mercoledì 18 marzo 2009

T.A.R. Lombardia, Milano, III, 19 novembre 2008, n. 5442

N. 5442/08 Reg. Sent.
N. 1955/2000 Reg. Ric.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione III)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso R.G. n. 1955/2000, proposto dalla P.M.C. S.r.l., in persona del legale rappresentante, dott. Alessandro Porta, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziano Ugoccioni e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Milano, via Boccaccio 19
contro
il Comune di Cantù, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Massimo Bottinelli ed Armando Cimolino e con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Milano, via Monte Nero 78
nonché contro
Corporate Trade Service S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. Elio Nicolosi, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Zamponi, Maria Antonia Poggi e Filippo Carimati e con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Milano, via Beccaria 5
per l’annullamento, previa sospensione,
-della determinazione, a firma della Dirigente dell’Area Servizi alla Persona del Comune di Cantù, n. 37 del 6 marzo 2000, avente ad oggetto l’aggiudicazione di gara a trattativa privata per l’acquisto del software applicativo per il Settore Servizi Sociali e per la gestione di attività legate al Progetto "Pegaso", finanziato con fondi regionali ex l. n. 285/1997;
- di tutti gli atti di gara inerenti l’aggiudicazione della predetta fornitura, ed in particolare dei verbali posti in essere dalla relativa Commissione il 21 dicembre 1999 ed il 16 febbraio 2000, nonché della relazione tecnica del Responsabile del C.E.D. del Comune di Cantù datata 9 marzo 2000;
- della determinazione dirigenziale n. 2702 del 17 febbraio 1999, con cui è stata indetta la predetta trattativa privata previa gara ufficiosa, nonché della successiva recante la lex specialis della gara medesima;
- dell’eventuale norma regolamentare interna al Comune di Cantù che riconosce al medesimo Dirigente di Settore, ovvero ad un medesimo funzionario, di indire le procedure concorsuali per l’affidamento delle forniture/servizi, di partecipare, quale Presidente e/o membro di Commissione, allo svolgimento delle stesse, di disporre l’approvazione delle procedure concorsuali in questione, valutandone la legittimità e l’osservanza delle regole stabilite dalla lex specialis;
-di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente
e per la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento del danno, ex art. 35 del d.lgs. n. 80/1998
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTA la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati, presentata in via incidentale dalla società ricorrente;
VISTI gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cantù e della Corporate Trade Service S.r.l.;
VISTA l’ordinanza n. 1732/2000 del 26 maggio 2000, con cui è stata respinta la domanda incidentale di sospensione;
VISTE le memorie ed i documenti prodotti dalle parti;
VISTI tutti gli atti di causa;
NOMINATO relatore, alla pubblica udienza del 22 maggio 2008, il Referendario dr. Pietro De Berardinis ed udito lo stesso;
UDITO, altresì, i procuratori presenti delle parti costituite, come da verbale;
RITENUTO in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La società ricorrente, P.M.C. S.r.l., espone di essere titolare di un software, denominato "SW SERVIZI SOCIALI 2000", concernente la gestione integrata, in ambiente windows, del sistema informativo comunale per il Settore dei Servizi socio-assistenziali.
Detto software, creato ed elaborato nel 1989, soggetto a brevetto ed alla tutela di cui alla l. n. 633/1941, sarebbe un programma unico nel suo genere, premiato nel 1994 dalla Federservizi Associazione Italiana Informatica Medica.
Nel corso del 1999 il Comune di Cantù ha:
- dapprima chiesto informazioni sul sistema ora menzionato;
- poi, partecipato, con la Dirigente dell’Area Servizi Sociali, alla dimostrazione del suddetto software tenutasi in occasione della SMAU 1999 (manifestazione fieristica del settore), acquisendo in tale occasione un’offerta di vendita del citato software per complessive £. 16.000.000 esclusa I.V.A.;
- quindi, dopo altri contatti e dopo che l’offerta era stata riconfermata ed erano state rese ulteriori dimostrazioni del software, inviato una lettera all’esponente di invito a partecipare alla trattativa privata "per l’acquisto di software applicativo per il settore servizi sociali". A siffatta lettera di invito era allegato un capitolato speciale di appalto, ma, a detta della società ricorrente, il Comune non avrebbe mai specificato che la gara riguardava, oltre che la fornitura del citato software applicativo, anche l’affidamento della gestione delle attività legate al "Progetto Pegaso", finanziato con fondi regionali ex l. n. 285/1997.
L’esponente lamenta che il capitolato d’appalto risultava formulato con palese riferimento al contenuto del software di cui più volte l’esponente stessa aveva fornito dimostrazione al Comune, come dimostrerebbe anche l’importo posto a base d’asta (pari proprio a £. 16.000.000 esclusa I.V.A.). L’indizione della gara sarebbe stata già di per sé, quindi, illegittima, per violazione della par condicio e della segretezza delle offerte, essendo, per quanto detto, la stazione appaltante a conoscenza da tempo del contenuto dell’offerta economica e della qualità della progettazione dell’odierna ricorrente.
Nondimeno, la P.M.C. S.r.l formulava un’offerta, diffidando l’Amministrazione dall’esaminare le offerte di altri prodotti redatti in violazione del brevetto di essa offerente e della l. n. 633/1941. Ciò, in quanto vi era il sospetto che circolasse un prodotto frutto di plagio operato sul software della P.M.C. stessa.
Con nota pervenuta alla società esponente il 31 marzo 2000 (anticipata via fax il giorno prima), il Comune di Cantù trasmetteva gli atti della Commissione di gara (verbali del 21 dicembre 1999 e del 16 febbraio 2000), la relazione, redatta dal membro della Commissione responsabile del C.E.D. del Comune, concernente la valutazione della parte tecnica delle offerte, e la determinazione dirigenziale n. 37 del 6 marzo 2000, recante l’aggiudicazione della fornitura alla ditta Corporate Trade Service S.r.l. di Milano.
Da tale documentazione sono emersi svariati profili che, a detta dell’esponente, dimostrerebbero un’illegittima lesione dei suoi interessi riconducibile all’operato dell’Amministrazione.
Tra i vari aspetti, l’esponente sottolinea in particolare che il 16 febbraio 2000 la Commissione ha proceduto alla valutazione della parte tecnica delle offerte, a tal fine rinviando alla relazione redatta dal responsabile del C.E.D.: questa, tuttavia, risulta datata e sottoscritta in data 9 marzo 2000, e sarebbe, pertanto, posteriore allo stesso provvedimento di aggiudicazione. La Commissione avrebbe, dunque, espresso il punteggio sulla parte tecnica riferendosi ad un parere a quel momento inesistente
Avverso gli atti di gara, nonché il conseguente provvedimento di aggiudicazione, è quindi insorta la P.M.C. S.r.l., impugnandoli con il ricorso indicato in epigrafe e chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione.
A supporto del gravame ha dedotto le censure di:
- violazione del corretto procedimento di gara, nonché del principio generale di segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti ed eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e diritto e sviamento, in quanto la P.A. dapprima si sarebbe attivata per conoscere tutti gli aspetti tecnico/applicativi del software proposto dalla ricorrente, nonché il suo prezzo, e poi l’avrebbe invitata a presentare un’offerta nell’ambito di una gara, come se all’Ente locale non fosse già noto il contenuto di detta offerta;
- violazione della l. n. 142/1990 e delle norme generali che regolano i contratti della P.A., nonché violazione del corretto procedimento di approvazione degli atti di gara e dei principi generali di controllo e trasparenza delle determinazioni inerenti i contratti della P.A., giacché una medesima dipendente del Comune (la Dirigente di Area) ha indetto la gara, ha partecipato al suo svolgimento in veste di Presidente della Commissione ed ha approvato l’intero procedimento di gara, disponendo poi la formale aggiudicazione dell’appalto;
- violazione, travisamento, falsa applicazione dell’art. 56 della l. n. 142/1990 nel testo di cui all’art. 14 della l. n. 265/1999 ed eccesso di potere per incompetenza, perché competente all’adozione del provvedimento di aggiudicazione sarebbe la Giunta Comunale e non già la Dirigente, essendo riservato all’Autorità politica il controllo del rispetto delle regole procedurali che governano la gara;
- violazione, travisamento ed omessa applicazione dell’art. 41 del R.D. n. 827 del 1924, nonché del d.P.R. n. 573/1994 e dell’art. 9 del D.lgs. n. 358/1992 ed eccesso di potere per violazione del corretto procedimento, per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per carenza assoluta di istruttoria e per violazione dei diritti di privativa e tutela esistenti sul software della ricorrente, in quanto, ai sensi della vigente normativa nazionale e comunitaria, poiché il software chiesto dal Comune sarebbe stato protetto da un diritto di esclusiva, il predetto Comune avrebbe dovuto procedere ad acquistarlo direttamente dalla ricorrente a trattativa privata;
- violazione del corretto procedimento di gara, eccesso di potere per aver la P.A. affidato alla controinteressata anche la gestione delle attività legate al "Progetto Pegaso" finanziato con fondi regionali ex l. n. 285/1997, senza avere però svolto al riguardo alcuna gara ufficiosa, e per avere dato atto, nella determinazione di aggiudicazione, che tale gara è stata invece svolta; eccesso di potere per avere la Commissione proceduto alla valutazione della "parte tecnica" dell’offerta della ricorrente in assenza di una relazione tecnica; eccesso, sviamento ed abuso di potere per avere la Commissione proceduto alla valutazione della "parte tecnica" dell’offerta presentata dalla ricorrente sulla base di una relazione redatta in un momento successivo sia all’attribuzione del punteggio, sia alla determinazione di aggiudicazione; eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione in ordine all’attribuzione del punteggio per il parametro della qualità della progettazione; violazione del principio di collegialità decisionale della Commissione.
La società ricorrente ha presentato, inoltre, domanda di risarcimento del danno conseguente all’eventuale mancata esecuzione della fornitura oggetto della gara, individuato in via minimale nel mancato utile della fornitura ineseguita.
Sul punto, nella memoria finale ha provveduto a quantificare il danno risarcibile, sotto il profilo del lucro cessante patito per la mancata esecuzione dell’appalto, nella misura del 10% del valore aggiudicato e pertanto in € 1.500,00, oltre alla rivalutazione monetaria – da calcolarsi fino al deposito della sentenza – ed agli interessi fino al saldo, ovvero sotto il profilo della perdita di chances patita da essa ricorrente, nella misura del 10% dell’offerta aggiudicata, ridotto della metà in ragione del numero dei partecipanti alla gara (due).
Si è costituito in giudizio il Comune di Cantù, depositando una memoria con cui ha chiesto la reiezione del ricorso, inclusa la domanda di risarcimento del danno, previa reiezione, altresì, dell’istanza cautelare, per carenza di fumus boni juris e di periculum in mora.
Si è costituita in giudizio, inoltre, la Corporate Trade Service S.r.l., depositando memoria nella quale, dopo aver contestato le asserzioni della ricorrente, in specie il fatto che il software di quest’ultima fosse coperto da brevetto, ha concluso per il rigetto del ricorso e dell’unita istanza cautelare.
Nella Camera di Consiglio del 26 maggio 2000 il Collegio, considerata ad un primo esame l’insussistenza degli asseriti vizi della procedura di aggiudicazione e demandato al merito l’esame delle doglianze circa l’errata valutazione tecnica dei programmi, con ordinanza n. 1732/2000 ha respinto la domanda incidentale di sospensione.
In prossimità dell’udienza di merito la ricorrente ed il Comune hanno presentato memorie e documenti.
All’udienza pubblica del 22 maggio 2008 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La società ricorrente impugna gli esiti della gara ufficiosa tramite cui il Comune di Cantù ha aggiudicato alla controinteressata Corporate Trade Service S.r.l. la fornitura del software applicativo per il Settore Servizi Sociali e la gestione delle attività legate al "Progetto Pegaso" finanziato con fondi regionali, ai sensi della l. n. 285/1997.
Con il primo motivo di ricorso lamenta la violazione del principio di segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti, in quanto il Comune di Cantù, che a seguito di trattative intercorse aveva già avuto modo di conoscere – in una epoca precedente all’indizione della gara – contenuto e caratteristiche tecniche ed economiche del software e, pertanto, dell’offerta della ricorrente, avrebbe poi strutturato la lex specialis facendo chiaro riferimento al contenuto di tale offerta (tanto che anche il prezzo a base d’asta coincide con l’importo indicato in sede di trattative dalla società).
In tal modo la procedura concorsuale indetta dalla P.A. non avrebbe rispettato il requisito della segretezza, giacché tanto il Comune, quanto gli altri concorrenti, sarebbero stati pienamente (ed anticipatamente) a conoscenza del contenuto della offerta che la ricorrente avrebbe (ri)proposto. Sarebbe stata così violata, altresì, la par condicio con gli altri eventuali concorrenti, poiché questi ultimi sarebbero stati posti in grado – dal contenuto del capitolato speciale – di conoscere l’offerta avversaria, già precedentemente resa pubblica al Comune.
Nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, la P.M.C. S.r.l. osserva, inoltre, che il principio della segretezza delle offerte sarebbe stato violato anche sotto un altro profilo. In particolare, sarebbe stata violata la regola per cui, negli appalti giudicati secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il prezzo offerto deve restare segreto al momento della valutazione delle offerte tecniche, onde impedire che detta valutazione possa essere calibrata in funzione del prezzo offerto dall’una o dall’altra concorrente. Nel caso in esame, invece, il prezzo offerto dalla ricorrente sarebbe stato già noto in anticipo, quantomeno al Comune.
Da ultimo – e sempre nella memoria finale – la società osserva che il Comune di Cantù avrebbe violato la regola, in base alla quale si deve procedere alla previa e completa valutazione delle offerte tecniche presentate dai concorrenti ben prima di valutarne le offerte economiche.
Al riguardo, vanno preliminarmente scrutinate le eccezioni di inammissibilità del motivo, formulate dalle difese del Comune resistente e della controinteressata sul rilievo dell’intervenuta acquiescenza della ricorrente: acquiescenza che sarebbe desumibile dall’avere la ricorrente stessa partecipato senza riserve alla trattativa privata (con gara ufficiosa).
Le eccezioni non possono essere condivise.
In proposito, il Collegio rammenta che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, risultano inammissibili, per intervenuta acquiescenza, le censure proposte con il ricorso giurisdizionale da un partecipante ad una gara a trattativa privata, nel caso in cui il ricorrente, da un lato, abbia posto a base di tali censure la contestazione dell’utilizzo di un siffatto strumento di selezione del contraente, per difetto di condizioni legittimanti la scelta del tipo di gara, e, dall’altro, lo stesso partecipante dichiari di avere presentato domanda di partecipazione alla gara in questione, evidenziando, chiaramente ed univocamente, la volontà di accettare la tipologia di gara prescelta dall’Amministrazione procedente (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 9 ottobre 2003, n. 6072).
Orbene, nel caso di specie, dal tenore della doglianza risulta chiaro che la società ricorrente non contesta affatto l’utilizzo della trattativa privata come strumento di scelta del contraente, né la mancanza delle condizioni legittimanti la scelta di tale metodo di selezione. Contesta, piuttosto, il comportamento complessivo del Comune, il quale, da un lato, avrebbe insistito per acquisire informazioni sul contenuto dell’offerta della società, e dall’altro lato, una volta acquisite le stesse, anziché procedere all’immediata stipula del contratto di fornitura con la società, avrebbe bandito una gara ufficiosa, indicando, quali caratteristiche tecniche ed economiche del prodotto da fornire, proprio quelle derivanti dalle informazioni assunte presso l’odierna ricorrente.
Poiché, quindi, ciò di cui la società si duole è il fatto che la lex specialis richiami i requisiti dell’offerta già resi noti in precedenza dalla società stessa al Comune, ad avviso del Collegio si tratta di censura che investe non la contestazione delle condizioni per procedere alla scelta del contraente tramite trattativa privata (con gara ufficiosa), ma la correttezza e la legittimità dell’iter procedurale seguito in concreto. Ne deriva l’ammissibilità della censura (cfr. C.d.S., Sez. V, 18 marzo 2004, n. 1424).
Nondimeno, la censura stessa è infondata
Ed invero, sotto un primo profilo la documentazione in atti non conferma affatto la tesi della P.M.C. S.r.l., secondo cui sarebbe stato il Comune di Cantù a cercare (con insistenza) di contattare la società, per acquisire notizie sulle caratteristiche del software da questa fornito, ingenerando in essa un affidamento nella stipula di un contratto di fornitura. I documenti depositati a tal riguardo dalla ricorrente sono tutti di provenienza della stessa e mostrano, casomai, un’iniziativa costante della società (del resto coerente con i suoi fini di lucro) di interessare il Comune all’acquisto del proprio prodotto.
In particolare, non risulta da nessuno dei documenti versati in atti che sia stato il Comune di Cantù a richiedere un’offerta preventiva alla P.M.C. S.r.l. (su cui poi modellare le caratteristiche del prodotto oggetto di gara) e ad insistere perché la società effettuasse varie dimostrazioni del funzionamento del software.
In ogni caso, la società certo conosceva le regole che governano le procedure di acquisto di beni, prodotti, servizi da parte della P.A. e perciò non poteva riporre alcun affidamento sul fatto che le eventuali trattative intercorse potessero bastare ad addivenire all’immediata stipulazione del contratto, senza nessuna procedura competitiva. In questo senso, anzi, la ricorrente si sarebbe dovuta aspettare che ai contatti con il Comune – siano state vere trattative o più plausibilmente, come si dirà, mere indagini esplorative di mercato – avrebbe fatto seguito una procedura selettiva e, sulla base di tale aspettativa, avrebbe dovuto vagliare attentamente le informazioni che era opportuno fornire.
Sotto altro aspetto, poi, il tipo di attività svolto in proposito dalla P.A. non pare esorbitare da un’indagine e/o ricerca di mercato, quale operazione che la P.A. stessa compie con funzioni esplorative, al fine di conoscere la disponibilità degli operatori a fornire proposte e/o soluzioni apprezzabili in relazione alle esigenze rappresentate dalla P.A. stessa. Invero, sarebbe insensato che l’Amministrazione, dopo aver effettuato indagini informali di mercato, non tenesse in nessun conto i risultati di queste al fine dell’elaborazione degli atti di gara. Appare, quindi, del tutto ragionevole che il Comune di Cantù abbia tenuto conto di quanto appreso in occasione della partecipazione dei propri dipendenti alla SMAU (che, com’è noto, è manifestazione fieristica del settore rivolta alla generalità degli operatori dell’informatica).
Infine, da nessun elemento si ricava che la controinteressata fosse consapevole che i termini tecnici ed economici dell’offerta indicati nella lettera di invito, in realtà, sarebbero stati i termini dell’offerta formulata in precedenza al Comune di Cantù dall’odierna ricorrente.
Anche per questo verso – quello della violazione del principio di par condicio competitorum – la censura dedotta risulta, perciò, infondata.
Quanto poi alle doglianze contenute nella memoria finale, ad avviso del Collegio queste, lungi dall’essere mere esplicitazioni delle censure iniziali, si presentano come vere e proprie censure nuove e sono, perciò, inammissibili.
Si ricorda, infatti, che, secondo la costante giurisprudenza, sono inammissibili le censure dedotte in una memoria non notificata alla controparte non solo allorché risultino completamente nuove e non ricollegabili alle osservazioni contenute nell’atto introduttivo, ma anche se si richiamino giuridicamente ad un motivo già dedotto nell’atto introduttivo, e tuttavia introducano, in realtà, elementi nuovi in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio (cfr., ex multis, T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 9 novembre 2003, n. 3447; C.d.S., Sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5385; id., 10 agosto 2004, n. 5513).
Passando all’esame del secondo motivo di ricorso, con esso si lamenta che una medesima dipendente del Comune di Cantù (la Dirigente dell’Area Servizi alla Persona) abbia indetto la gara, partecipato ad essa in qualità di Presidente della Commissione ed approvato gli atti dell’intero procedimento, disponendo, poi, la formale aggiudicazione dell’appalto.
In questo modo sarebbero stati violati i principi generali che governano l’attività contrattuale della P.A., i quali non consentono che coincidano in un medesimo funzionario i compiti di "controllato" e "controllore".
La doglianza è priva di fondamento.
La giurisprudenza ha, infatti, precisato più volte come l’art. 6, comma 2, della l. n. 127/1997, nel novellare l’art. 51 della l. n. 142/1990, abbia rimesso ai dirigenti "la responsabilità delle procedure d’appalto" (oltre alla presidenza delle relative Commissioni valutatrici) e la stipulazione dei contratti (nello stesso senso è ora l’art. 107, comma 3, lett. a), b) e c) del d.lgs. n. 267/2000). Orbene, se è rimessa ai dirigenti la responsabilità di tali procedure, ne segue che ai medesimi compete pure il correlativo potere di approvazione per quanto attiene alla verifica tecnica e di legittimità degli atti di gara, a questa riconnettendosi quel perfezionamento dell’iter procedimentale al quale solo può ricollegarsi la responsabilità piena del funzionario (C.d.S., Sez. V, 26 settembre 2002, n. 4938; id., 6 maggio 2002, n. 2408; id., 12 aprile 2001, n. 2293).
Ne discende che l’ordinamento non prevede alcuna incompatibilità a carico del funzionario che, in ragione dell’ufficio ricoperto, svolga le funzioni di Presidente della Commissione aggiudicatrice dell’appalto e sia successivamente competente ad approvare gli atti di gara (C.d.S., Sez. V, n. 4938/2002, cit.).
In termini del tutto analoghi va poi affrontato il terzo motivo di ricorso, con cui si deduce che l’atto di aggiudicazione sarebbe affetto da incompetenza, in quanto adottato dalla Dirigente dell’Area Servizi alla Persona, invece che dalla Giunta Comunale (alla quale la relativa competenza spetterebbe in ossequio all’esigenza di riservare al potere politico il controllo sull’osservanza delle regole procedurali che governano la gara).
Sul punto è infatti semplice obiettare che l’aggiudicazione di una gara pubblica è un atto di gestione. Come tale, secondo la ripartizione delle attribuzioni definita dal d.lgs. n. 267/2000, essa è riservata alla competenza del dirigente del settore e non degli organi elettivi o politici dell’Ente locale, ai quali ultimi viene riservata l’attività di indirizzo, che consiste nella fissazione delle linee generali da seguire, da parte della P.A., e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (C.d.S., Sez. V, 29 agosto 2006, n. 5047).
Se ne deduce l’infondatezza anche del terzo motivo di ricorso.
Venendo all’esame del successivo motivo di gravame, si osserva che con esso la ricorrente deduce la violazione dell’art. 41 del R.D. n. 827/1924 e del d.P.R. n. 573/1994 (che rinvia sul punto alla disciplina comunitaria, in particolare all’art. 9, comma 4, del d.lgs. n. 358/1992): disposizioni applicabili alla vicenda de qua, trattandosi di fornitura di valore inferiore alla soglia comunitaria.
In base a dette disposizioni, si procede ad affidamento diretto delle forniture che, per ragioni relative alla protezione dei diritti di esclusiva, possono essere offerte solo da un soggetto determinato.
Nel caso di specie, poiché il software richiesto dalla stazione appaltante sarebbe protetto da un diritto di esclusiva, nonché dalla legislazione sul brevetto e sulla tutela del diritto d’autore, il Comune avrebbe dovuto procedere alla stipulazione direttamente con la P.M.C. S.r.l., titolare del relativo brevetto.
La doglianza è inammissibile e, comunque, infondata.
Infatti, in primo luogo si rileva che con la censura ora in esame viene contestata la sussistenza delle condizioni legittimanti la scelta del metodo di selezione della trattativa privata tramite gara ufficiosa.
Sulla base della giurisprudenza più sopra citata, con riferimento al primo motivo di gravame, si deve, pertanto, ritenere che la partecipazione della ricorrente a tale gara ufficiosa abbia implicato la sua sostanziale acquiescenza al provvedimento di indizione della gara. Da detta acquiescenza discende, quindi, l’inammissibilità della censura avente ad oggetto la decisione di utilizzare il surriferito metodo di selezione del contraente, in luogo dell’affidamento diretto.
In ogni caso, la doglianza è infondata, sotto almeno due profili.
Ed invero, in primo luogo la ricorrente non ha fornito alcun riscontro probatorio all’affermazione dell’esistenza, a proprio favore, di un diritto di brevetto, né ha in alcun modo comprovato l’intenzione, manifestata nel ricorso, di attivare nelle opportune sedi giudiziarie la tutela del software.
Trattasi di un profilo dirimente, perché se è vero che nel processo amministrativo non si applica il principio generale, desumibile dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., secondo cui spetta a chi agisce in giudizio di provare i fatti posti a fondamento delle pretese avanzate e vige piuttosto la regola dell’onere del principio di prova (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 18 gennaio 2006, n. 324), è però altrettanto vero che nelle ipotesi, come quella qui in esame, in cui siano nella disponibilità della parte interessata gli elementi di prova atti a sostenerne la domanda giudiziale, il principio sull’onere della prova ex art. 2697 c.c. conserva integro il suo valore (C.d.S., Sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973; T.A.R. Lazio, n. 324/2006 cit.). In ogni caso, alla luce di quanto riportato, si deve concludere che la ricorrente non abbia fornito nemmeno un principio di prova (per es. depositando gli atti comprovanti l’azione in sede giudiziaria a tutela del diritto di brevetto, che aveva manifestato di voler proporre).
Sotto un altro aspetto, poi, si desume dagli atti di gara la diversità tra il prodotto della ricorrente e quello della controinteressata, tale da far escludere che vi siano state violazioni dell’(indimostrato) diritto di privativa. In particolare, la relazione tecnica del Responsabile del C.E.D., come si vedrà più oltre, ha messo in risalto proprio le differenze tra i due prodotti. Anche per questo verso, dunque, emerge l’infondatezza della suesposta doglianza.
Venendo, infine, all’esame del quinto ed ultimo motivo di gravame, con esso la ricorrente enuncia una nutrita serie di doglianze avverso il procedimento di gara. In particolare:
a) la determinazione di aggiudicazione avrebbe illegittimamente e falsamente dato atto dell’estensione dell’oggetto della gara alla gestione di attività legate al cd. Progetto Pegaso, laddove invece detta estensione non sarebbe ricavabile dalla lettera di invito, né dal capitolato speciale, dai verbali di gara o dalla relazione tecnica, sicché, a ben guardare, l’affidamento sarebbe per questa parte avvenuto addirittura senza gara;
b) la Commissione non avrebbe spiegato le ragioni dell’attribuzione, in relazione al parametro della qualità della progettazione, di solo 50 punti alla ricorrente medesima, a fronte dei 53 assegnati alla controinteressata;
c) la relazione tecnica, recando la data del 9 marzo 2000, sarebbe posteriore sia alla fase dell’attribuzione, ad opera della Commissione, dei punteggi per la parte tecnica dell’offerta (avvenuta in data 16 febbraio 2000), sia addirittura alla stessa determinazione di aggiudicazione, risalente al 6 marzo 2000;
d) la predetta relazione tecnica sarebbe comunque del tutto inidonea a supportare un adeguato giudizio inerente alla parte tecnica del software proposto, in quanto si tratterebbe di atto generico, assai carente e pieno di errori sul piano tecnico e terminologico (errori analiticamente individuati nel par. 6 della parte in fatto del ricorso);
e) infine, il giudizio tecnico della Commissione sarebbe incompleto, perché, pur facendone parte due membri in qualità di "esperti", detto giudizio è stato affidato ad uno solo di essi (il Responsabile del C.E.D. del Comune, autore per l’appunto della relazione tecnica contestata).
Nessuna delle suesposte doglianze, in cui è articolato il quinto motivo di ricorso, può essere condivisa.
Quanto al punto a), si sottolinea che la determinazione di aggiudicazione indica ad oggetto dell’aggiudicazione stessa l’acquisto del software applicativo per il Settore Servizi Sociali "anche per gestire le attività legate al Progetto "Pegaso" finanziato con fondi regionali ex legge (sic) n. 285/1997".
Tale formulazione conferma l’assunto della difesa comunale, per il quale nella fattispecie di cui si discute l’Amministrazione ha provveduto ad aggiudicare alla Corporate Trade Service S.r.l. la fornitura del software applicativo per il Settore Servizi Sociali, limitandosi a rimarcare che detto software consente di gestire, tra l’altro, le attività sociali del "Progetto Pegaso".
L’utilizzo, nel provvedimento di aggiudicazione, del termine "anche" consente, pertanto, di ritenere che – contrariamente all’assunto della ricorrente – oggetto della gara è stato sempre e solo la fornitura del software applicativo per il Settore Servizi Sociali: software che ha, tra le sue caratteristiche, quella di poter essere utilizzato per le attività sociali del progetto in parola.
In altri termini, le attività del Progetto Pegaso si debbono ritenere ricomprese tra quelle per le quali è utilizzabile il software oggetto della gara, atteso che, come rammenta la determinazione a contrattare n. 155/ss.ss. in data 14 dicembre 1999 (richiamata nell’elenco delle ditte ammesse alla gara: v. doc. 8 del Comune), gli Uffici del Settore Servizi Sociali avevano proprio la necessità di dotarsi "di un software applicativo specifico per il settore sociale, particolarmente adatto a gestire le attività in attuazione del Progetto Pegaso…".
Quanto al punto b), esso deve essere esaminato unitamente ai punti c) e d), attesa la stretta interdipendenza che lega le doglianze descritte in tali punti.
Al riguardo deve premettersi che il sindacato giurisdizionale esperibile in ordine agli apprezzamenti tecnico-discrezionali effettuati dalla Commissione di gara in sede di valutazione comparativa delle offerte, non può che limitarsi alla verifica della sussistenza o meno di indici sintomatici di non corretto esercizio del potere discrezionale, sub specie di difetto di motivazione, illogicità manifesta, erroneità dei presupposti di fatto, incoerenza della procedura valutativa e dei relativi esiti (C.d.S., Sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6566).
Orbene, con riguardo alla doglianza riportata sopra sub b), e cioè il non avere la P.A. esplicitato le ragioni per cui ha assegnato, per la parte tecnica delle offerte, un punteggio alla controinteressata (53 punti) maggiore di quello attribuito alla P.M.C. S.r.l. (50 punti), si deve osservare che trattasi di doglianza palesemente infondata, visto che in realtà la Commissione, in punto di valutazione tecnica, ha rinviato alla relazione del Responsabile del C.E.D., assolvendo, quindi, all’onere di giustificare le proprie scelte, tramite motivazione per relationem.
In altre parole, nel caso di specie, la scelta della Commissione nella valutazione tecnica delle offerte appare esente da tutti quegli indici sintomatici di esercizio non corretto del potere che si sono poc’anzi riportati.
In particolare, non sussiste – contrariamente all’assunto della ricorrente – nessun difetto di motivazione, poiché la ragione dei diversi punteggi assegnati alla parte tecnica delle due offerte (quella della ricorrente e quella della controinteressata) si coglie nell’essersi la Commissione richiamata (ed adeguata) alla valutazione espressa dal Responsabile del C.E.D. nella sua relazione. Per l’effetto, vi è totale coerenza tra la procedura valutativa seguita ed i relativi esiti.
Quanto al punto c), in disparte la documentazione da ultimo prodotta dalla difesa comunale, appare chiaro che, nel caso di specie, il fatto che la relazione tecnica del Responsabile del C.E.D. porti la data del 9 marzo 2000 è il frutto di un mero errore materiale, che non inficia in alcun modo il giudizio della Commissione (la quale, ad avviso della ricorrente, avrebbe in tal maniera tenuto conto di un parere al momento inesistente e redatto solo a posteriori).
A supporto della tesi dell’errore materiale – tale da far concludere che l’effettiva data della relazione sia il 9 febbraio e non il 9 marzo 2000 – depongono, infatti, i due elementi che di seguito si espongono.
1) Anzitutto, la circostanza che la data indicata nella relazione sia il "09.03.00": ciò rende molto verosimile la sussistenza di un’errore di battitura ("09.03.00", invece di "09.02.00"); in effetti, la tesi dell’errore materiale sarebbe stata molto meno credibile qualora la data fosse stata indicata come "9 marzo 2000", anziché "9 febbraio 2000".
2) In secondo luogo, proprio il fatto che il verbale della Commissione datato 16 febbraio 2000 richiami come allegato "A" e parte integrante delle determinazioni assunte dalla Commissione in sede di assegnazione dei punteggi per gli aspetti tecnici delle offerte, la relazione del Responsabile del C.E.D., sta a dimostrare, al contrario delle asserzioni della ricorrente, che a tale data – il 16 febbraio 2000 – la relazione stessa esisteva. Anche per questa via, quindi, acquista credibilità la tesi dell’errore materiale e della considerazione del 9 febbraio 2000 quale data effettiva della predetta relazione. La contraria opinione dovendo, a questo punto, essere surrogata dall’impugnativa per falso del succitato verbale del 16 febbraio 2000: impugnativa che però non risulta proposta dalla ricorrente.
In merito al punto d) sopra riassunto – presenza nella relazione del Responsabile del C.E.D. di numerosi errori tecnici e terminologici, che ne infirmerebbero la validità e l’attendibilità – osserva il Collegio che la citata relazione si presenta chiara, esauriente e ben motivata, mettendo essa in evidenza, al di là di possibili improprietà terminologiche – non tali, però, da renderla inattendibile – le ragioni che hanno condotto a preferire l’offerta della controinteressata.
Ciò risulta particolarmente da alcuni passaggi della relazione, e precisamente da quello in cui sono sottolineati i punti deboli del software applicativo proposto dall’odierna ricorrente (ridotto utilizzo del programma, sua debolezza in termini di sicurezza, mancata attivazione di alcune funzioni richieste dal capitolato, ecc.) e dal periodo finale in cui i due prodotti vengono messi a confronto. A seguito di tale confronto, viene infatti evidenziato che il software della controinteressata – a propria volta non privo di punti deboli, puntualmente indicati dalla relazione, il che rafforza l’attendibilità di questa – è prodotto decisamente superiore all’altro dal punto di vista dell’analisi e della funzionalità, "in quanto meglio progettato e sviluppato in modalità più organica e precisa". Inoltre, esso permette di sicuro "una rappresentazione grafica più omogenea, sicura e controllata ed agevola l’utente nell’utilizzo" (profilo, quest’ultimo, di particolare rilevanza).
Nei limiti in cui può ammettersi il sindacato giurisdizionale di detta valutazione, essa risulta del tutto immune da quei profili – incoerenza, illogicità, ecc. – che si sono più sopra citati quali indici sintomatici del non corretto esercizio del potere di valutazione tecnico-discrezionale.
Né va sottovalutato quanto acutamente osserva la difesa della controinteressata, secondo cui, in materia di prodotti informatici, l’anzianità del prodotto, in specie se si tratta di un software, è un difetto e non un pregio, atteso che è di comune esperienza la crescente velocità dei processi, attraverso i quali i suddetti prodotti divengono tecnologicamente obsoleti.
Sotto questo profilo, allora, le stesse affermazioni della ricorrente, in particolare quella secondo cui il software da essa offerto sarebbe stato elaborato nel 1989 e quindi ben 11 anni prima dell’epoca a cui risalgono i fatti di causa, integrano una vera e propria dichiarazione confessoria dell’inadeguatezza ed obsolescenza del prodotto stesso: ciò che costituisce ulteriore indizio della validità ed attendibilità della relazione contestata.
Quanto, infine, al punto e), riguardante l’effettuazione della valutazione tecnica da parte di uno solo dei due membri della Commissione designati quali "esperti", appare sufficiente rilevare in contrario che, poiché l’intera Commissione di gara ha richiamato e fatto propria, nel verbale del 16 febbraio 2000, la relazione del Responsabile del C.E.D., ne deriva che detta relazione è stata condivisa, proprio nel suo contenuto tecnico, anche dall’altro "esperto" della Commissione (oltre che dai restanti componenti di questa).
Debbono, infine, essere dichiarate inammissibili, quali censure nuove, sollevate per la prima volta nella memoria finale, le doglianze concernenti:
- l’essere il Responsabile del C.E.D. del Comune un imprenditore del settore;
- il non avere il Presidente della Commissione contribuito in alcuna maniera alla valutazione delle offerte;
- il fatto che il collegio avrebbe dovuto essere costituito da un numero dispari di componenti, ciò che nella fattispecie non sarebbe avvenuto.
In definitiva, il ricorso è nel suo complesso infondato e, come tale, va respinto.
Va poi dichiarata inammissibile la domanda di risarcimento dei danni formulata dalla ricorrente, essendo l’azione risarcitoria ammissibile soltanto purché venga coltivato con successo il giudizio di annullamento del provvedimento illegittimo, impugnato tempestivamente (C.d.S., A.P., 26 marzo 2003, n. 4).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, III^ Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo respinge.
Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento dei danni.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese ed onorari di causa, che liquida, in favore delle parti resistenti, in misura forfettaria in complessivi € 5.000,00 (€ cinquemila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano, dal T.A.R. per la Lombardia, Sezione III^, nella Camera di Consiglio del 22 maggio 2008, con l’intervento dei signori magistrati:
Domenico Giordano Presidente
Pietro De Berardinis Ref., estensore
Raffaello Gisondi Referendario
Depositata in Segreteria in data 19 novembre 2008.

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