ciascun concorrente che costituiva o avrebbe costituito l’associazione. Nel caso di specie solo la mandante F.lli Sogno & Figli s.r.l. aveva sottoscritto la dichiarazione di cui al punto 3), con ciò dando luogo ad una causa di esclusione per l’intero r.t.i.

“II. Violazione sotto altro profilo del bando di gara e dell’allegato documento complementare - Violazione del c.d. autovincolo amministrativo – Violazione dell’art. 3 Cost. – Violazione del prin-cipio di par condicio tra concorrenti – Eccesso di potere sotto i profili del difetto dei presupposti di fatto e diritto – Difetto di motivazione”.

Anche la dichiarazione della impresa mandante sopra ricordata non corrispondeva in un punto essenziale alle prescrizioni di gara, in riferimento al ricordato documento complementare, che ammetteva l’utilizzo da parte dei concorrenti di un modello fac-simile di autocertificazione allegato e messo loro a disposizione, da conformarsi sotto la responsabilità esclusiva del concorrente a quanto richiesto nel bando e nello stesso documento complementare.

La mandante in questione non aveva presentato una dichiarazione di accettazione anche dell’elenco prezzi, invece inserito al punto 3) lett. l) del documento complementare tra quelli da accettare esplicitamente, a pena di esclusione.

L’intero r.t.i. doveva quindi essere escluso per non avere accettato l’elenco prezzi, da intendersi quale parte necessaria del contratto in grado di incidere sulla stessa volontà negoziale.

“III. Violazione dell’art. 15 del bando di gara, nonché del documento complementare al bando, sub punto 1 a pagina 8 e sub punto 3 lett. q) a pagina 1. violazione e/o falsa applicazione degli artt. 86, 87 e 88 d.lgs. 163/2006 nonché dell’art. 75 co. 5 d.lgs. 163/2006”.

Anche Viabit s.p.a. non aveva dimostrato la congruità della propria offerta, allegando preventivi di fornitori validi a soli trenta giorni o meno, non considerando, così, la prescrizione della legge di gara che imponeva di valutare le eventuali maggiorazioni, di fornire adeguate giustificazioni, di dare luogo ad un’offerta fissa e vincolante.

“IV. Violazione del combinato disposto dell’art. 43, par. 14 del capitolato speciale d’appalto e dell’elenco prezzo unitari. Violazione delle prescrizioni di cui alle lettere l) e p) del documento complementare al bando, pag. 2”.

Viabit s.p.a non aveva rispettato il calo di costipamento del 25%, secondo le unità di misura di cui alla scheda di analisi prezzi allegata nella procedura di gara collegata ai valori evidenziati dall’art. 43 del capitolato speciale d’appalto.

In prossimità dell’udienza pubblica tutte le parti costituite depositavano memorie difensive ad ulteriore illustrazione delle proprie tesi ed a confutazione di quelle avverse.

In particolare, la Provincia di Biella rilevava il difetto di giurisdizione dei motivi aggiunti orientati a richiedere un intervento sul contratto stipulato con l’aggiudicataria, in spregio alla recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 27169/07, che riteneva riservato all’a.g.o. un simile intervento.

La società ricorrente incidentale, dal canto suo, in una specifica memoria, rilevava, sul primo motivo di ricorso incidentale, che “…la ricorrente principale VIABIT risultava aver presentato la dichiarazione di cui al punto 3 del documento complementare. Evidentemente, per un errore di trasmissione da parte della Provincia, tale dichiarazione non è stata inclusa nella documentazione consegnataci”.

La medesima società insisteva invece negli ulteriori motivi del ricorso incidentale.

All’udienza del 20 marzo 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.

In data 21 marzo 2008 è stato pubblicato il dispositivo della presente sentenza.

DIRITTO

Il Collegio preliminarmente evidenzia che rispetto allo stato di fatto in cui aveva pronunciato l’ordinanza cautelare di fissazione del merito ai sensi dell’art. 23 bis l.n. 1034/71 sono nel frattempo intervenuti due elementi processuali nuovi costituiti dai motivi aggiunti notificati dalle società ricorrenti e dal ricorso incidentale notificato il 21 febbraio 2008 dall’Impresa Lis s.r.l., per cui di essi deve tenere conto, riconsiderando la prospettazione propria della fase cautelare.

Mentre i motivi aggiunti, però, nulla di nuovo aggiungono alle censure proprie del ricorso introduttivo, limitandosi a chiedere l’annullamento o la dichiarazione di nullità e/o inefficacia del contratto stipulato tra la Provincia di Biella e la Impresa Lis s.r.l., il ricorso incidentale contiene censure di vario tipo, tendenti però, se accolte, a rilevare cause di esclusione delle ricorrenti principali, per cui dovrebbe essere esaminato con carattere di priorità, perché tendente a paralizzare l’azione principale, riverberandosi sullo stesso interesse a ricorrere di imprese che comunque dovevano essere escluse dalla gara (Cons. Stato, Sez. V, 24.11.97, n. 1367 e TAR Veneto, Sez. I, 10.12.07, n. 3920).

Pur non essendovi, quindi, alcun criterio obbligatorio nell’ordinamento processuale amministrativo che vincoli il Giudice circa l’ordine di esame del ricorso principale e di quello incidentale (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 30.11.07, n. 6133), in considerazione dei principi di economia processuale sopra indicati, il Collegio dovrebbe iniziare a trattare del ricorso incidentale.

Nel caso specifico, però poiché alcuni motivi del ricorso principale, a loro volta, sono orientati ad evidenziare una causa di esclusione della Impresa Lis s.r.l., con conseguente carenza di interesse al ricorso incidentale, il Collegio ritiene di esaminare con carattere di priorità le censure in questione.

Premesso ciò, il Collegio rileva che con il primo motivo le società ricorrenti contestano in sostanza la mancata individuazione di una soglia di anomalia e la mancata verifica di congruità ad essa conseguente, alla luce delle asserite giustificazioni prodotte dall’aggiudicataria, e che, comunque, se pure tale valutazione fosse stata effettuata, sarebbe priva di adeguata motivazione. In tal senso non rileva una causa di esclusione della Impresa Lis s.r.l., per cui l’esame di tale censura può essere posposto.

Una causa di esclusione si individua invece con il secondo motivo di ricorso, laddove le società ricorrenti lamentano, in riferimento all’art. 15 del bando di gara, l’assenza di giustificazioni a corredo dell’offerta, richieste invece a pena di esclusione, anche ai sensi dell’art. 86, comma 5, e 87, comma 2, d.lgs. n. 163/06.

La mera scomposizione dell’offerta in un “scheda analisi prezzi”, senza soffermarsi soprattutto sui materiale bituminosi e sulla manodopera, come presentata dall’aggiudicataria, ad avviso delle società ricorrenti, non avrebbe osservato tale vincolante disposizione della legge di gara.

In merito il Collegio ritiene che il motivo è infondato.

Infatti, il Collegio rileva che nessuna specifica documentazione giustificativa era richiesta dal bando di gara.

L’art. 15, lett. a), del bando di gara richiamato dalle società ricorrenti si limita a rappresentare che “sarà valutata la congruità delle offerte sulla base dei criteri di cui all’art. 86 del Codice dei Contratti Pubblici, senza esclusione automatica, dopo la verifica delle giustificazioni da produrre a corredo dell’offerta”.

Il generico richiamo all’art. 86 d.lgs. n. 163/06 può rilevare, nel caso di specie, in merito al relativo comma 5, secondo cui “Le offerte sono corredate, sin dalla presentazione, delle giustificazioni di cui all’articolo 87, comma 2, relative alle voci di prezzo che concorrono a formare l’importo complessivo posto a base di gara. Il bando o la lettera di invito precisano le modalità di presentazione delle giustificazioni…”. Il successivo art. 87, comma 2, dal canto suo, non indica in maniera tassativa quali elementi debbano considerarsi “giustificativi”, limitandosi a rappresentare che le “giustificazioni” di cui all’art. 86 “…possono riguardare, a titolo esemplificativo” vari aspetti dell’offerta rilevanti sotto il profilo economico.

Non essendoci una indicazione tassativa degli elementi idonei a considerarsi quali “giustificazioni” – attesa la chiarissima espressione “a titolo esemplificativo “ adoperata dal legislatore – il Collegio ritiene che essi debbano valutarsi caso per caso, in ragione dell’appalto da considerare e della normativa di gara.

Poiché nel caso di specie, come visto, era assente anche nel bando di gara ogni indicazione in ordine agli elementi da considerare quali “idonee giustificazioni”, era compito della Commissione di gara valutare sotto tale profilo la documentazione a corredo dell’offerta.

Ebbene, in primo luogo, dall’esame della documentazione depositata in giudizio, non si rileva che l’aggiudicataria abbia allegato all’offerta la sola “scheda analisi prezzo” – come sostenuto dalle società ricorrenti – ma risulta che essa abbia anche presentato le “schede analisi macchinari” e il “libro dei beni ammortizzabili”, documentazione, questa, legata alla verificabilità dei prezzi di cui alla relativa scheda.

Già sulla base di tale osservazione, si rileva che, alla luce della legge di gara, non risultano assenti documenti giustificativi a corredo dell’offerta che potessero legittimare l’esclusione della Impresa Lis s.r.l., dato che elementi idonei alla verifica di congruità della stessa erano presenti, come d’altronde rilevato dalla stessa commissione di gara nella seduta del 6 settembre 2007.

Che poi questi dovevano essere oggetto di esame specifico da parte della stazione appaltante, nell’ambito della sua discrezionalità, e conseguentemente essere ritenuti non sufficienti a giustificare la congruità dell’offerta o motivatamente approvati in caso contrario, non rileva sull’osservanza dell’art. 15 del bando di gara sotto il profilo lamentato dalle società ricorrenti.

In tal senso, quindi, il Collegio evidenzia che nel caso di specie possa trattarsi in ordine alla eventuale insufficienza delle giustificazioni ma non in ordine alla mancanza formale delle stesse.

La stessa scheda analisi prezzi – comunque denominate “giustificazioni” nell’offerta - come d’altronde osservato anche dalla Provincia di Biella, non consisteva in una mera elencazione di prezzi ma evidenziava le voci di prezzo più significative (fresatura, conglomerato bituminoso per risagomatura, per strato di collegamento, per tappeto di usura…), i tipi di lavorazione, le risorse meccaniche e umane impiegate, i materiali, il costo della manodopera e, soprattutto, l’utile di impresa. Ulteriori indicazioni erano poi presenti nel libro dei beni ammortizzabili e nelle schede analisi dei macchinari, con ciò confermando la presenza formale di un numero sufficiente di elementi idonei a configurare quelle “giustificazioni” di cui all’art. 86, comma 5, e 87, comma 2, d.lgs. n. 163/06, che non potevano comportare l’immediata esclusione della impresa Lis s.r.l., come invece rilevato dalle società ricorrenti con il secondo motivo di ricorso (e dei motivi aggiunti).

Il terzo motivo di ricorso ( e dei motivi aggiunti) non rileva cause di esclusione della aggiudicataria ma si limita a rilevare la ritenuta incongruità delle giustificazioni presentate in ordine al costo del materiale bituminoso e il relativo esame può essere posposto.

Con il quarto motivo di ricorso (e dei motivi aggiunti) le società ricorrenti ritengono che la Lis s.r.l. avrebbe offerto una prestazione diversa da quella posta a base di gara che avrebbe comportato la sua escludibilità, in relazione al computo del calo di costipamento del tappeto di usura.

Sul punto però il Collegio rileva, anche alla luce delle difese della Provincia di Biella e della Lis s.r.l., che la censura entra nella valutazione discrezionale dell’amministrazione in ordine alle differenze di calcolo del calo di costipamento - ed agli esclusivi fini del pagamento - tra tappeto di usura e risagomatura, di cui all’art. 43 del Capitolato Speciale d’Appalto - che non risulta impugnato - ma non evidenzia una difformità sulla prestazione offerta tale da dare luogo ad una evidente causa di esclusione dalla gara, riferendosi i calcoli prospettati unicamente alle norme per la misurazione e la valutazione dei lavori e non alle modalità di presentazione dell’offerta.

Semmai le modalità di calcolo del costipamento in questione potevano trovare ingresso nella valutazione di congruità dell’offerta medesima ma non legittimare l’invocata esclusione.

Sotto tale profilo, quindi, il motivo non può trovare accoglimento.

Premesso ciò in ordine alla eventuale escludibilità della società ricorrente incidentale, per quanto illustrato in precedenza, è necessario prendere in esame il medesimo ricorso incidentale, nella parte in cui pone censure orientate a rilevare l’escludibilità dell’offerta delle società ricorrenti principali.

Il Collegio prende atto che nella seconda memoria per l’udienza pubblica, l’Impresa Lis s.r.l., in relazione al primo motivo del ricorso incidentale, ha specificato che “…in realtà la ricorrente principale Viabit risulta avere presentato la dichiarazione di cui al punto 3 del documento complementare. Evidentemente, per un errore di trasmissione da parte della Provincia, tale dichiarazione non è stata inclusa nella documentazione consegnataci”.

Ne consegue, per il Collegio, la rinuncia al motivo in questione.

Diversamente deve concludersi in ordine al secondo motivo del ricorso incidentale con il quale si rilevava che nel documento complementare al bando di gara si imponeva di conformarsi comunque al bando di gara e allo stesso documento complementare qualora i concorrenti avessero utilizzato un fac-simile di domanda e autocertificazione. Poiché tra le dichiarazioni da presentare, a pena di esclusione, vi era quella di accettare l’elenco prezzi e la mandante F.lli Sogno & Figli s.r.l. aveva presentato una dichiarazione che non riguardava tale punto, relativo a parte necessaria del contratto, si doveva procedere alla esclusione dell’intero r.t.i. tra Viabit s.p.a. e F.lli Sogno & Figli s.r.l.

Il Collegio rileva che il documento complementare al bando di gara prevedeva che nella busta “A” contenente la documentazione amministrativa dovessero essere inserite, a pena di esclusione, diverse dichiarazioni, tra cui quella di cui al punto 3), lettera l), di accettare senza riserva alcuna tutte le norme e disposizioni contenute, tra l’altro, anche nell’”elenco prezzi”. Lo stesso documento complementare prevedeva che “La dichiarazione di cui al punto 3) deve essere sottoscritta dal legale rappresentante in caso di concorrente singolo. Nel caso di concorrenti costituiti da imprese associate o da associarsi le medesime dichiarazioni devono essere prodotte e sottoscritte da ciascun concorrente che costituisce o che costituirà l’associazione o il consorzio o il GEIE…”. Nessun dubbio, quindi, che nell’ipotesi di r.t.i. come quello tra Viabit s.p.a. e F.lli Sogno & Figli s.r.l. dovessero essere prodotte tali dichiarazioni sia dalla mandataria che dalla mandante.

Lo stesso documento complementare specificava, con evidenza “in neretto” a risaltare la ritenuta importanza di tale indicazione, che era possibile utilizzare il modello di domanda e di autocertificazione allegato al presente documento, “…con la precisazione che, trattandosi di un modello, dovrà essere conformato, a cura e sotto la responsabilità esclusiva del concorrente, a quanto richiesto nel bando e nel presente documento complementare”.

La mandante F.lli Sogno & Figli s.r.l. proprio di tale modello si avvaleva e riportava la dichiarazione di cui al punto 18), ove era precisato “…di accettare, senza condizione o riserva alcuna, tutte le norme e disposizioni contenute nel bando di gara, nel documento complementare, nel capitolato speciale d’appalto, nei piani di sicurezza, nei grafici di progetto”. Era quindi assente una dichiarazione di accettare tutte le norme e disposizioni contenute nell’elenco prezzi, come invece prescritto nel documento complementare al bando di gara, unico parametro di raffronto per il contenuto della dichiarazione, non valendo – per stessa disposizione del documento complementare in questione – la pedissequa ripetizione del contenuto del modello di domanda e autocertificazione me essendo onere dell’impresa concorrente verificarne la conformità alla legge di gara.

Analoga modalità di espressione, sfornita di riferimento all’elenco prezzi di cui al punto 18), era poi riscontrabile anche nella dichiarazione della Viabit s.p.a. e la violazione della legge di gara era ancor più evidente, considerando che la Viabit s.p.a. non si era avvalsa nemmeno del modello allegato al documento complementare e quindi aveva un onere ancor più rafforzato di adeguarsi pedissequamente alle disposizioni poste dalla legge di gara.

Essendo la completezza di tutte le dichiarazioni posta dalla legge di gara come condizione a pena di esclusione, si evince che le dichiarazioni delle società ricorrenti principali non corrispondevano alla prescrizione specifica della legge di gara e comportavano l’esclusione del relativo r.t.i. dalla procedura, atteso che tale dichiarazioni, riferendosi all’elenco prezzi, erano in effetti relative ad una parte necessaria del contratto, soprattutto in una procedura come quella di specie, con aggiudicazione al massimo ribasso sull’elenco prezzi unitari.

Nel caso di specie non è stato imposto invano un onere formale consistente nella dichiarazione di accettare anche le norme e disposizioni di cui all’elenco prezzi perché tale elenco costituiva un parametro di raffronto imprescindibile per vincolare l’offerta e deve evidenziarsi che la violazione di oneri formali imposti a pena di esclusione dalla “lex specialis della gara esprime la prevalenza del principio di formalità collegato alla garanzia della “par condicio”, che non può essere superato dall’opposto principio del “favor partecipationis” (Cons. Stato, Sez. V, 19.2.08, n. 567 e Sez. IV, 10.5.07, n. 2254).

Né è possibile convenire con la tesi difensiva delle società ricorrenti, secondo cui le stesse non possono subire gli effetti della negligenza dell’Amministrazione che ha messo a disposizione un modello di dichiarazioni, allegato al documento complementare, pur se solo di tre parole, diverso da quanto previsto in quest’ultimo.

Come sopra evidenziato, infatti, lo stesso documento complementare specificava che era possibile avvalersi del modello allegato ma che “…trattandosi di un modello, dovrà essere conformato, a cura e sotto la responsabilità esclusiva del concorrente, a quanto richiesto nel bando e nel presente documento complementare”, con ciò confermando che era l’aspetto sostanziale da curare da parte del concorrente che aveva l’onere di verificare comunque la corrispondenza di quanto dichiarato con le prescrizioni della legge di gara di riferimento.

Né è possibile considerare la dichiarazione in questione, relativa all’elenco prezzi, contenuta nella domanda di partecipazione congiunta delle società ricorrenti laddove affermano genericamente che “i prezzi e le condizioni di affidamento sono noti ed accettati dall’Impresa Mandataria e dall’Impresa Mandante”.

Infatti tale ultima dichiarazione è senza dubbio generica e relativa alla dichiarazione di volontà di partecipare alla gara ma non corrisponde alle specifiche e dettagliate dichiarazioni richieste a pena di esclusione nel punto 3) del documento complementare, che, altrimenti, non avrebbe avuto ragione di specificare le prescrizioni di dettaglio in questione.

La specifica dichiarazione esplicita di accettare senza condizioni e riserve le norme e disposizioni di gara di cui all’elenco prezzi era necessaria perché, come sopra evidenziato, rilevava su una specifica volontà negoziale di particolare importanza per la modalità di aggiudicazione della gara.

Chiarito ciò ne consegue che il secondo motivo del ricorso incidentale è fondato, con assorbimento degli altri motivi, e di conseguenza il ricorso incidentale merita accoglimento laddove i provvedimenti impugnati non hanno disposto l’esclusione del r.t.i. tra le società ricorrenti principali.

Come ulteriore conseguenza il ricorso principale e i motivi aggiunti, per la parte non esaminata in precedenza, ivi compresa la domanda risarcitoria, sono improcedibili per carenza di interesse, dovendo comunque le ricorrenti principali essere escluse dalla gara.

Sussistono comunque giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, attesa la peculiarità della vicenda.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte, Sezione 1^:

1) in parte rigetta il ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe e in parte li dichiara improcedibili, nei sensi di cui in motivazione;

2) accoglie il ricorso incidentale nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 20 marzo 2008 con l'intervento dei Magistrati:



Franco Bianchi, Presidente

Ivo Correale, Primo Referendario, Estensore

Alfonso Graziano, Referendario







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/05/2008

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO