giovedì 17 settembre 2009

Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1458

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

Sul ricorso r.g.n.8326/2008 proposto in appello da Anas spa, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma alla via dei Portoghesi n.12,
contro
Sammarco Giuseppe Costruzioni srl, in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Gualtieri e Demetrio Verbaro, con domicilio eletto in Roma alla via Ovidio n. 10 presso lo studio Rosati Bei Anna,
e nei confronti di
Emmedue srl in persona del l.r.p.t., non costituitasi,

per l’annullamento

della sentenza n.1138 del 2008 del TAR Calabria- Catanzaro depositata in data 29 luglio 2008 notificata in data 1 agosto 2008, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da Sammarco srl avverso la revoca della aggiudicazione prot. n.3416- P del 6 febbraio 2008, della conseguente aggiudicazione successivamente disposta a favore della società Emmedue srl, ove occorra del bando di gara, nonché per la dichiarazione di nullità, annullamento, inefficacia o disapplicazione dell’eventuale contratto nel frattempo stipulato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Sammarco srl;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visto il dispositivo di sentenza n. 78 dell’11/2/09;
Relatore alla udienza pubblica del 10 febbraio 2009 il Consigliere Sergio De Felice;
Uditi l’avv. Verbaro e l’avv. dello Stato Stigliano;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue;

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria la società Sammarco srl agiva avverso la revoca della aggiudicazione della quale era stata destinataria in gara per lavori relativi alla c.d statale di Serre da aggiudicarsi al criterio del prezzo più basso a base di gara ex articolo 82 codice contratti pubblici.
Avendo l’Anas spa provveduto al controllo dei requisiti dichiarati in sede di gara con particolare riguardo alla regolarità contributiva, la suddetta società sarebbe risultata non in regola alla data del 17 dicembre 2007.
La revoca era motivata sulla base del fatto che in sede di verifica alla data del 17 dicembre 2007 la società sarebbe stata non in regola con il versamento dei contributi INPS-INAIL- Cassa edile, come da nota del 22 gennaio 2008, mentre alla data della domanda di partecipazione del 10 dicembre 2007 aveva dichiarato la propria regolarità contributiva, sulla scorta del DURC rilasciato alla stessa società in data 20 novembre 2007, che scadeva, sulla base della circolare del Ministero Lavoro e Previdenza sociale 30.1.2008, n.5, in data 20 dicembre 2007, mentre il periodo di gara terminava in data 18 dicembre 2007.
Nei fatti pertanto la domanda di partecipazione era del 10 dicembre 2007, la concorrente dichiarava di essere in regola con le dovute contribuzioni (INPS- INAIL- Cassa edile) e produceva DURC rilasciato in data 20 novembre 2007 che, in base all’art. 7 DM 24 ottobre 2007, coprendo un periodo di validità fino al 20 dicembre 2007, copriva il periodo di gara chiusasi in data 18 dicembre 2007.
All’esito negativo della successiva verifica, in data 16 gennaio si avvisava dell’avvio del procedimento di revoca della aggiudicazione definitiva; l’Anas si basava su un nuovo DURC del 10 gennaio 2008, dal quale risultava che la impresa in questione non risultava regolare con il versamento alla data del 17 dicembre 2007.
La impresa in data 30 gennaio 2008 faceva pervenire all’Anas una nota con la quale precisava che era in regola con i doveri contributivi, ma che gli enti certificatori, tranne l’Inail, non erano in grado di pronunciarsi sulla regolarità a causa di problemi telematici. In data 11 febbraio 2008 la società faceva pervenire altra certificazione durc dalla quale risultava la regolarità contributiva alla data del 17 dicembre 2007. A questo punto l’Anas sospendeva la revoca e chiedeva ai tre enti previdenziali di confermare il contenuto della nota dell’11 febbraio 2008.
La Cassa edile con nota del 14 febbraio 2008 rispondeva che in relazione al durc emesso in data 11 febbraio 2008, alla dicitura “è in regola” dovesse sostituirsi quella “non è in regola con i versamenti alla data del 17 dicembre 2007”. L’INPS analogamente con nota del 20 febbraio 2008 rilevava che la società in questione in realtà aveva provveduto a regolarizzare la propria posizione contributiva solo in data 16 gennaio 2008 e quindi alla data del 17 dicembre 2007 non era da considerarsi in regola.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso ritenendo che il “buco” di regolarità contributiva riguardasse pochi giorni; si faceva riferimento anche alla contraddittorietà degli enti certificatori, al fatto che si trattava di inadempimenti non gravi e che la regolarizzazione era avvenuta al più presto, alla mancanza della gravità richiesta dall’articolo 38 del codice contratti pubblici, alla possibilità della regolarizzazione successiva, consentita sia dal Consiglio di Stato che dal giudice comunitario; tutte tali circostanze, secondo il primo giudice, renderebbero non legittima la revoca della aggiudicazione definitiva.
Il giudice di primo grado riteneva inoltre applicabile ratione temporis il d.m. 24 ottobre 2007, che statuisce con norma di diritto positivo espressamente la possibilità di regolarizzazione entro un certo termine.
Avverso la suddetta sentenza propone appello l’Anas spa, appaltante, che deduce la ingiustizia della pronuncia, in sostanza richiamando l’articolo 38 codice contratti pubblici (sia pure evidenziando che esso si rivolgerebbe ai meri partecipanti e per i quali sarebbe prevista la esclusione in caso di commissione di violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in materia di contributi previdenziali e assistenziali, secondo la legislazione italiana o dello Stato in cui sono stabiliti”) e l’articolo 2 D.L. 210/2002 (richiamato dal medesimo articolo 38), che si rivolge espressamente agli affidatari.
Si sostiene in ogni caso che la impresa affidataria debba essere in regola con gli obblighi contributivi e previdenziali, mentre nella specie era chiara la irregolarità della posizione con ben due istituti su tre.
D’altronde, il medesimo articolo 38 al comma 3 conclude nel senso che “resta fermo, per l’affidatario, l’obbligo di presentare la certificazione di regolarità contributiva di cui all’articolo 2 del decreto-legge 25 settembre 2002, n.210, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n.266 e di cui all’articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.494 e successive modificazioni e integrazioni”.
L’appello deduce che la Sammarco come da attestazione della Cassa Edile di Catanzaro del 14.2.2008 alla data del 17.12.2007 non era in regola con gli adempimenti e ha regolarizzato la sua posizione solo in data 18 gennaio 2008; per l’INPS (attestazione del 20.2.2008) l’impresa “ha provveduto a regolarizzare la sua posizione contributiva il 16.1.2008, quindi al 17.12.2008 non si può considerare in regola”.
Pertanto, sulla base della mancanza di regolarità contributiva dell’affidatario, la revoca della aggiudicazione era un atto dovuto, a prescindere da ogni valutazione circa la gravità o meno dell’eventuale inadempimento.
L’appellante lamenta anche la violazione del richiamato d.m. 24 ottobre 2007, pubblicato in G.U. 30.11.2007 entrato in vigore solo in data 30.12.2007 (per il quale il DURC avrebbe un mese di validità), in quanto non ancora vigente al momento dell’espletamento della gara.
Si è costituita la società Sammarco che chiede dichiararsi la inammissibilità dell’appello, in quanto non avrebbe contestato il vero motivo di revoca della aggiudicazione consistente nella eventuale “dichiarazione non veritiera”, perché non era in regola con gli obblighi contributivi.
Nel merito chiede il rigetto dell’appello perché infondato.
Alla camera di consiglio del 18 novembre 2008 questa sezione, considerando ad una prima sommaria delibazione i motivi di appello degni di positiva valutazione, rinviava la causa ex articolo 23 bis l.1034 del 1971 alla udienza di discussione del 10 febbraio 2009.
Con memoria depositata in data 30 gennaio 2009 la impresa Sammarco ha eccepito la improcedibilità del ricorso, a causa del quasi esaurimento del rapporto perché i lavori sono stati eseguiti; ha eccepito anche la acquiescenza della amministrazione, che nel frattempo ha stipulato il contratto.
Alla udienza di discussione del 10 febbraio 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.In via preliminare, il Collegio osserva che sono destituite di ogni fondamento e come tali da rigettare le eccezioni sollevate da parte appellata, relative alla improcedibilità e alla acquiescenza.
E’ evidente infatti che, per il principio di continuità della azione amministrativa, l’amministrazione ha stipulato il contratto che, nelle more del giudizio, in presenza di sentenza esecutiva e in assenza di accoglimento della tutela cautelare, ha avuto il suo regolare svolgimento.
Tale ulteriore attività non può tuttavia fare desumere né un comportamento acquiescente della amministrazione, che anzi ha coltivato fino in fondo le sue tutele, né una improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, quasi a dare prevalenza al principio del c.d. fatto compiuto.
E’ noto che la legittimità sulla scelta del c.d. “giusto contraente” non può non conservare la sua utilità giuridica per l’amministrazione anche a contratto praticamente esaurito perché eseguito, in quanto tale legittimità, o per converso illegittimità, può e deve sortire ulteriori effetti sulla attività amministrativa consequenziale, sulla attività contrattuale e dal punto di vista patrimoniale dei soggetti coinvolti (sulla permanenza di tale tipo di interesse la giurisprudenza è talmente copiosa che non si ritiene di doverla menzionare).
2.Allo stesso modo è destituita di fondamento la eccezione di inammissibilità dell’appello basata sul fatto che l’appellante amministrazione avrebbe appuntato le sue doglianze soltanto sulla oggettiva posizione di irregolarità contributiva, nulla osservando in merito al vero motivo di esclusione, che consisterebbe in realtà nella falsità e mendacità della dichiarazione di regolarità contributiva.
Il Collegio osserva al proposito che è necessaria, ma anche sufficiente, a consentire la ammissibilità del gravame della appaltante amministrazione la concentrazione dei motivi di appello sulla oggettiva e conclamata posizione di irregolarità contributiva.
Considerato che di solito la posizione di irregolarità si accompagna ed è connessa, come nella specie, ad una dichiarata, ma fallace, dichiarazione di regolarità, il richiamo alla mendacità e falsità costituisce, ad avviso del Collegio, un ulteriore, assorbente e legittimo motivo dell’atto negativo di revoca della aggiudicazione.
3.Nel merito l’appello è fondato.
La regolarità contributiva e fiscale delle imprese partecipanti alla gara per l’aggiudicazione di appalti con la p.a. deve essere presente al momento della offerta e deve essere assicurata pure in momenti successivi alla presentazione della domanda e dell’offerta e quindi certamente fino al momento della aggiudicazione, essendo palese la esigenza per la stazione appaltante di verificare l’affidabilità del soggetto partecipante alla gara fino alla conclusione della stessa (C. Stato, IV, 31 maggio 2007, n.2876).
La necessità della regolarità è tale che il presupposto normativo consente alla amministrazione di appurare, in presenza di elementi contraddittori, la reale situazione in ordine, tra l’altro, anche alla posizione contributiva della singola ditta partecipante (C. Stato, IV, 31 maggio 2007, n.2876).
A seguito della entrata in vigore della disciplina sul certificato di regolarità contributiva, dettata dagli articoli 2, d.l. 25 settembre 2002, n.210, come modificato dalla l.conv. 22 novembre 2002 n.266, e 86 comma 10 d.lgs. 10 settembre 2003, n.276, la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti alle procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (Consiglio Stato, V, 23 gennaio 2008, n.147).
In materia di gare per l’aggiudicazione di lavori pubblici, dalla disciplina istitutiva del Durc (Documento unico di regolarità contributiva, rilasciato in base a convenzioni tra Inps e Inail ai sensi dell’articolo 2 comma 2 d.l. 25 settembre 2002 n.210), l’impresa che si rende aggiudicataria di un appalto deve non solo essere in regola con gli obblighi previdenziali ed assistenziali sulla stessa gravanti fin dal momento della presentazione della domanda, ma deve conservare la correttezza contributiva per tutto lo svolgimento del rapporto contrattuale.
Ne consegue che l’eventuale accertamento di una pendenza di carattere previdenziale o assistenziale in capo all’impresa pur dichiarata aggiudicataria dell’appalto prodottasi anche in epoca successiva alla scadenza del termine per partecipare al procedimento di scelta del contraente implica, a seconda dei casi, la impossibilità per l’amministrazione appaltante di stipulare il contratto con l’impresa medesima, ovvero la risoluzione dello stesso; sempre in forza di ciò, è del tutto irrilevante un eventuale adempimento tardivo della obbligazione contributiva quand’anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento.
Si ritiene anche che – a causa della inderogabilità e imperatività della disciplina in questione - nel caso in cui un bando di gara di appalto pubblico non preveda l’obbligo per l’impresa che risulti aggiudicataria di presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, il medesimo bando debba intendersi integrato dalla prescrizione di tale obbligo di cui all’art. 2, d.l. 25 settembre 2002, n.210.
L’articolo 1 comma 1 d.l. 25 settembre 2002 n.210 (convertito con modificazioni dalla l.22 novembre 2002 n.266), ha stabilito che le imprese affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alle regolarità contributive a pena di revoca dell’affidamento.
Una evidente logica di economia dei mezzi giuridici conduce a interpretare la norma citata nel senso di rendere doverosa la esclusione dalla gara quante volte, come nella specie, la situazione di irregolarità sia conclamata, alla stregua della documentazione amministrativa in possesso dalla stazione appaltante, in uno stadio anteriore all’intervento della aggiudicazione; e tanto al fine di evitare la illogica aggiudicazione di una gara destinata ad essere oggetto di successiva ed obbligatoria autotutela alla stregua della normativa ora richiamata (Consiglio di Stato, VI; 29 ottobre 2004, n.7045).
La regolarità va accertata in capo già al mero partecipante (che in ipotesi può essere affidatario) e in tale senso non può ravvedersi una diversità di rigidità della disciplina tra partecipanti e affidatari.
La difesa dell’impresa ricorda che l’articolo 38 comma 1 lettera i) richiede la sussistenza di “violazioni gravi” e la semplice menzione nel DURC della assenza di regolarità contributiva non può condurre di per sé alla esclusione della impresa risultata non in regola anche perché il documento in questione non specifica nulla a proposito della definitività dell’accertamento (in tal senso parere della Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture n.102 dell’8 novembre 2007, che in sostanza demanda la decisione alla stazione appaltante).
In senso contrario rispetto alle posizioni difensive della impresa Sammarco va osservato che nella specie la partecipante, poi affidataria, come risulta dalle relative attestazioni, alla data del 17 dicembre 2007, coincidente con la avvenuta aggiudicazione, non era in regola né con la Cassa edile né con l’INPS.
Si tratta quindi di una irregolarità grave e sussistente già all’epoca della fase di aggiudicazione.
Non risulta inoltre la contestazione o confutazione di tali attestazioni e il DURC assume la valenza di una dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale ed aventi carattere meramente dichiarativo di dati in possesso della pubblica amministrazione, assistito da pubblica fede ai sensi dell’articolo 2700 c.c., facente pertanto prova fino a querela di falso.
Attesa la natura giuridica del DURC, non residua in capo alla stazione appaltante alcun margine di valutazione o di apprezzamento in ordine ai dati ed alle circostanze in esso contenute.
Non risulta che per la situazione di attestata irregolarità sia stato attivato alcun tipo di tutela al fine di contestare l’accertamento (tutela che, se azionata in modo non temerario, avrebbe reso non definitivamente accertato il grave inadempimento).
Nella specie si è verificata in primo luogo una ipotesi di falsità della dichiarazione in merito alla posizione di regolarità contributiva; in secondo luogo, e in ogni caso, la posizione di irregolarità contributiva deve ritenersi acclarata, non contestata, non regolarizzabile a posteriori, non contestata in fatto, da valutarsi certamente non lieve, riguardando in quel periodo di riferimento, ben due istituti su tre.
4.Non è utile inoltre a consentire uno spazio di tollerabilità a favore della impresa Sammarco il richiamo effettuato dal primo giudice al decreto ministeriale pubblicato sulla GU del 30 novembre 2007, entrato in vigore solo in data 30 dicembre 2007 (decreto che consentirebbe un invito da parte degli istituti a regolarizzare la inadempienza contributiva con una tolleranza di quindici giorni).
Infatti, come osservato anche dal primo giudice, il decreto richiamato è efficace solo a decorrere dal 30 dicembre 2007; la aggiudicazione è avvenuta in data 17 dicembre 2007 e la gara in tale momento è da ritenersi conclusa, né il procedimento può ritenersi ancora pendente, ai fini della applicabilità di una normativa innovativa successiva, soltanto perché al procedimento già definito nella sua sostanza è seguita una successiva e eventuale fase di verifica.
In tema di affidamento di un appalto di lavori pubblici, la produzione di un durc, entro il periodo di sua efficacia, è utile non solo al fine della partecipazione alla gara, ma è anche idoneo a comprovare la posizione di regolarità o irregolarità contributiva di cui all’articolo 75 dpr 554/1999; pertanto, una volta che il legislatore abbia normato lo spazio temporale entro il quale un durc deve ritenersi valido (nella specie copriva fino alla fase di aggiudicazione e non era consentita una regolarità successiva), la sua efficacia vale sotto tutti i profili per i quali viene in rilievo nell’ambito di una gara.
Né può darsi per scontata la applicazione del sopravvenuto decreto ministeriale.
Per il procedimento amministrativo manca una normativa generale che regoli, come in altri ordinamenti (per esempio, quello tedesco), la normativa applicabile in relazione alle varie fasi procedimentali (iniziativa, istruttoria, decisoria e integrativa della efficacia) stabilendo il perimetro di applicabilità della normativa innovativa sopravvenuta (del c.d. nuovo diritto).
Tale disciplina esiste invece nel diritto penale (e si ritiene applicabile anche al processo penale) all’ articolo 2 codice penale, la c.d. iperretroattività del diritto penale più favorevole e la applicabilità del diritto più sfavorevole solo per il futuro; il principio è desumibile nel diritto tributario, in quanto la nuova normativa è sempre legata alla capacità contributiva attuale (articolo 53 Costituzione); esiste nel diritto sostanziale civile, nel quale la legge, salvi casi espressi, non dispone che per l’avvenire (articolo 11 delle preleggi), mentre nel diritto processuale ai sensi del medesimo articolo 11 si intende applicabile immediatamente il diritto nuovo ai processi ancora pendenti, proprio perché non ancora esauriti.
Con riguardo alla efficacia delle sentenze di annullamento della Corte Costituzionale è principio consolidato che siano intangibili i rapporti coperti dal giudicato o da ritenersi esauriti, mentre sono soggetti alla caducazione i rapporti cosiddetti pendenti.
Per il procedimento amministrativo la legge si limita a disciplinare il termine di conclusione del procedimento all’articolo 2 della legge 241 del 1990, ma non la disciplina applicabile ratione temporis in relazione alle fasi procedimentali.
Tuttavia, vale il generale principio tempus regit actum sulla base del quale la opinione comune ritiene che la nuova normativa non sia invocabile quando il procedimento abbia già esaurito sostanzialmente la fase più significativa dal punto di vista sostanziale, come nella specie è avvenuto con la aggiudicazione della gara.
Il procedimento amministrativo è regolato dal principio tempus regit actum (su tale principio ex plurimis Consiglio di Stato, IV, 8.6.2007, n.3027) e ciò comporta che la legittimità di un provvedimento va valutata in relazione alle norme vigenti al tempo in cui lo stesso è adottato, in relazione agli interessi sostanziali tutelati in quella fase del procedimento (nella specie dalla fase delle offerte alla fase decisoria e conclusiva dell’avvenuta aggiudicazione).
Conclusivamente, non era invocabile il decreto ministeriale successivo, in merito alla concessione di un termine di tollerabilità per la regolarizzazione.
5.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso proposto in primo grado.
Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
accoglie l’appello e, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado. Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 febbraio 2009, con l’intervento dei magistrati:
Giovanni Vacirca Presidente
Luigi Maruotti Consigliere
Armando Pozzi Consigliere
Antonino Anastasi Consigliere
Sergio De Felice Consigliere, est.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sergio De Felice Giovanni Vacirca


IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio Carnabuci

Depositata in Segreteria
Il 12/3/2009
(Art. 55, L. 27.4.1982, n. 186)
Per il / Il Dirigente
Dott. Giuseppe Testa

Consiglio di Stato, sez. V, 11 maggio 2009, n. 2874

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n.r.g. 4174 del 2007, proposto dall’Azienda Sanitaria Locale n. 2 di Torino, in persona del le-gale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof.ri Mario E. Comba e Mario Sanino ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, viale Parioli n. 180;

contro

la società LARA Costruzioni s.r.l., con sede legale in Sant’Antimo, in persona dell’amministratore unico e legale rap-presentante pro tempore, sig. Rocco Lamino in proprio e quale capogruppo della costituenda ATI fra Lara Costruzioni s.r.l. e Domus Art. s.r.l. e la società Domus Art s.r.l. con sede legale in Villaricca, in persona dell’amministratore unico e legale rappre-sentante pro tempore, sig. Francesco De Rosa in proprio e quale mandante della costituenda ATI fra Lara Costruzioni s.r.l. e Do-mus Art. s.r.l., rappresentate e difese dall’avv. prof. Federico Te-deschini e dall’avv. Francesco Accarino, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Largo Messico, n. 7;


e, nei confronti


della Società M.I.E. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
della Cassa Edile della Provincia di Firenze, con sede in Firenze, via Lorenzo il Magnifico n. 10, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, Riccardo Spagnoli, rappre-sentata e difesa dal prof. avv. Andrea Del Re e dall’avv. Lucio Nicolais ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secon-do in Roma, piazza Mazzini, n. 27;
della Cassa Edile della Provincia di Perugia, in persona del le-gale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Berellini ed elettivamente domiciliata in Roma, via Cola di Rienzo, n. 111, presso D’Amato, studio legale Curatola;
della Cassa Edile della Provincia di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore;
della Cassa Edile della Provincia di Caserta, in persona del le-gale rappresentante pro tempore;
della Società Finanziaria Romana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Pie-monte n. 3360 del 31 ottobre 2007;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti sopra indicate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle ri-spettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 24 giugno 2008, il consigliere Cesare Lamberti ed uditi, altresì, gli avvocati Sanino e Accarino, Tedeschini, Berellini e Nicolais;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Lara Costruzioni s.r.l. partecipò in associazione temporanea d’imprese con le società Domus Art S.r.l. al pubblico incanto indetto dall’Azienda Sanitaria Locale n. 2, per la realiz-zazione di opere di ampliamento e ristrutturazione dell’Ospedale Martini di Torino. Risultò aggiudicataria della gara, giusta la comunicazione in data 1° agosto 2006, con un ribasso del 19,508% sull’importo a base d’asta ai sensi dell’art. 21 co. 1 lett. b) della legge 11 febbraio 1994 n. 109.
1.1. Con la nota del Direttore della A.S.L. in data 7 giugno 2006 prot. n. 433/20/MTL/gn, fu comunicato alle aggiudicatarie che “sono pervenute le allegate dichiarazioni nelle quali se pur non complete, è evidenziata l’irregolarità contributiva rispettiva-mente: Lara Costruzioni s.r.l. - istruttoria I.N.P.S., Domus Art - istruttoria CE. Si invita pertanto a verificare la Vs. posizione al fine di disporre degli elementi necessari ad una definizione dell’affidamento”.
1.2. Con nota del 15.09.2006 la Lara Costruzioni trasmise alla A.S.L. 2 - Regione Piemonte una certificazione della Cassa Edile di Caserta in data 14.09.2006 nella quale, dopo aver affermato che “l’impresa Domus Art s.r.l. (…) è stata segnalata irregolare alla Banca nazionale delle Imprese, in quanto non risultava ef-fettuato il versamento del mese di aprile 2006”, si attestava che, da un successivo controllo contabile effettuato, “la ditta aveva regolarmente eseguito tale versamento su un nostro conto banca-rio in via di estinzione. Pertanto, in attesa che venga aggiornata la B.N.I., si attesta che l’impresa Domus ART S.r.l. è in regola nei confronti di questa Cassa Edile”. In data 15 settembre 2006, la Cassa Edile di Napoli rilasciava alla Domus ART S.r.l. un certificato da cui risultava la correttezza contributiva della stessa impresa alla data del 7.9.2006.
1.3. L’I.N.P.S. sede di Napoli inviò direttamente alla A.S.L. n. 2 e per conoscenza alla società Lara Costruzioni S.r.l. la dichiara-zione prot. nr. DM 5119023496 in data 12.09.2006, con la quale “in riferimento alla richiesta di attestazione di regolarità contri-butiva, si comunica che, sulla base degli elementi a tutt’oggi ac-quisiti, la ditta in indirizzo, iscritta presso questa sede nel ramo “industria edile”, codice fiscale/P.I. 03233741218, con un nume-ro medio mensile, riferito all’ultimo anno, di 9 dipendenti, può essere considerata in regola con l’assolvimento degli obblighi del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali”.
2. L’Azienda sanitaria 2 di Torino verificò nuovamente la regola-rità contributiva della Domus Art e dal D.U.R.C. in data 5.10.2006 risultava che alla data del 2 agosto 2006 vi era un’irregolarità contributiva dell’impresa per quanto riguardava le Casse Edili di Perugia e Firenze.
2.1. Alla stazione appaltante fu inviata la dichiarazione in data 16 ottobre 2006, della Cassa Edile della Provincia di Perugia, da cui risultava che “il pagamento della denuncia nominativa dei la-voratori occupati relativa al mese di giugno 2006 è stato effet-tuato con bonifico bancario in data 31.07.2006 e quello relativo alla denuncia di luglio 2006 fa data 31.08.2006, entrambi entro i termini previsti dal nostro Regolamento. La segnalazione presso la B.N.I. di date di pagamento successive a quelle suddette è do-vuta al fatto che la stessa banca ha accreditato le somme da Voi versate con data, rispettivamente, 7.8.2006 e 5.9.2006, come po-tete verificare dalle contabili allegate”.
2.2. La Cassa Edile della Provincia di Firenze affermava, con nota in data 23 ottobre 2006 prot. n. 658, che il versamento della Domus Art relativo al mese di giugno 2006 “è stato da Voi ef-fettuato sul nostro conto corrente in data 7.8.2006 (data di accre-dito). Pertanto la scrivente ha segnalato l’irregolarità alla Banca dati nazionale imprese irregolari e la successiva regolarizzazione verificatasi in data 7.8.2006. Vi precisiamo che il regolamento non fa riferimento alla data di ordine del bonifico o alla predi-sposizione dello stesso, ma alla data della effettuazione del ver-samento nella fattispecie risultante il 7.8.2006 (data di accredi-to)”. A chiarimento della data in cui era stato effettuato il bonifi-co, la Banca Popolare di Ancona, con nota del 18.10.2006 in-viata alla Cassa Edile di Firenze, confermò “di aver ricevuto istruzioni circa l’evasione dello stesso in data 31.07.2006 dalla Domus Art s.r.l. Per quanto sopra siamo più che certi che even-tuali ritardi nella contabilizzazione della citata scrittura sono da imputarsi a problematiche tecniche e non sono minimamente im-putabili alla preg.ma ns. cliente”. Risulta agli atti l’ordine di bo-nifico della Domus Art per euro 444,00, in data 31.07.2006, im-partito alla Banca Popolare di Ancona con beneficiario la cassa Edile di Firenze per il periodo contributivo relativo al giugno 2006.
3. Nonostante la società Lara Costruzioni avesse inviato la do-cumentazione il 23 ottobre 2006, l’Azienda Sanitaria, con delibe-razione n. 259/C/20/06 del 14.11.2006, non ha proceduto all’aggiudicazione definitiva dell’appalto all’ATI Lara costru-zioni, in quanto il documento unico di regolarità contributiva della ditta Domus Art s.r.l. ha attestato che l’impresa non risulta regolare con il versamento dei contributi alla Cassa Edile della provincia di Napoli ed ha dichiarato aggiudicataria la ditta M.I.E. s.r.l. con sede in Chieri.
3. Avverso i provvedimenti, la costituenda associazione tempo-ranea ha adito il Tar del Piemonte con tre motivi, precisamente:
3.1. Violazione dell’art. 2, l. n. 266/2002 e degli artt. 3 e 6, l. n. 241/1990. E’ erroneo il presupposto di irregolarità dei versa-menti della Domus Art alla Cassa Edile di Napoli che raccoglie i dati relativi all’impresa forniti anche dalle altre Casse Edili, avendo l’impresa sede nella provincia di Napoli. L’irregolarità che risulta dal certificato del 6.11.2006 (circa i versamenti alla Cassa Edile di Perugia e a quella di Firenze) è smentita dal tem-pestivo versamento dei contributi sia alla Cassa Edile di Perugia (che infatti, ha rettificato la propria precedente dichiarazione) sia a quella di Firenze, che invece ha continuato a sostenere di aver ricevuto il versamento in data 8.8.2006, quindi 8 giorni dopo il termine ultimo di scadenza. Secondo la Convenzione tra gli Enti Previdenziali, l’impresa è in regola quando ha versato i contri-buti e gli accantonamenti dovuti, compresi quelli relativi all’ultimo mese per il quale è scaduto l’obbligo di versamento all’atto della richiesta di certificazione. I versamenti sono stati effettuati in data 31.7.2006 (l’irregolarità riferita alla Cassa Edile di Caserta per i versamenti dell’aprile 2006 è stata superata come attestato nella nota del 14.9.2006 prot. nr. 0011677), come rico-nosciuto dalla Cassa Edile di Perugia che ha rettificato la propria precedente certificazione.
3.1.1. Erroneamente la Cassa Edile di Napoli ha attestato che la società Domus Art non sarebbe in regola con il versamento dei contributi alla data del 2 agosto 2006 e che per il periodo “giugno 2006” la ditta avrebbe regolarizzato successivamente la propria posizione, versando l’importo con valuta di accredito 8 agosto 2006 e sarebbe irregolare con il versamento dei contributi nei confronti delle Casse Edili di Perugia e di Firenze. La A.S.L. non avrebbe dato peso alla rettifica della Cassa Edile di Perugia e al tempestivo versamento a quella di Firenze ed avrebbe illegit-timamente aggiudicato l’appalto alla controinteressata. La cer-tezza dell’avvenuto versamento contributivo non può derivare dalla data della valuta attribuita dalla banca, ma solo dal dato storico e fattuale dell’avvenuto versamento entro il termine, co-me risulta dalla data di esecuzione del pagamento.
3.2. Violazione dell’art. 2, l. n. 266/2002 e degli artt. 3, 6, 10, l.. n. 241/1990. La Corte di Giustizia, con la sentenza C226/04 del 09.02.2006 ha affermato che il concetto di regolarità contributi-va, rilevante ai fini della partecipazione ad un pubblico appalto di lavori, deve essere considerato alla luce della gravità dell’infrazione commessa, della definitività del relativo accerta-mento nonché della sussistenza di una responsabilità. Non qual-siasi inadempimento (e, nel caso di specie, qualsiasi violazione degli obblighi contributivi) è sufficiente a determinare l’esclusione da una gara di appalto per l’esecuzione di lavori pubblici, ma solo una violazione che possa ritenersi grave. Nel caso di specie, l’A.S.L. non avrebbe minimamente considerato la irrisorietà della somma in contestazione ammontante ad euro 44,00 e la non gravità della presunta inadempienza. Non ha inol-tre tenuto conto della rettifica pervenuta dalla Cassa Edile di Pe-rugia e dell’assunzione di responsabilità da parte della Banca Popolare di Ancona in ordine al mancato accredito entro il ter-mine del 31.07.2006, ma con valuta 08.08.2006, in favore della Cassa Edile di Firenze.
3.3. Violazione dell’art. 2 .l. n. 266/2002 ed omessa applicazione art. 4 dell’accordo 15 aprile 2004 (Convenzione per il rilascio del Documento Unico di regolarità contributiva) dell’I.N.P.S. approvata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con nota del 12.07.2005 – Violazione e mancata applicazione art. 3 Circolare 25.07.2005 n. 38 dell’I.N.A.I.L. – Violazione e man-cata applicazione art. 3 Circolare 26.07.2005 n. 92 dell’I.N.P.S. – Violazione nota Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali prot. n. 3144 del 22.12.2005. E’ erroneo quanto afferma la Cassa Edile della Provincia di Firenze nella nota n. 658 FF/eb del 23.10.2006 circa la data di accredito del versamento come unica data da considerare per stabilire la regolarità contributiva o meno dell’impresa. La convenzione stipulata ai sensi dell’art. 2, co. 2 del D.Lgs. n. 210/2002 (accordo del 15.04.2004) tra I.N.P.S., I.N.A.I.L. e Casse Edili, non fa alcun riferimento alla data di ac-credito delle somme, che può avvenire in un momento successi-vo per prassi dell’Istituto Bancario.
4. Nel giudizio di primo grado si sono costituite la A.S.L. n. 2 Regione Piemonte, e la controinteressata M.I.E. s.r.l., sostenendo l’infondatezza nel merito del ricorso. Si sono costituite in giudi-zio la Cassa Edile della Provincia di Napoli e la Cassa Edile della Provincia di Firenze.
4.1. Con motivi aggiunti notificati in data 21 e 22 febbraio 2007, la società Lara Costruzioni S.r.l. ha impugnato gli atti successivi alla delibera di non aggiudicazione della gara, deducendo la violazione degli artt. 3, 6 e 10 della legge n. 241/1990, degli artt. 11, 12, 77, 78, 79 e 80 del D.Lgs. n. 163/2006 e dell’art. 2 della l. n. 266/2002 sia riproponendo i medesimi vizi già proposti avver-so gli atti impugnati con il ricorso in via derivata rispetto agli ulteriori atti. La ricorrente assume l’illegittima stipulazione del contratto di appalto con la controinteressata, in quanto dagli atti impugnati non emergerebbe che la A.S.L. abbia verificato i re-quisiti della stessa ai sensi dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 163/2006.
5. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale Amministrativo Re-gionale per il Piemonte, ha rigettato l’eccezione di difetto di le-gittimazione passiva della Cassa Edile della Provincia di Firenze e della Provincia di Napoli ed ha dichiarato inammissibile il ri-corso per inesistenza di lesione avverso i seguenti atti: - nota dell’Azienda Sanitaria Locale 2 - Regione Piemonte - Diparti-mento Tecnico Logistico - Struttura Complessa - Ingegneria Ci-vile prot. n. 433/20/MTL/gn del 7.9.2006; -nota della Cassa Edile di Firenze prot. n. 658 FF/eb del 23.10.2006; -art. 6 del Regolamento della Cassa Edile della Provincia di Firenze; -risposta della Banca Dati delle Imprese Irregolari del 6.10.2006, in risposta alla richiesta del 05.10.2006.
5.1. La sentenza ha invece, accolto il ricorso con riferimento alla nota della A.S.L. n. 2 Regione Piemonte prot. n. 8077/20/MTL/RP del 16.11.2006, alla deliberazione del Com-missario Straordinario dell’Azienda sanitaria n. 259/C/20/06 del 14.11.2006 nota prot. n. 9044/20/MTL/Rp della A.S.L. n. 2 di ri-chiesta di escussione della garanzia fideiussoria determinazione del Servizio Sanitario Nazionale - Regione Piemonte - Azienda Sanitaria locale n. 2 - Torino - Struttura S.C. Ingegneria n. 12/20/2006 del 05.12.2006 Documento Unico di Regolarità Contributiva redatto dalla Cassa Edile della Provincia di Napoli il 07.12.2006, sull’assunto che l’amministrazione aggiudicatrice non avrebbe correttamente motivato e valutato, in contrasto con gli articoli 3, 6, e 10 della legge n. 241/1990, la non gravità delle infrazioni commesse e avrebbe in ciò violato anche gli articoli 75 del D.P.R. n. 554/1999 e 17 del D.P.R. n. 34/2000 (applicabili ratione temporis alla procedura di gara), come invece suggerito dalla Corte di Giustizia CE con la sentenza C.226/04 del 9.2.2006.
5.2. La sentenza ha accolto per la stessa parte, i motivi aggiunti e, per l’effetto, ha annullato i seguenti atti: -verbale delle opera-zioni di gara n. 172 del 31.07.2006, con il quale è stato stabilito di non procedere, ex art. 2, l. 266/02, all’aggiudicazione del pub-blico incanto alla ditta Lara Costruzioni S.r.l. in A.T.I. con Do-mus Art S.r.l. ed è stata dichiarata aggiudicataria la ditta M.I.E. s.r.l.. - contratto Rep. n. 178 del 20.12.2006, per la realizzazione di opere di ampliamento e ristrutturazione del Presidio Ospeda-liero Martini; sopraelevazione galleria e scala di emergenza esterna, ristrutturazione parziale del gruppo parto operatorio, nuova cabina elettrica; nota prot. n. 395/20/MTL/RP/oc dell’Azienda Sanitaria Locale 2 - Regione Piemonte - Diparti-mento Tecnico Logistico - S.C. Ingegneria Civile del 18.01.2007, recante l’autorizzazione al Direttore dei Lavori “a procedere alla formale consegna dei lavori il giorno 19 gennaio 2007 alle ore 11.30, nel rispetto dell’art. 129 comma 1 D.P.R. 554/99”;-verbale di consegna dei lavori in data 19.01.2006;
5.3. La sentenza ha, infine, accolto la richiesta di risarcimento del danno per equivalente ai sensi dell’articolo 35 del decreto le-gislativo n. 80/1998 per la parte dei lavori già eseguiti dall’impresa controinteressata.
6. La sentenza è appellata dall’Azienda Sanitaria Locale n. 2 di Torino.
6.1. Si sono costituiti in giudizio la società Lara Costruzioni s.r.l. che, nel controricorso chiede l’esame dei motivi assorbititi e le Casse Edili della Provincia di Firenze e di Perugia che insistono per il loro difetto di legittimazione passiva.
6.2. La causa viene in decisione alla pubblica udienza del 24 giugno 2008.

DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata del Tribunale Amministrativo Re-gionale per il Piemonte, è stata annullata l’esclusione del rag-gruppamento temporaneo fra le società Lara Costruzioni S.r.l. e Domus Art s.r.l. dalla gara indetta dall’Azienda Sanitaria Locale n. 2, per l’ampliamento e la ristrutturazione dell’Ospedale Marti-ni di Torino, per irregolarità nella certificazione contributiva.
1.1. In particolare, la sentenza, in accoglimento delle censure portate nell’atto introduttivo, ha annullato i provvedimenti di esclusione dalla gara presi dell’Azienda Sanitaria nonché la ri-chiesta di escussione della garanzia fideiussoria e il Documento Unico di Regolarità Contributiva redatto dalla Cassa Edile della Provincia di Napoli, in quanto la stazione appaltante non avrebbe correttamente motivato e valutato la gravità delle infrazioni commesse, in violazione dei principi sulla corretta motivazione dei provvedimenti lesivi dei partecipanti alle pubbliche gare e dei principi contenuti nella sentenza C.226/04 del 9 febbraio 2006 della Corte di Giustizia CE, confermati dalla costante giuri-sprudenza amministrativa.
1.2. In accoglimento dei motivi aggiunti, la sentenza ha annullato il verbale delle operazioni di gara del 31 luglio 2006, con il quale è stata dichiarata aggiudicataria la ditta M.I.E. s.r.l., in luogo della ricorrente Lara Costruzioni s.r.l. in associazione con Do-mus Art s.r.l. nonché gli atti di approvazione del contratto e l’autorizzazione al direttore dei lavori di procedere alla formale consegna dei lavori il giorno 19 gennaio 2007.
1.3. E’ stata infine accolta nei modi previsti dall’art. 35, D.Lgs. n. 80/1998, la richiesta di risarcimento del danno per equivalen-te, sola formulata dall’associazione ricorrente Lara Costruzioni, per la parte dei lavori già eseguiti dall’impresa controinteressata, con assegnazione del termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’Azienda sanitaria, per proporre alla ricorrente una somma da corrispondere a titolo di risarcimento del danno ingiusto e con la fissazione di criteri per la formulazione della proposta stessa.
2. Dei motivi di appello contenuti nell’atto introduttivo, va in-nanzitutto rigettato quello concernente il difetto di giurisdizione del giudice adito sul contratto Rep. n. 178 del 20 dicembre 2006, per la realizzazione dell’ampliamento e ristrutturazione del Pre-sidio Ospedaliero Martini stipulato fra l’aggiudicataria, impresa M.I.E. e l’Azienda Sanitaria Locale e sugli atti successivi dell’Azienda sanitaria (autorizzazione al direttore dei lavori a procedere alla consegna e verbale di consegna dei lavori) il cui esame precede in ordine logico.
2.1. Rispetto alla domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente, l’annullamento del contratto, devoluto alla cognizione del giudi-ce ordinario, si pone come logico presupposto del subentro nella posizione di aggiudicataria, allorché richiesto quale risarcimento in forma specifica, ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998.
2.1.1. L’oggetto della domanda della società Lara Costruzioni è stato invece il risarcimento del danno per equivalente, che è stato liquidato dal Tribunale Amministrativo nella forma della propo-sta da parte dell’Azienda ospedaliera di una somma da corri-spondere per il danno ingiusto, previa determinazione dei relativi criteri, entrambi di totale competenza del giudice amministrativo (Cons. Stato Ad. Plen. n. 9/2008 e n. 12/2008).
2.1.2. In assenza di necessità di esaminare in rapporto in essere fra la stazione appaltante e l’aggiudicataria, per procedere alla quantificazione del danno, è irrilevante ai fini del decidere l’indagine sulla giurisdizione.
2.2. E’, analogamente irrilevante ai fini del decidere, l’esame de-gli atti successivi all’aggiudicazione (autorizzazione a procedere alla consegna e verbale di consegna dei lavori), anch’essi annul-lati dalla sentenza di primo grado, trattandosi di attività dovuta, puramente materiale ed esecutiva del rapporto, il cui esame sfug-ge alla cognizione del giudice amministrativo.
2.2.1. Le relative eccezioni sono pertanto da rigettare.
3. Va inoltre disatteso, per le ragioni che si dirà, il difetto di giu-risdizione del giudice adito a conoscere del contenuto del docu-mento di regolarità contributiva, rilasciato dai competenti enti previdenziali ai fini della valutazione della correttezza dell’esclusione della concorrente dalla gara, qualora la stessa sia basata sull’inadempimento alle obbligazioni contributive e pre-videnziali ivi certificato.
3.1. Nell’atto introduttivo e nei motivi aggiunti, l’eccezione è introdotta sotto l’aspetto della violazione degli artt. 442 co.1. e 444 co.3. c.p.c., devolutivi alla giurisdizione ordinaria delle con-troversie relative agli obblighi dei datori di lavoro e all’applicazione delle sanzioni civili per l’inadempimento di tali obblighi.
3.1.1. E’, però, evidente la diversità dello scrutinio che compie il giudice ordinario sui diritti previdenziali del lavoratore che si as-sumono violati, rispetto al sindacato imposto al giudice ammini-strativo sul loro corretto adempimento, attestato dal certificato di regolarità contributiva -introdotto dall’art. 2, del D.L. n. 210/2002, conv. l. n. 266/2002- che le imprese affidatarie di un appalto pubblico devono presentare alla stazione appaltante, a pena di revoca dell'affidamento.
3.1.2. Nell’accertare l’omesso versamento di contributi dovuti all'ente di previdenza, lo scrutinio del giudice ha per oggetto la sussistenza del diritto del lavoratore dipendente alla contribuzio-ne in relazione all’attività prestata ed al diritto al trattamento di quiescenza nella misura corrispondente: diritti dalla cui violazio-ne scaturisce la sanzione e la responsabilità risarcitoria del datore nei confronti del lavoratore, secondo i principi generali fissati dagli art. 1223 e 1225 c.c. (Cass., sez. lav., 13 dicembre 1983, n. 7358; Cass., sez. un., 26 giugno 1986, n. 4254). Nelle controver-sie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forni-ture da parte di soggetti tenuti al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, oggetto di indagine del giudice è la mera re-golarità della certificazione prodotta che attesta la regolarità contributiva dell'impresa partecipante alla gara di appalto, che rappresenta requisito della normativa di settore ai fini dell'am-missione alla gara (Cass., Sez. Un., 11 dicembre 2007, n. 25818).
3.1.3. La valutazione del giudice non investe pertanto la regola-rità contributiva dell’impresa ammessa a partecipare ad una gara, come previsto nel generico richiamo agli obblighi derivanti dai rapporti di lavoro dell’art. 75, D.P.R. n. 554/1999. Rispetto ad esso, la diversità della disciplina introdotta dal D.L. n. 210/2002 è stata già posta in evidenza dalla Sezione, che ha attribuito alla regolarità contributiva, attestata dal documento unico, il carattere di vero e proprio requisito di partecipazione alla gara (Cons. Stato, V, 23 ottobre 2007, n. 5574; 25 agosto 2008 n. 4035).
3.2. Sotto questo profilo, è pertanto ammissibile il sindacato giu-diziale del documento unico di regolarità contributiva (Durc), il cui carattere di dichiarazione di scienza, da collocarsi fra gli atti di certificazione o di attestazione redatti da un pubblico ufficiale di dati in possesso della pubblica amministrazione (T.A.R. Lom-bardia Milano, I, 8 maggio 2008 , n. 1415), non è di ostacolo alla valutazione delle conseguenze che la stazione appaltante abbia tratto dal suo contenuto ai fini dell’aggiudicazione.
3.2.1. L’autonomia del procedimento di rilascio della certifica-zione di regolarità contributiva rispetto al procedimento di gara, l’affidamento della verifica sulla regolarità ad un’amministrazione diversa da quella che indice la gara e l’assoggettamento delle contribuzioni alle regole proprie della materia previdenziale, non impediscono che il documento di re-golarità contributiva possa essere sindacato dall’aggiudicataria sotto il profilo della rispondenza di quanto ivi attestato ai requi-siti richiesti dalla legge e dalla lex specialis per l’aggiudicazione delle gare di pertinenza della p.a..
3.2.2. Non comportano una diversa soluzione gli argomenti de-dotti dalle Casse Edili delle Province di Firenze e di Perugia, cir-ca la natura privatistica delle Casse di previdenza e le loro fun-zioni di segnalare alla Banca Dati Nazionale -B.N.I.- le imprese non in regola con i versamenti previdenziali, in forza della Con-venzione del 15 aprile 2004 stipulata fra le Casse medesime e gli Istituti della Previdenza Sociale e dell’Assicurazione contro gli infortuni, finalizzata all’adozione di comuni misure tecnico-organizzative per semplificare il rilascio dei D.U.R.C.
3.2.3. In disparte l’osservazione che la natura privatistica di tali Casse non è di ostacolo all’espletamento di funzioni di rilievo pubblicistico, il Collegio osserva che l’onere imposto dalla citata Convenzione agli enti di previdenza (fra cui le Casse Edili pro-vinciali) di segnalare mensilmente alla B.N.I. l’elenco delle im-prese non in regola e l’obbligo degli enti stessi (contenuto nella delibera n. 4/2005 del Comitato per la Bilateralità) di inserire nell’elenco delle imprese irregolari quelle che non effettuano il versamento dei contributi entro il mese successivo a quello di ri-ferimento, hanno carattere puramente convenzionale e non legi-slativo. Non impediscono perciò che la stazione appaltante possa valutare la gravità della violazione ad opera dell’impresa aggiu-dicataria circa la regolarità contributiva come rappresentata dalla certificazione prima di procedere alla revoca dell'affidamento.
3.2.4. Nel disposto dell’art. 2, co. 1 del D.L. n. 210/2002, l’effetto automatico della revoca a carico dell’affidataria, sanzio-na, invero il fatto oggettivo dell’omessa presentazione alla sta-zione appaltante del certificato relativo alla regolarità contributi-va e non l’irregolarità contributiva in sé e per sé. L’automatismo consegue alla omessa presentazione e non al non essere in regola con i contributi. Circostanza quest’ultima che, in assenza di di-versa indicazione nella lex specialis, va valutata in relazione alla gravità dell’infrazione ad opera della stazione appaltante.
3.2.5. Nel contesto dell’applicazione dell’art. 29, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE (violazione degli ob-blighi previdenziali e tributari da parte delle ditte aggiudicatarie), la Corte di Giustizia ha chiarito che, in tema di cause di esclusio-ne, spetta agli stati membri determinare l’ampiezza dell’inadempimento e le condizioni dell’esclusione. Il “non esse-re in regola con gli obblighi” stabilito dal legislatore nazionale, in materia di appalti pubblici, per condurre all’esclusione dalla gara, senz’altra valutazione, deve trovare una precisa collocazio-ne nel procedimento di aggiudicazione, che può indifferente-mente corrispondere alla presentazione della domanda di parte-cipazione alla gara, alla presentazione delle offerte, all'aggiudi-cazione dell'appalto (Corte giustizia CE, sez. I, 9 febbraio 2006, C-226/04 e C-228/04).
3.2.6. Che il legislatore nazione non abbia disciplinato le conse-guenze materiali dell’inadempimento implica che la stazione ap-paltante debba conformarsi ai principi di trasparenza e di parità di trattamento, in base ai quali le condizioni sostanziali e proce-durali relative alla partecipazione ad un appalto devono essere chiaramente definite in anticipo, affinché gli interessati possano conoscere esattamente gli obblighi procedurali ed essere assicu-rati del fatto che gli stessi obblighi valgano per tutti i concorrenti (cfr. Corte giustizia CE, C-226/04 e C-228/04, in part.: punto 32).
3.2.7. Al proposito, l’unico criterio dettato dal legislatore nazio-nale cui ancorare l’inadempimento è quello delle “gravi infrazio-ni” … debitamente accertate …. ad ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro”, contenuto nell’art. 75, co. 1., lett. e) D.P.R. n. 554/1999 (nel testo dell’art. 2, D.P.R. n. 412/2000). In-frazioni la cui gravità (€ 441,00 rilevati nei confronti della Cassa Edile di Firenze e altrettanti riguardo alla Cassa Edile di Perugia) è stata correttamente posta, dalla sentenza, in relazione all’importo della gara e all’affidamento ingenerato dalla stazione appaltante che ha instaurato un contraddittorio con la ditta nella nota del 7 settembre 2006, ove, a seguito dell’acquisizione del primo D.U.R.C., si invitava l’aggiudicataria a verificare la pro-pria posizione contributiva.
3.3. Risulta in tal modo infondato, oltre al secondo motivo di ap-pello e dei motivi aggiunti, anche il terzo motivo, che censurano la sentenza per avere ritenuto l’Azienda sanitaria obbligata a va-lutare la gravità dell’inadempimento.
3.3.1. Una volta aperta l’istruttoria sulla rilevanza e sul conte-nuto delle irregolarità da parte della stessa stazione appaltante, questa non può sottrarsi all’onere di valutare i chiarimenti richie-sti venendo meno al legittimo affidamento ingenerato nella par-tecipante sulla disponibilità dell’Amministrazione ad accogliere i chiarimenti eventualmente forniti.
3.3.2. La sentenza ha dato atto, al proposito, che la Cassa Edile di Firenze ha affermato che il versamento della società Domus Art relativo al mese di giugno 2006 era stato effettuato il 31 lu-glio 2006 ma era stato accreditato in data 7 agosto 2006. Nella stessa data erano state segnalate l’irregolarità e la successiva re-golarizzazione alla Banca Dati Nazionale. Ancora, nella decisio-ne si afferma che la Cassa Edile di Perugia ha rettificato la pre-cedente dichiarazione, circa il versamento dei contributi relativi al mese di giugno 2006 da parte della Domus Art: avvenuto in data 31 luglio 2006, ultimo giorno utile per il versamento, era stato accreditato però solo l’8 agosto 2006. In entrambi i casi dalla certificazione D.U.R.C., gli obblighi contributivi non ri-sultavano adempiuti, pur i versamenti essendo stati effettuati.
3.3.3. Non appare rilevante al proposito che, nel proprio atto di costituzione, la Cassa Edile per la Provincia di Perugia abbia ec-cepito, che oltre ai versamenti relativi al mese di giugno del 2006 era tardivo anche il versamento del mese successivo, pervenuto il 5 settembre e non già il 31 luglio 2006. Anche in questa ipotesi, i versamenti in favore della Cassa erano successivi all’aggiudicazione in favore della ricorrente Lara Costruzioni ma anteriori alla richiesta di chiarimenti, indirizzata dalla stazione appaltante in data 7 settembre 2008; chiarimenti che, una volta forniti, non potevano essere obliterati con affidamento della gara ad un nuovo aggiudicatario.
3.3.4. Ciò premesso non appaiono condivisibili le eccezioni delle Casse Edili di Firenze e di Perugia che insistono sulla irregolarità delle ditte nell’effettuare i versamenti, perché tardivi rispetto al termine del mese successivo a quello di riferimento, prescritto dalla deliberazione n. 4/2005 del Comitato per la Bilateralità. Anche se il D.U.R.C. rilasciato nei confronti del raggruppamento ricorrente è conforme alle regole convenzionali contenute nella citata deliberazione, l’inesistenza del grave inadempimento con-tributivo era comprovata dalle dichiarazioni delle stesse Casse edili, volte a riportare la regolarità contributiva all’effettivo ac-creditamento delle somme versate e non già alla data in cui il versamento era avvenuto.
3.3.5. E’ conseguentemente, meritevole di conferma la sentenza impugnata che ha ritenuto insufficiente l’impianto motivazionale del provvedimento dell’Azienda sanitaria, di non procedere-all’aggiudicazione definitiva in favore dell’Associazione ricor-rente perché risulta non regolare con i versamenti dei contributi, nonostante i riscontri richiesti e forniti.
3.3.6. Nella concreta fattispecie le dichiarazioni delle casse edili hanno avuto un ruolo determinante nei rapporti fra l’A.T.I. ricor-rente e la stazione appaltante. La sentenza è, perciò, ancora di confermare nella parte in cui ha rigettato il difetto di legittima-zione passiva ancora richiesto dalle Casse Edili, avendo valutato l’intera vicenda processuale ed il comportamento tenuto sia dall’Azienda ospedaliera che dalle Casse medesime.
4. La sentenza è, infine da confermare, anche per ciò che attiene il risarcimento del danno, siccome liquidato in relazione alla concreta fattispecie, dove la scarsa chiarezza di comportamento degli enti previdenziali imponeva alla Stazione appaltante speci-fica attenzione nel valutare le risultanze istruttorie.
4.1. Anche se il raggruppamento ricorrente non ha dato prova concreta del danno subito dall’impossibilità di utilizzare le pro-prie maestranze in altri lavori, correttamente la decisione impu-gnata ha ritenuto evidente il pregiudizio per la mancata aggiudi-cazione definitiva, in quanto era collocata per prima nella gra-duatoria e conseguentemente in posizione utile per l’espletamento delle opere.
4.1.1. E’ pertanto legittima la commisurazione del mancato utile nella misura del dieci per cento del prezzo a base d’asta, come ribassato nell’offerta della ricorrente, ai sensi dell’articolo 345, L. 20 marzo 1865 n. 2248 all. F e tenendo conto che il raggrup-pamento ricorrente non ha dovuto sostenere alcuna spesa per l’esecuzione dei lavori eccezion fatta quella necessaria alla pre-sentazione delle offerte.
4.2. E’ anche ineccepibile l’individuazione della colpa nel com-portamento della stazione appaltante che dopo avere dato corso al contraddittorio con l’impresa sulle risultanze del D.U.R.C. ed ingenerato l’affidamento sull’aggiudicazione qualora i chiari-menti fossero stati positivi, ha dato luogo all’aggiudicazione in favore della seconda classificata.
4.2.1. Del resto, che la stessa decisione abbia abilitato l’Amministrazione a proporre, ai sensi dall’art. 35 co. 2 D.Lgs. n. 80/1998, una somma a titolo di risarcimento del danno ingiusto, da corrispondere alla ricorrente con “i temperamenti del caso”, rappresenta presupposto sufficiente affinché sia tenuto conto, nella liquidazione equitativa, della scarsa chiarezza nel compor-tamento delle amministrazioni previdenziali nel certificare la re-golarità contributiva delle imprese aderenti al raggruppamento.

4.3. Non occorre, dato il rigetto dell’appello, procedere all’esame dei motivi assorbiti dalla sentenza di primo grado, come anche chiesto dal raggruppamento Lara Costruzioni.
5. La sentenza deve essere perciò integralmente confermata, an-che se la peculiarità della vicenda e la mancanza di una compiuta disciplina normativa in merito al D.U.R.C., giustifica ampia-mente i motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali relative al secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dal-l'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), nella camera di consiglio del 24 giugno 2008, con l'intervento dei Signori:
Domenico La Medica Presidente
Cesare Lamberti Est. Consigliere
Filoreto D'Agostino Consigliere
Aniello Cerreto Consigliere
Nicola Russo Consigliere
L’Estensore Il Presidente
f.to Cesare Lamberti f.to Domenico La Medica

Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il ……………11/05/09………….
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi

martedì 15 settembre 2009

CONSIGLIO DI STATO, Sez. V, 19 maggio 2009, n. 3072

REPUBBLICA ITALIANA - N. 3072/09 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N.1977 REG. RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Quinta Sezione) ANNO 2008
ha pronunciato la seguente

DECISIONE
ricorso iscritto al NRG 1977\2008, proposto da Giulio Pappalettera, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Faconda ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato C. Testa in Roma, via Aurelia n. 190;

contro
Comune di Trani, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Deramo, domiciliato in Roma, via Cosseria n. 2 presso il dottor Alfredo Placidi;

e nei confronti di
Impresa Cassese Andrea di Cassese Gennaro & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Ditta individuale Delfini Giuseppe, entrambe rappresentate e difese dagli avvocati Tania Enza Cassandro e Emanuele Tomasicchio, elettivamente domiciliate in Roma, via Bruxelles n. 59, presso lo studio dell’avvocato Cassandro.

per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione terza, n. 136 del 1 febbraio 2008.
Visto il ricorso in appello;
visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Trani nonché delle Imprese Cassese Andrea di Cassese Gennaro & C. s.a.s. e della Ditta individuale Delfini Giuseppe;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 24 marzo 2009 la relazione del consigliere Vito Poli, uditi gli avvocati Faconda, Notarnicola su delega dell’ avv.to Deramo e Mastroviti su delega dell’ avv.to Cassandro;
ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO
1. Il comune di Trani, con delibera giuntale n. 280 del 24 luglio 2000, ha stabilito, a tutela dell’ordine pubblico e su conforme avviso delle autorità nazionali e locali di pubblica sicurezza, che le agenzie di pompe funebri, le quali svolgono il disbrigo di pratiche burocratiche, siano da annoverarsi fra le agenzie di affari ai sensi dell’art. 115, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 – testo unico delle leggi di pubblica sicurezza – e che vi sia un rapporto di una agenzia ogni 25.000 abitanti.
Con delibere giuntali nn. 309 del 10 agosto 2001 e 158 del 22 maggio 2002, il comune, inter alios e per quanto qui interessa, ha confermato il precedente atto di indirizzo generale ribadendo e meglio specificando il significato del rapporto di una agenzia di affari ogni 25.000 abitanti.
1.1. Con determinazioni comunali prot. n. 22928 del 12 luglio 2005, n. 24035 del 21 agosto 2006, n. 21944 del 17 maggio 2007, n. 6869 del 5 settembre 2007, sono state negate o ricusate istanze di autorizzazioni o denuncie di inizio attività (in prosieguo d.i.a.) inoltrate dal signor Giulio Pappalettera e relative all’apertura di un’agenzia di pompe funebri.
Tutti i dinieghi sono stati motivati con il diretto o indiretto riferimento alla delibera n. 280 del 2000 ed al rapporto di una agenzia ogni 25.000 abitanti da questa introdotto.
Alcuni di questi dinieghi sono stati impugnati davanti al T.a.r. per la Puglia.
1.2. Il signor Pappalettera ha presentato al comune di Trani, in data 21 settembre 2007, una ennesima d.i.a. sempre avente ad oggetto l’apertura di una agenzia di affari per il disbrigo di pratiche amministrative funebri.
Il comune ha risposto con la determinazione prot. 42206 del 22 ottobre 2007 limitandosi a riportare per esteso gli argomenti in precedenza spesi per negare l’autorizzazione all’apertura dell’agenzia.
1.3. Avverso tale atto il signor Pappalettera è insorto davanti al T.a.r. per la Puglia articolando cinque autonomi motivi.
2. L’impugnata sentenza – T.a.r. per la Puglia, sezione terza, n. 136 del 1 febbraio 2008 -:
a) ha dichiarato il ricorso inammissibile per omessa tempestiva notificazione ad almeno uno dei controinteressati;
b) ha dichiarato il ricorso inammissibile per omessa tempestiva impugnativa delle delibere giuntali n. 280 del 2000 e n. 309 del 2001;
c) ha comunque respinto il ricorso nel merito;
d) ha respinto la domanda di risarcimento del danno;
e) ha condannato il ricorrente alla refusione delle spese di lite.
3. Con ricorso notificato il 29 febbraio 2008, e depositato il successivo 11 marzo, il signor Pappalettera ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. contestandone tutti i capi sfavorevoli.
4. Si sono costituiti il comune di Trani e le ditte controinteressate deducendo l'improcedibilità e l’infondatezza del gravame in fatto e diritto e riproponendo l’eccezione non esaminata dal T.a.r. di inammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto rivolto contro un atto meramente confermativo di precedenti dinieghi.
5. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 24 marzo 2009.
6. L’appello è infondato e deve essere respinto.
Attesa l’infondatezza del gravame il collegio prescinde dall’esame della eccezione di improcedibilità dello stesso, sviluppata dalle parti intimate, alla luce dell’entrata in vigore della l.r. n. 34 del 15 dicembre 2008.
6.1. Assume valore assorbente l’esame del secondo motivo di gravame con cui il ricorrente contesta la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo grado sotto il profilo della omessa tempestiva impugnazione della delibera n. 280 del 2000.
A sostegno della propria tesi l’appellante deduce che:
a) la delibera n. 309 del 2001, in quanto meramente confermativa della precedente delibera n. 280 e non espressamente menzionata nel provvedimento gravato, non doveva essere impugnata;
b) la delibera n. 280 del 2000 e la successiva n. 158 del 2002, in quanto contrastanti con le disposizioni ed i principi costituzionali e comunitari in materia di libera concorrenza, non dovevano essere impugnate ma disapplicate direttamente dall’amministrazione e dal giudice;
c) tali delibere, recanti disposizioni di indirizzo, sarebbero state comunque superate da un successivo atto di indirizzo emanato dal commissario straordinario del comune - prot. n. 22590 in data 18 maggio 2007 - in cui si invitano gli uffici comunali ad adeguarsi al parere dell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato (in prosieguo A.g.c.m.) prot. n. 0023709 in data 10 maggio 2007.
Il mezzo è infondato e deve essere respinto.
6.1.1. La sezione rileva, in primo luogo, che la lesione alla sfera giuridica del ricorrente discende dalla delibera n. 280 del 2000 che ha stabilito il rapporto di una agenzia di pompe funebri ogni 25.000 abitanti; tale delibera, ampiamente conosciuta dal ricorrente attraverso la comunicazione dei precedenti dinieghi di licenza (alcuni dei quali contestati in altri giudizi), non è stata tempestivamente impugnata e non risulta formalmente impugnata neppure con il ricorso in prime cure.
Le successive delibere – nn. 309 del 2001 e 158 del 2002 – parimenti non impugnate sebbene autonomamente lesive, confermano, in parte qua, il rapporto di una agenzia ogni 25.000 abitanti.
6.1.2. Ciò premesso, osserva il collegio che non può trovare ingresso la tesi della disapplicabilità delle su richiamate delibere.
Sul punto la sezione non intende discostarsi dagli approdi ermeneutici cui è giunta la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008, n. 4263; sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579; sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35), secondo la quale la violazione del diritto comunitario implica un vizio di illegittimità – annullabilità dell’atto amministrativo con esso contrastante, mentre la nullità (o l’inesistenza) è configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento nazionale sia stato adottato sulla base di una norma interna (attributiva del potere) incompatibile con il diritto comunitario (e quindi disapplicabile).
Logici corollari di tale ricostruzione sono:
a) sul piano processuale, l’onere dell’impugnazione del provvedimento contrastante con il diritto comunitario dinanzi al giudice amministrativo entro il prescritto termine di decadenza, pena la sua inoppugnabilità;
b) l’obbligo per l’amministrazione di applicare l’atto illegittimo salvo il ricorso ai poteri di autotutela.
Nel caso di specie non esiste alcuna norma – di rango primario o secondario – che sia in contrasto con il diritto comunitario; il contrasto, in astratto ed in tesi, è ipotizzabile solo con i su riferiti atti di indirizzo aventi contenuto non regolamentare.
6.1.3. Parimenti inconferente è il richiamo dell’appellante al parere dell’A.g.c.m. ed alla nota del commissario straordinario, perché:
a) il parere dell’A.g.c.m. ha ad oggetto il servizio di trasporto funebre che effettivamente è da considerarsi a tutti gli effetti liberalizzato, non già il diverso e più delicato settore delle agenzie funebri di intermediazione che sono oggetto di specifica autorizzazione di polizia rilasciata dal comune, a mente del combinato disposto degli artt. 115, r.d. 18 giugno 1931, n. 773 e 163, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; l’ente locale, invero, deve vagliare gli aspetti inerenti la sicurezza, l’ordine pubblico e la prevenzione dei reati che costituiscono la ratio dell’assoggettamento ad autorizzazione di polizia dell’apertura di agenzie di affari (cfr. Corte cost. 25 luglio 2001, n. 290; Cass. civ., sez. I, 28 agosto 2006, n. 18619);
b) la nota del commissario prefettizio non costituisce, all’evidenza, un nuovo atto di indirizzo limitandosi ad inoltrare, a fini di conoscenza, il su menzionato parere dell’A.g.c.m. agli uffici comunali.
6.2. Per completezza la sezione osserva che risulta fondata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, riproposta dalla difesa del comune di Trani nella memoria del 5 maggio 2008, ed imperniata sul carattere meramente confermativo del diniego oggetto del presente giudizio.
Invero, dall’esame di tutta la documentazione versata in atti, emerge che l’amministrazione comunale, con la nota del 22 ottobre 2007, senza svolgere alcuna attività istruttoria si è limitata, puramente e semplicemente, a ribadire testualmente quanto già deciso con i precedenti provvedimenti n. 22928 del 2005, n. 24035 del 2006 e 21944 del 2007. Né si possono ravvisare, nella d.i.a. del 21 settembre 2007, elementi di novità rispetto alle precedenti istanze tutte disattese; sotto tale angolazione sono del tutto irrilevanti le comunicazioni della A.g.c.m. e del commissario straordinario sia perché concernono, come già visto, il servizio di trasporto funebre, sia perché in alcun modo sono state prese in esame dall’amministrazione al fine dell’adozione della nota in data 22 ottobre 2007.
Sul punto la sezione non intende discostarsi dalla tesi tradizionale (cfr. Cons. St., sez. V, 4 marzo 2008, n. 797; sez. V, 12 aprile 2005, n. 1645; sez. IV, 27 novembre 1998, n. 1637), che esclude l’impugnabilità degli atti meramente confermativi attraverso i quali l’amministrazione si limita a richiamare una determinazione in precedenza adottata, senza effettuare una nuova istruttoria ed una nuova valutazione degli elementi di fatto e di diritto già considerati, ovvero di altri nuovi, medio tempore acquisiti. In tali ipotesi deve ritenersi che la non impugnabilità discenda, per un verso, dal riconoscimento della carenza assoluta di interesse ad ottenere l’annullamento giurisdizionale, poiché la sua eliminazione dal mondo giuridico non sarebbe in grado di rimuovere una lesione comunque imputabile all’atto confermato ove questo non sia stato impugnato; per altro verso, ove viceversa quest’ultimo sia stato già impugnato, per l’inutilità di imporre un onere di impugnazione di atti che vengono in essere con un contenuto meramente riproduttivo di altri già gravati in sede giurisdizionale e destinati ad essere travolti dall’annullamento dei primi.
I plurimi profili di inammissibilità del ricorso originario sin qui assodati esimono il collegio dall’esame degli ulteriori mezzi di gravame.
7. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
- respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
- condanna l’appellante a rifondere in favore del comune di Trani nonché delle Imprese Cassese Andrea di Cassese Gennaro & C. s.a.s. e della Ditta individuale Delfini Giuseppe
le spese, gli onorari e le competenze del presente grado di giudizio che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori come per legge (spese generali al 12,50%, I.V.A. e C.P.A.), in favore di ciascuna parte.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 marzo 2009, con la partecipazione di:
Raffaele Iannotta - Presidente
Cesare Lamberti - Consigliere
Claudio Marchitiello - Consigliere
Vito Poli Rel. Estensore - Consigliere
Giancarlo Montedoro - Consigliere
ESTENSORE IL PRESIDENTE
F.to Vito POLI F.to Raffaele Iannotta

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il 19/05/2009
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
P. IL DIRIGENTE
Dott.ssa Livia Patroni Griffi


venerdì 11 settembre 2009

Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sezione IV, 19 maggio 2009, causa C-538/2007

Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sezione IV, 19 maggio 2009, causa C-538/2007
E' contraria al diritto comunitario una norma nazionale (art. 34, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006) che stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese in situazioni di controllo o collegamento, di partecipare alla stessa gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

19 maggio 2009

«Direttiva 92/50/CEE – Art. 29, primo comma – Appalti pubblici di servizi – Normativa nazionale che non autorizza la partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione, in modo concorrente, di società aventi fra loro un rapporto di controllo o d’influenza notevole»

Nel procedimento C‑538/07,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia con decisione 14 novembre 2007, pervenuta in cancelleria il 3 dicembre 2007, nella causa

Assitur Srl contro

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano,

e nei confronti di: SDA Express Courier SpA, Poste Italiane SpA,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai sigg. E. Juhász (relatore), G. Arestis e J. Malenovský, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 dicembre 2008,
considerate le osservazioni presentate:
– per l’Assitur Srl, dall’avv. S. Quadrio;
– per la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, dall’avv. M. Bassani;
– per la SDA Express Courier SpA, dagli avv.ti A. Vallefuoco e V. Vallefuoco;
– per la Poste Italiane SpA, dall’avv. A. Fratini;
– per il governo italiano, dal sig. I. M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. D. Kukovec e dalla sig.ra D. Recchia, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 febbraio 2009, ha pronunciato la seguente

Sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 29, primo comma, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1), nonché dei principi generali del diritto comunitario in materia di appalti pubblici.

2. La questione è sorta nell’ambito di una controversia tra l’Assitur Srl (in prosieguo: l’«Assitur») e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano, in merito alla compatibilità con le disposizioni e i principi summenzionati di una normativa nazionale che vieta la partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione di appalto, in modo separato e concorrente, di società tra le quali sussista un rapporto di controllo o delle quali una eserciti sulle altre un’influenza notevole.

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3. L’art. 29 della direttiva 92/50, [ora art. 45 della direttiva 2005/18 - n.d.r.] contenuto nel capitolo 2 di quest’ultima, recante il titolo «Criteri di selezione qualitativa», al suo primo comma dispone quanto segue:

«Può venir escluso dalla partecipazione ad un appalto qualunque prestatore di servizi il quale:

a) sia in stato di fallimento, di liquidazione, di amministrazione controllata, di concordato preventivo, di sospensione dell’attività commerciale o si trovi in qualsiasi altra situazione analoga derivante da una procedura simile prevista dalle leggi e dai regolamenti nazionali;
b) sia oggetto di procedimenti di dichiarazione di fallimento, di liquidazione coatta o di amministrazione controllata, di un concordato preventivo oppure di qualunque altro procedimento simile previsto dalle leggi o dai regolamenti nazionali;
c) sia stato condannato per un reato relativo alla condotta professionale di prestatore di servizi, con sentenza passata in giudicato;
d) si sia reso responsabile di gravi violazioni dei doveri professionali, provate con qualsiasi elemento documentabile dall’amministrazione [aggiudicatrice];
e) non abbia adempiuto obblighi riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale conformemente alle disposizioni legislative del paese in cui è stabilito o di quello dell’amministrazione [aggiudicatrice];
f) non abbia adempiuto obblighi tributari conformemente alle disposizioni legislative del paese dell’amministrazione [aggiudicatrice];
g) si sia reso colpevole di gravi inesattezze nel fornire le informazioni esigibili in applicazione del presente capitolo o non abbia fornito dette informazioni».

4. L’art. 3, n. 4, secondo e terzo comma, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, [ora art. 63 della direttiva 2005/18 - n.d.r.] che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54), definisce le nozioni di «imprese collegate» e di «influenza dominante» tra imprese. Per quanto riguarda i contratti di concessione di lavori pubblici, esso prevede quanto segue:

«Non si considerano come terzi le imprese che si sono raggruppate per ottenere la concessione né le imprese ad esse collegate.
Per “impresa collegata” s’intende qualsiasi impresa su cui il concessionario può esercitare direttamente o indirettamente un’influenza dominante, o qualsiasi impresa che può esercitare un’influenza dominante [sul concessionario o che, come il concessionario, è soggetta all’influenza dominante] di un’altra impresa per motivi attinenti alla proprietà, alla partecipazione finanziaria o alle norme che disciplinano l’impresa stessa. L’influenza dominante è presunta quando un’impresa direttamente o indirettamente, nei confronti di un’altra impresa:
– detiene la maggioranza del capitale sottoscritto dell’impresa, o
– dispone della maggioranza dei voti connessi alle partecipazioni al capitale dell’impresa, o
– può designare più della metà dei membri dell’organo di amministrazione, direzione o di vigilanza dell’impresa».

La normativa nazionale

5. La direttiva 92/50 è stata trasposta nel diritto italiano dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157 (Supplemento ordinario alla GURI n. 104 del 6 maggio 1995). Questo decreto legislativo non prevede un divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione di appalto pubblico di servizi a carico di imprese tra le quali esistano rapporti di controllo o che siano tra loro collegate.

6. L’art. 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici (GURI n. 41 del 19 febbraio 1994; in prosieguo: la «legge n. 109/1994»), [ora art. 34, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006 - n.d.r.] stabilisce quanto segue:

«Non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile».

7. L’art. 2359 del codice civile italiano, intitolato «Società controllate e società collegate», è così formulato:

«Sono considerate società controllate:

1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati».

8. Le procedure di affidamento degli appalti pubblici nei settori dei lavori, dei servizi e delle forniture sono disciplinate attualmente, nel loro insieme, dal decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Supplemento ordinario alla GURI n. 100 del 2 maggio 2006; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 163/2006»). L’art. 34, ultimo comma, di tale decreto legislativo così dispone:

«Non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile. Le stazioni appaltanti escludono altresì dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi».

Causa principale e questione pregiudiziale

9. Con bando di gara del 30 settembre 2003, la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Milano ha indetto un pubblico incanto per l’affidamento, in base al criterio del prezzo più basso, del servizio di corriere per il ritiro e la consegna della corrispondenza e di documentazione varia per conto della Camera di Commercio stessa e della sua azienda speciale CedCamera, per un triennio corrispondente agli anni 2004-2006. Questo appalto riguardava un importo pari a EUR 530 000 non comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto.

10. In esito all’esame della documentazione presentata dagli interessati, sono risultate ammesse alla gara la SDA Express Courier SpA (in prosieguo: la «SDA»), la Poste Italiane SpA (in prosieguo: la «Poste Italiane») e l’Assitur.

11. Il 12 novembre 2003 l’Assitur ha chiesto l’esclusione dalla procedura di gara della SDA e della Poste Italiane, in ragione dei rapporti esistenti tra queste due società.

12. Dalla verifica imposta a tale riguardo dalla commissione di gara è emerso che la totalità del capitale sociale della SDA era detenuta dall’Attività Mobiliari SpA, a sua volta interamente partecipata dalla Poste Italiane. Tuttavia, dato che il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, che disciplinava gli appalti di servizi, non prevedeva alcun divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione a carico di imprese aventi fra loro un rapporto di controllo, e che la verifica effettuata non aveva messo in luce indizi gravi e concordanti che consentissero di ritenere che i principi di concorrenza e di segretezza delle offerte fossero stati violati nella fattispecie, l’ente appaltante, con determinazione del 2 dicembre 2003, n. 712, ha deciso di aggiudicare l’appalto alla SDA, che aveva presentato l’offerta più bassa.

13. L’Assitur ha chiesto l’annullamento di questa decisione dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia. Essa ha fatto valere che, conformemente all’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994, a suo parere applicabile anche agli appalti di servizi in assenza di una diversa normativa espressa, l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe dovuto escludere dalla gara d’appalto le società che si trovavano fra loro in una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile italiano.

14. Il giudice del rinvio rileva che l’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994, che disciplina specificamente gli appalti di lavori, stabilisce una presunzione assoluta di conoscibilità dell’offerta della controllata da parte della controllante. Di conseguenza, gli operatori economici interessati non sarebbero ritenuti dal legislatore in grado di formulare offerte tali da dimostrare l’indipendenza, la serietà e l’affidabilità necessarie, in quanto essi sarebbero legati da una stretta comunanza di interessi. La disposizione suddetta vieterebbe dunque alle imprese aventi rapporti siffatti di partecipare in modo concorrente ad una medesima gara e, nel caso in cui sia accertata una simile partecipazione, queste imprese sarebbero obbligatoriamente escluse dalla procedura di aggiudicazione. Tale giudice osserva altresì che la nozione di «impresa controllata» nel diritto italiano è analoga a quella di «impresa collegata» quale definita all’art. 3, n. 4, della direttiva 93/37.

15. Il giudice del rinvio rileva anche che la giurisprudenza italiana riconosce ad una statuizione come quella enunciata all’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994 il valore di norma di ordine pubblico, applicabile in via generale. Questa norma sarebbe in realtà l’espressione di un principio generale che trascende la materia dei lavori pubblici proiettandosi altresì alle procedure di aggiudicazione nei settori dei servizi e delle forniture, nonostante il fatto che, in questi ultimi, non esista una siffatta specifica disposizione. Il legislatore avrebbe confermato tale approccio giurisprudenziale con l’adozione dell’art. 34, ultimo comma, del decreto legislativo n. 163/2006, che disciplina attualmente l’intera materia degli appalti pubblici; quest’ultima normativa, tuttavia, non è applicabile, ratione temporis, alla presente causa.

16. Il giudice nazionale si chiede nondimeno se il regime così delineato sia compatibile con l’ordinamento giuridico comunitario e, in particolare, con l’art. 29 della direttiva 92/50, come interpretato dalla Corte nella sentenza 9 febbraio 2006, cause riunite C‑226/04 e C‑228/04, La Cascina e a. (Racc. pag. I‑1347, punti 21-23). Tale disposizione, che costituisce l’espressione del principio del «favor participationis», vale a dire dell’interesse a che il maggior numero possibile di imprese partecipi ad una gara d’appalto, conterrebbe, secondo detta pronuncia, un elenco tassativo delle cause di esclusione dalla partecipazione ad un appalto di servizi. Tra queste cause non rientrerebbe il caso di società legate fra loro da un rapporto di controllo o d’influenza notevole.

17. Il giudice del rinvio, tuttavia, ritiene che l’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994 costituisca l’espressione del principio di libera concorrenza, in quanto è diretto a sanzionare ogni comportamento collusivo di imprese nell’ambito di una procedura di gara. Di conseguenza, esso sarebbe stato adottato in rigorosa conformità al Trattato CE, in particolare agli artt. 81 e segg. di quest’ultimo, e non sarebbe realmente in contrasto con l’art. 29 della direttiva 92/50.

18. Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 29 della direttiva 92/50 (…), nel prevedere sette ipotesi di esclusione dalla partecipazione agli appalti di servizi, configuri un “numerus clausus” di ipotesi ostative e, quindi, inibisca all’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94 (ora sostituito dall’art. 34, ultimo comma, del decreto legislativo n. 163/06) di stabilire il divieto di partecipazione simultanea alla gara per le imprese che si trovino fra loro in rapporto di controllo».

Sulla questione pregiudiziale

19. Al fine di risolvere tale questione si deve rilevare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le sette ipotesi di esclusione di un imprenditore dalla partecipazione ad un appalto pubblico previste dall’art. 29, primo comma, della direttiva 92/50 si riferiscono all’onestà professionale, alla solvibilità o all’affidabilità dell’interessato, vale a dire alle qualità professionali di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza La Cascina e a., cit., punto 21).

20. La Corte, per quanto riguarda l’art. 24, primo comma, della direttiva 93/37, che riprende le stesse ipotesi di esclusione previste dall’art. 29, primo comma, della direttiva 92/50, ha sottolineato che la volontà del legislatore comunitario è stata quella di prendere in considerazione in tale disposizione soltanto cause di esclusione riguardanti unicamente le qualità professionali degli interessati. Nella misura in cui essa ribadisce siffatte cause di esclusione, tale elenco è stato considerato tassativo dalla Corte (v., in tal senso, sentenza 16 dicembre 2008, causa C‑213/07, Michaniki, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 42 e 43 nonché la giurisprudenza ivi citata).

21. La Corte ha aggiunto che questo elenco tassativo non esclude tuttavia la facoltà degli Stati membri di mantenere o di stabilire, in aggiunta a tali cause di esclusione, norme sostanziali dirette, in particolare, a garantire, in materia di appalti pubblici, il rispetto dei principi di parità di trattamento di tutti gli offerenti e di trasparenza, che costituiscono la base delle direttive comunitarie relative alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, a condizione però che venga rispettato il principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza Michaniki, cit., punti 44-48 e la giurisprudenza ivi citata).

22. È palese che una misura legislativa nazionale come quella di cui trattasi nella causa principale è intesa a scongiurare ogni possibile forma di collusione tra i partecipanti ad una medesima procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nonché a tutelare la parità di trattamento dei candidati e la trasparenza della procedura.

23. Si deve dunque affermare che l’art. 29, primo comma, della direttiva 92/50 non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità.

24. Ne consegue che la conformità al diritto comunitario della normativa nazionale in questione nella causa principale deve essere ulteriormente esaminata alla luce del principio di proporzionalità.

25. A tale riguardo, va ricordato che le norme comunitarie in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici sono state adottate nell’ambito della realizzazione del mercato interno, nel quale è assicurata la libera circolazione e sono eliminate le restrizioni alla concorrenza (v., in tal senso, sentenza 21 febbraio 2008, causa C‑412/04, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑619, punto 2).

26. In tale contesto di un mercato interno unico e di concorrenza effettiva, è nell’interesse del diritto comunitario che venga garantita la partecipazione più ampia possibile di offerenti ad una gara d’appalto.

27. Dalla decisione di rinvio risulta che la disposizione in questione nel procedimento a quo, redatta in termini chiari e perentori, comporta per le amministrazioni aggiudicatrici un obbligo assoluto di escludere dalla procedura di gara d’appalto le imprese che presentino offerte separate e concorrenti, qualora tali imprese siano legate fra loro da rapporti di controllo, quali quelli previsti dalla normativa nazionale oggetto della causa principale.

28. Tuttavia, sarebbe contraria ad un’efficace applicazione del diritto comunitario l’esclusione sistematica delle imprese tra loro collegate dal diritto di partecipare ad una medesima procedura di aggiudicazione di appalto pubblico. Una soluzione siffatta, infatti, ridurrebbe notevolmente la concorrenza a livello comunitario.

29. Pertanto, è giocoforza constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nella causa principale, nella misura in cui estende il divieto di partecipazione ad una medesima procedura di aggiudicazione alle situazioni in cui il rapporto di controllo tra le imprese interessate rimane ininfluente sul comportamento di queste ultime nell’ambito di siffatte procedure, eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di trasparenza.

30. Una tale normativa, basata su una presunzione assoluta secondo cui le diverse offerte presentate per un medesimo appalto da imprese collegate si sarebbero necessariamente influenzate l’una con l’altra, viola il principio di proporzionalità, in quanto non lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti (v., in tal senso, sentenze 3 marzo 2005, cause riunite C‑21/03 e C-34/03, Fabricom, Racc. pag. I‑1559, punti 33 e 35, nonché Michaniki, cit., punto 62).

31. A tale riguardo va sottolineato che i raggruppamenti di imprese possono presentare forme e obiettivi variabili, e non escludono necessariamente che le imprese controllate godano di una certa autonomia nella gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della partecipazione a pubblici incanti. Del resto, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo possono essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell’ambito di una medesima gara d’appalto.

32. In tale contesto, il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un’influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell’ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un’influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell’esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall’assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l’amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di questa procedura.

33. Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre risolvere la questione sollevata dichiarando quanto segue:

– l’art. 29, primo comma, della direttiva 92/50 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità, e
– il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara.

Sulle spese

34. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

L’art. 29, primo comma, della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro, in aggiunta alle cause di esclusione contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano quanto necessario per conseguire la suddetta finalità.

Il diritto comunitario osta ad una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, di partecipare in modo simultaneo e concorrente ad una medesima gara d’appalto, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che il rapporto suddetto non ha influito sul loro rispettivo comportamento nell’ambito di tale gara.

Firme