lunedì 20 luglio 2009

Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili - sentenza 1 luglio 2009 n. 15377

Corte di Cassazione, Sez. Unite Civili - sentenza 1 luglio 2009 n. 15377 - Pres. Carbone, Rel. Segreto - Istituto David Chiossone c. AUSL 3 Genova - (dichiara la giurisdizione del giudice ordinario).
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto ingiuntivo n. 274/2 001 del tribunale di Genova, (omissis), paziente dismesso dall'ospedale psichiatrico e degente presso l'istituto David Chiossone, ente morale, convenzionato, veniva condannato al pagamento in favore di detto istituto della ed. quota alberghiera della retta di degenza dal 1998 al 2000 e con successivo decreto ingiuntivo n. 1744/2002 l'Ausl 3 Genova e lo stesso venivano condannati in solido al pagamento in favore dell'Istituto di tale quota alberghiera della retta di degenza dal 2001 al 2002. Gli ingiunti proponevano separate opposizioni, poi riunite. La Ausi eccepiva il difetto di giurisdizione.

Il Tribunale di Genova revocava i decreti ingiuntivi e condannava gli ingiunti al pagamento di somme diverse in favore dell'attore Istituto.

Su appello dell'istituto ed appello incidentale degli ingiunti, la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 145 del 16.2.2007, dichiarava il difetto di giurisdizione dell'ago, quanto alla domanda proposta nei confronti della AUSL, mentre in parziale accoglimento dell'appello incidentale del Nizzi, condannava questi al pagamento di una somma minore nei confronti dell' istituto.

Riteneva la corte territoriale che nella specie, quanto alla domanda proposta nei confronti della AUSL, la giurisdizione si appartenesse al giudice amministrativo, poiché si verteva in ipotesi di interpretazione di deliberazioni regionali circa la spettanza al SSN o al privato, ex ricoverato, della ed. quota di alberghiera di degenza, pertinente al ricovero disposto dalla AUSL nella struttura convenzionata.

Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'istituto attore, articolato in 4 motivi. Resiste con controricorso la AUSL 3 Genovese. Entrambe le parti hanno presentato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 5 c. 2, 1. n. 1034/1971, degli artt. 5 e 37 c.p.c., degli artt. 26,44,69 1. n. 833/1978, del d.l. n. 502/1992, 1. n. 662/1996, 1. n. 449/1997, d. lgs. n. 109/1998. Assume il ricorrente che la giurisdizione si appartiene all'A.G.O.; che l'importo della quota di degenza richiesta è quella fissata dalla AUSL; che tale costo è a carico del SSN, demandando la legge alle regioni di stabilire la misura di partecipazione del ricoverato, quale rimborso da pagare ali'AUSL, nel quale rapporto l'istituto rimane estraneo (1. r. Liguria n. 30/1998).

2.1. Il motivo è fondato e va, per l'effetto, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

Preliminarmente va rigettata l'eccezione di inammissibilità del motivo di ricorso: questo, infatti, presenta un quesito di diritto conforme al dettato dell'art. 366 bis c.p.c.

Va anzitutto premesso che la presente controversia deve essere decisa sulla base della più limitata previsione del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, conseguente alla sentenza della Corte Cost, n. 2 04/2004, avendo questa Suprema Corte più volte stabilito (Cass. 2002/6487, 2004/20635, 2005/1362 e 2006/3370) che il principio sancito dall'art. 5 c.p.c., secondo cui la giurisdizione (e la competenza) si determinano in base alla legge vigente al momento della domanda, non opera nel caso in cui tale legge sia stata poi dichiarata illegittima, perché le pronunce di incostituzionalità comportano l’espunzione ab origine della norma che, pertanto, non può più essere applicata neppure ai limitati fini di cui all'art. 5 c.p.c.

2.2. Va osservato che l'assetto normativo derivante dalla L. 13 maggio 1978, n. 180, che ha modificato radicalmente il sistema di custodia e cura degli alienati, con la soppressione dei manicomi, e dalla L. 23 dicembre 1978, n. 833, che ha introdotto il Servizio Sanitario Nazionale, attribuendo agli alienati lo stesso trattamento riservato ai soggetti affetti da altre patologie, comporta l'inapplicabilità della L. 14 febbraio 1904, n. 36, art. 7, - che devolveva al Consiglio di Stato le controversie aventi ad oggetto le relative spese in cui fossero interessati lo Stato, più Province o Comuni o istituzioni di pubblica beneficenza obbligati al mantenimento degli alienati appartenenti a Province diverse - e del R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 29, n. 5, che prevedeva in tale materia la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, con la conseguenza che, a seguito della dichiarazione d'illegittimità costituzionale (Corte cost. n. 204/2004) del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, così come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, che attribuiva al giudice amministrativo, a prescindere dalla natura delle situazioni soggettive coinvolte, le controversie riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere, anche di natura patrimoniale, rese nell'espletamento di pubblici servizi, ivi comprese quelle rese nell'ambito del Servizio Sanitario, spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di pagamento del corrispettivo per il servizio di degenza reso in favore di un privato, proposta da una casa di cura privata nei confronti di una unità sanitaria locale, che non implichi 1'interpretazione di una convenzione o di un atto o un provvedimento amministrativo (Cass. S.U. 30.7.2008, n. 20586; Cass. S.U. , 15/07/2005, n. 14986; Cass. S.U. 26.7.2006, n. 17000).

3.1.Sennonché, quanto a quest'ultima ipotesi, va osservato che la Corte costituzionale, con la predetta sentenza n. 204/2004, ha statuito che, a prescindere dall'ipotesi di concessione di servizi, già contemplata dalla L. n. 1034 del 1971, art. 5, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi sopravvive soltanto nelle controversie "relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento regolato dalla L. 7 agosto 1990, n. 241", ovvero relative all’affidamento di un pubblico servizio e alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché alla vigilanza in settori particolari espressamente indicati. Innanzitutto, è opportuno rilevare che l'espressione "provvedimento" è da intendere in senso stretto, e cioè -secondo la nozione che si ricava dalla tradizione e dalla giurisprudenza dì questa Corte - relativa soltanto gli atti amministrativi discrezionali, autoritativi e costitutivi, essendone esclusi quelli meramente dichiarativi.

Si deve ribadire che il potere dell'amministrazione di incidere sull'assetto delle situazioni soggettive è una conseguenza della particolare efficacia dell'atto, e che il nostro sistema costituzionale non prevede alcuna riserva di amministrazione. Come rilevato dalla stessa sentenza della Corte costituzionale, ai provvedimenti devono essere equiparati i casi in cui 1'amministrazione si sia avvalsa della facoltà di adottare strumenti negoziali in sostituzione di provvedimenti (L. n. 241 del 1990, art. 11).

3.2.Quanto all'area della giurisdizione, ridisegnata dalla pronuncia costituzionale, nel sistema attualmente vigente il riferimento della controversia al provvedimento significa che, per essere attratta alla giurisdizione del Giudice amministrativo, oggetto del giudizio deve essere il provvedimento di per se stesso considerato. E poiché si tratta di giurisdizione esclusiva, e perciò estesa alle controversie su diritti soggettiivi, il suo ambito non può, ovviamente, coincidere con quello della giurisdizione di legittimità, nel quale la situazione soggettiva di cui si chiede tutela è l'interesse legittimo.

La norma, nella rilettura del Giudice delle leggi, si riferisce, pertanto, oltre ai casi di lesione di interessi legittimi, anche ai casi in cui, per varie ragioni, l'atto amministrativo può essere lesivo di diritti soggettivi, come nella ed. carenza di potere in concreto e nella lesione di diritti fondamentali, in relazione ai quali, secondo la giurisprudenza della Corte, non si verifica - in considerazione della tutela rafforzata derivante direttamente dalla Costituzione - la ed. degradazione del diritto (Cass. S.U. 04/07/2006, n. 15216).

È ovvio, quindi, che l'afferenza della controversia ad un provvedimento, necessaria per radicare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo secondo la norma riletta dalla Corte costituzionale, non significa che questo debba formare oggetto di sindacato, nel senso che la tutela del diritto soggettivo, affidata a tale giudice, può prescindere da qualunque questione di legittimità del provvedimento.

3.3.Applicando tali regole al caso di specie, non ricollegandosi il rapporto dedotto in giudizio ad un esercizio di poteri autoritativi dell'amministrazione, nel senso sopra chiarito, deve escludersi l'esistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, anche ove non volesse condividersi l’impostazione secondo cui i rapporti di carattere patrimoniale sono "ex definitione" esclusi dall'area in cui opera il potere autoritativo della p.a..

Infatti, la domanda di pagamento della quota alberghiera delle rette di degenza proposta dall’Istituto, oltre a non contenere alcun sindacato di atti provvedimentali, non afferisce a rapporti costituiti o modificati da atti di tale specie, avendo l'attore richiesto il corrispettivo per un'obbligazione di natura assistenziale, ricollegantesi a presupposti prefigurati dalla legge.

Nella specie, la disciplina legislativa (l. n. 833/1978, l. n. 180/1978 art. 2 e segg.) configura espressamente le prestazioni sanitarie come oggetto di diritto delle persone, senza che la nascita di tale diritto sia condizionata all'emanazione di atti discrezionali.

La sfera della discrezionalità riguarda, invece, la redazione dei programmi assistenziali, coi quali vengono stabilite le tipologie di interventi e determinate le risorse destinate ali 'attuazione di tali programmi , atti che sono di competenza regionale e che, secondo quanto sopra rilevato, non riguardano direttamente la costituzione del rapporto (Cass. S.U. 18.10.2005, n. 20114).

Pertanto, la controversia sull'individuazione del soggetto obbligato al pagamento della quota alberghiera della retta di degenza (1. r. Liguria 9.9.1998, n. 30 e successive delibere regionali attuative) e quindi sulla titolarità passiva del rapporto, non è elemento sufficiente per attribuirne la cognizione al giudice amministrativo, mancando nella specie un provvedimento amministrativo (nel senso sopra chiarito), della cui legittimità si discuta e la deduzione dell'esercizio d'un potere discrezionale da parte della Amministrazione (Cass. S.U. n. 17928/2008; 20586/2008).

Conseguente va affermata la giurisdizione del giudice ordinario, relativamente alla domanda proposta dall'istituto attore.

4.Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta l'erronea ed illegittima estensione della giurisdizione dell'Ago ai rapporti tra esso istituto ed in violazione dell'art. 5 l. 1034/1971, degli artt. 5 e 37 c.p.c. e dei principi emergenti dalla legge 833/1971; art. 26/44 e 69 del d.l. 502/1992, in relazione all'art. 360 n. l e 3 c.p.c. Ritiene il ricorrente che invece per tale rapporto andava affermata la giurisdizione del Giudice amministrativo, in quanto il (omissis) assumeva che egli non doveva partecipare alla spesa, alla quale era tenuta la AUSL. 5.1. Il motivo è inammissibile per essersi formato il giudicato implicito in merito alla giurisdizione dell'AGO, quanto al rapporto tra l'Istituto attore ed il

Va, anzitutto, osservato che queste S.U. con recente sentenza 9.10.2008, n. 24883, hanno statuito che in ogni processo vanno individuati due distinti e non confondibili oggetti del giudizio, l'uno (processuale) concernente la sussistenza o meno del dovere - potere del giudice di risolvere il merito della causa, e l'altro (sostanziale) relativo alla fondatezza o no della domanda.

Stante l'obbligo del giudice di accertare l'esistenza della propria giurisdizione prima di passare all' esame del merito o di altra questione ad essa successiva, può legittimamente presumersi che ogni statuizione al riguardo contenga implicitamente quella sull'antecedente logico da cui è condizionata, e cioè sull'esistenza della giurisdizione, in difetto della quale non avrebbe potuto essere adottata. Pertanto non si può affermare che, in mancanza di una specifica statuizione, la questione di giurisdizione (presente in ogni causa) non sia stata affrontata. Se il giudice ha deciso il merito, in forza del combinato disposto degli artt. 276, c. 2, e 37 c.p.c. (che impongono la verifica d'ufficio della potestas iudicandi) si deve ritenere che abbia già deciso in senso positivo la questione pregiudiziale della giurisdizione. In definitiva, secondo detto recente orientamento di queste S.U., che va qui condiviso e ribadito, la decisione sul merito implica la decisione sulla giurisdizione e, quindi, se le parti non impugnano la sentenza o la impugnano, ma non eccepiscono il difetto di giurisdizione, pongono in essere un comportamento incompatibile con la volontà di eccepire tale difetto e, quindi, si verifica il fenomeno dell'acquiescenza per incompatibilità con le conseguenti preclusioni sancite dagli artt. 329, c. 2 c.p.c. e dall'art. 324 c.p.c.

5.2.Nella fattispecie il tribunale aveva pronunziato nel merito, quanto alla domanda proposta dall'Istituto nei confronti del Nizzi. Sulla statuizione implicita relativa alla giurisdizione del giudice ordinario per tale rapporto, nessuno ha proposto impugnazione, per cui sul punto si è formato il giudicato implicito.

6 .Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112-277- 342-346-352-359 c.p.c., in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. ed il vizio motivazionale su fatto controverso, a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto : "Se la corte di appello deve pronunziare su tutte le domande formulate dall'appellante nelle conclusioni dell'atto di appello, riproposte in udienza ex art. 352 c.p.c. , trascritte in sentenza."

7.1. Il motivo è inammissibile poiché il quesito di diritto sopra esposto non è conforme ai requisiti di cui all'art. 366 bis c.p.c..

Infatti il quesito di diritto con il quale deve concludersi a pena di inammissibilità ciascuno dei motivi con i quali il ricorrente denunzia alla Corte un vizio riconducibile ad una o più fattispecie regolate nei primi quattro numeri dell'art. 360, comma primo, cod. proc. civ. deve essere risolutivo del punto

della controversia e non può definirsi nella richiesta di declaratoria di un'astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (Cass. 03/08/2007, n. 17108).La formulazione del quesito prevista dall1 art. 366-bis cod. proc. civ. postula l'enunciazione, ad opera del ricorrente, di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato e perciò tale da implicare un ribaltamento della decisione adottata dal giudice "a quo". Non è pertanto ammissibile un motivo di ricorso che si concluda con l'esposizione di un quesito meramente ripetitivo del contenuto della norma applicata dal giudice del merito (Cass. 22.6.2007, n. 14682).

7.2. Nella fattispecie il quesito è privo di ogni attinenza alla fattispecie concreta, non indicando quali siano le domande su cui il giudice di appello non si sarebbe pronunziato.

7.3. Quanto all'assunto vizio motivazionale, poiché esso consiste secondo il ricorrente "nella contraddittorietà della motivazione della corte di appello nell'omettere ogni statuizione sul merito di tale parte di appello pur riconosciuto dalla corte di appello espressamente proposto" va osservato che esso non integra un vizio motivazionale di cui all'art. 360 n. 5, e cioè relativo alla ricostruzione dei fatti, ma un pretesa contraddittoria motivazione giuridica, che, quindi, va sussunta nel vizio di cui all'art. 360 n. 3 c.p.c. (relativamente al quale manca il quesito di diritto, come sopra detto).

Infatti il vizio di motivazione riconducibile all'ipotesi di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 può concernere esclusivamente l'accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia, non anche l'interpretazione o l'applicazione di norme giuridiche; in questo secondo caso, che invece ricade nella previsione dell'art. 360 c.p.c, n. 3 il vizio di motivazione in diritto non può avere rilievo di per sé, in quanto esso, se il giudice del merito ha deciso correttamente le questioni di diritto sottoposte al suo esame, supportando la sua decisione con argomentazioni inadeguate, illogiche o contraddittorie, o senza dare alcuna motivazione, può dar luogo alla correzione della motivazione da parte della Corte di Cassazione (Cass. 06/08/2003, n.11883).

8 - Con il quarto motivo di ricorso il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5-99-100-112-342-343-345- c.p.c e degli artt. 1260, 1264, 1269, 1271 ce in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso a norma dell'art. 360 n. 5 c.p.c.

Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto: "Se la decisione sull'appello incidentale proposto da un appellato deve essere circoscritta nei limiti oggettivi e soggettivi dell'appello incidentale, senza che sia consentito estendere d'ufficio le eccezioni nei confronti dei soggetti cui non sono dirette".

9. Il motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito di diritto proposto, sulla base dei principi sopra esposti. In particolare non risulta da esso alcun riferimento alla fattispecie concreta né quale fosse 1'esatta regola iuris da applicare in luogo di quella applicata erratamente dal giudice di merito.

Quanto al preteso vizio motivazionale, anche in questo caso esso si risolve non in un vizio attinente alla ricostruzione fattuale, e come tale rientrante nel paradigma di cui ali'art. 360 n. 5 c.p.c, ma alla motivazione giuridica. Infatti il ricorrente lamenta la motivazione contraddittoria per aver la corte di appello prima ritenuto che l'appello incidentale del Nizzi concernesse la pretesa di porre a carico dell'Ausi le prestazioni e poi accolto lo stesso con parziale riduzione del quantum, pur affermando che le domande contro la Aus 1 erano precluse dalla carenza di giurisdizione.

10.In definitiva va accolto il primo motivo di ricorso e dichiarati inammissibili i restanti. Va cassata, in relazione al motivo accolto, l'impugnata sentenza ed affermata la giurisdizione del giudice ordinario anche relativamente alla domanda proposta dall'attore nei confronti della AUSL 3 "Genovese". Va rinviata la causa , anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della corte di appello di Genova.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibili i restanti. Cassa, in relazione al motivo accolto, l'impugnata sentenza e dichiara la giurisdizione del giudice ordinario anche relativamente alla domanda proposta dall'attore nei confronti della AUSL 3 "Genovese". Rinvia la causa , anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della corte di appello di Genova.

Così deciso in Roma, lì 26 maggio 2009.

Il cons. est.

Il Presidente

Depositata in Cancelleria in data 1 luglio 2009.

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