giovedì 26 febbraio 2009

Consiglio di Stato, V, 17 febbraio 2009 n. 869

N. 864/09 REG.DEC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)


ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9398/00 Reg. Gen., proposto dal signor Silverio MAZZELLA, rappresentato e difeso dall’Avv. Adriano Casellato ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, viale Regina Margherita n. 290;
CONTRO
il Comune di Formia, in persona del Sindaco in carica, in atto rappresentato e difeso dall’Avv. Giampiero Amorelli ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, via dei Mille n. 41/A;
per la riforma
della sentenza 19 aprile 2000 n. 210 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza collegiale 13 maggio - 20 agosto 2008 n. 3975, con la quale il giudizio è stato dichiarato interrotto per decesso del difensore dell’Ente appellato;
Visto l’atto di riassunzione dell’appellante;
Visti gli atti di costituzione con nuovo difensore e comparsa di risposta del Comune di Formia;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 7 novembre 2008, relatore il consigliere Angelica Dell’Utri Costagliola, uditi per le parti gli Avv.ti Casellato e Pafundi, quest’ultimo per delega dell’Avv. Amorelli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con atto di appello notificato il 27 settembre - 4 ottobre 2000 e depositato il 25 seguente il signor Silverio Mazzella ha esposto che con decisione 7 settembre 1989 n. 531 del Consiglio di Stato, sezione V, confermativa della sentenza 15 aprile 1988 n. 250 del TAR Lazio, sezione di Latina, era stata accertata la sussistenza di rapporto di pubblico impiego dal 21 giugno 1969 tra lo stesso Signor Mazzella, messo di conciliazione, ed il Comune di Formia; quanto alle pretese patrimoniali, era stata dichiarata la prescrizione di quelle dal 1969 al 1972 e l’inammissibilità di quelle fino al 30 giugno 1978, mentre per il periodo successivo il detto Comune era stato condannato al pagamento delle differenze retributive, interessi e rivalutazione monetaria. Con successiva decisione 23 luglio 1994 n. 808 della medesima Sezione V è stato ritenuto che l’obbligo nascente dal giudicato comportasse l’attribuzione dell’anzianità giuridica dal 21 giugno 1969. Pur essendo stata accertata con sentenza passata in giudicato la sussistenza di rapporto di lavoro subordinato con il Comune di Formia e pur avendo detto Comune utilizzato l’attività dell’appellante con continuità ed esclusività, nel periodo da tale data (decorrenza giuridica) al 20 settembre 1978 (decorrenza economica) egli non ha percepito il trattamento economico corrispondente a quello di messo comunale, bensì somme inferiori in base a contratti annuali. Ha perciò proposto davanti al TAR Lazio, sezione di Latina, azione di arricchimento senza giusta causa, chiedendo che l’Ente fosse condannato al pagamento, a titolo di indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c., delle differenze retributive al lordo dei contributi previdenziali, aumentate per rivalutazione monetaria ed interessi legali. Il TAR ha però respinto tale ricorso con sentenza 19 aprile 2000 n. 210, gravata in questa sede.

A sostengo dell’appello ha dedotto:

1.- Il TAR ha ritenuto che l’azione non sarebbe esperibile per la stessa pretesa dichiarata prescritta e inammissibile, aggiungendo che in ogni caso mancherebbe la prova della diminuzione patrimoniale.

2.- In tal modo il TAR non ha tenuto presente la diversità tra le due azioni e, nel contempo, che la prova della diminuzione patrimoniale è stata fornita con l’espresso riferimento allo stipendio che il ricorrente ha percepito per le stesse funzioni nell’ambito dello stesso rapporto d’impiego nel periodo non prescritto.

3.- La sentenza è ingiusta ed erronea anche per la condanna del ricorrente alle spese di giudizio.

Il Comune di Formia si è costituito in giudizio ed ha chiesto la reiezione dell’appello perché inammissibile, irricevibile ovvero infondato anche per lo spirare del termine di prescrizione di cui all’art. 2948, n. 4) c.c., o in subordine quello di cui all’art. 2946 c.c..

Fissata l’udienza del 13 maggio 2008, il domiciliatario del difensore costituito dell’Ente ha dichiarato il decesso del medesimo difensore; pertanto il processo è stato interrotto con ordinanza 13 maggio – 20 agosto 2008 n. 3975/08. Già con atto notificato il 26 giugno 2008 e depositato il 22 luglio seguente il signor Mazzella ha riassunto il giudizio.

In data 5 settembre 2008 il Comune di Formia si è costituito in giudizio con nuovo difensore e con memoria del successivo 22 ottobre 2008 ha svolto controdeduzioni ed ha riproposto le eccezioni di giudicato e di prescrizione implicitamente assorbite dal TAR.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione.
D I R I T T O
Com’è esposto nella narrativa che precede, la questione sottoposta all’esame della Sezione concerne differenze retributive, rivendicate dall’attuale appellante signor Silverio Mazzella mediante l’azione di arricchimento senza causa di cui all’art. 2041 cod. civ., aumentate per rivalutazione ed interessi e relative al periodo dal 21 giugno 1969 (decorrenza giuridica del rapporto di lavoro subordinato con il Comune di Formia quale messo comunale, la cui sussistenza è stata accertata con decisione 7 settembre 1989 n. 531 di questa Sezione) al 30 settembre 1978 (decorrenza economica del detto rapporto), durante il quale egli rappresenta di aver percepito non il trattamento economico corrispondente a quello di dipendente comunale non di ruolo di pari qualifica e funzioni, bensì somme inferiori a seguito di contratti annuali.

Lo stesso appellante espone che analoghe pretese patrimoniali, avanzate nell’ambito dell’azione diretta all’accertamento del rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze del Comune di Formia, sono state dichiarate in parte prescritte ed in parte inammissibili.

Il giudice di primo grado ha ritenuto l’esperita azione di arricchimento senza causa non proponibile, poiché esclusa dall’astratta possibilità di soddisfare le pretese in parola con azione specifica, in realtà infruttuosamente svolta, nonché infondata, mancando la prova di una effettiva diminuzione patrimoniale subìta.

In questa sede il signor Mazzella lamenta, in ordine al primo profilo, che il TAR abbia ignorato come per quel periodo gli sia stato comunque riconosciuto il titolo giuridico che gli darebbe oggi diritto non alla stessa azione (per recupero di stipendi arretrati), ma alla nuova e distinta azione sussidiaria ex art. 2041 cod. civ., avendo comunque la pubblica amministrazione utilizzato le proprie prestazioni senza corrispondergli la retribuzione dovuta al dipendente comunale con le stesse funzioni. E, in ordine al secondo profilo, di aver invece fornito la prova predetta mediante l’espresso riferimento al documentato stipendio che egli ha poi percepito per le stesse funzioni, nell’ambito dello stesso rapporto e con riguardo al periodo non prescritto.

L’appello è infondato poiché la pronuncia appellata merita piena conferma.

Ai sensi dell’art. 2042 cod. civ., l’azione di arricchimento senza causa prevista dall’articolo precedente ha "carattere sussidiario", ossia "non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito".

Come bene evidenziato dal TAR, la valutazione della possibilità di realizzare altrimenti la stessa pretesa deve operarsi in astratto, ossia nel senso che occorre verificare l’insussistenza di altri rimedi tipici, messi a disposizione dall’ordinamento, idonei a rimuovere il pregiudizio di che trattasi.

Nella specie non è dubbio che l’ordinamento offrisse al signor Mazzella un’azione tipica in tema di retribuzione di prestazioni lavorative rese in favore di un’amministrazione pubblica, tanto che egli ne ha fatto uso, sia pur con esito negativo, sicché la nuova azione era sicuramente inammissibile.

Oltretutto, la svolta domanda era da ritenersi in ogni caso infondata in relazione all’omessa dimostrazione di un impoverimento subito per effetto dell’arricchimento dell’altro soggetto, impoverimento che è altra cosa rispetto al mancato incremento patrimoniale (cfr. Cons. St., sez. V, 3 ottobre 2002 n. 5209, nonché sez. IV, 6 agosto 2005 n. 4171 e Sez. 5 dicembre 2006 n. 7118).

Non senza dire che l’azione in parola era comunque prescritta per l’inutile decorso di ben oltre un decennio, come a suo tempo eccepito dal resistente Comune di Formia e da esso ribadito in questa sede, tenuto conto che la domanda giudiziale idonea ad interrompere la prescrizione è soltanto quella con cui l’attore chiede la tutela giuridica del diritto della cui prescrizione si tratta, con la conseguenza che la domanda proposta per chiedere l’adempimento di un’obbligazione derivante dalla legge (qual è quella a suo tempo avanzata dal signor Mazzella per il riconoscimento del rapporto di impiego pubblico e delle rispettive differenze retributive), non vale ad interrompere la prescrizione dell’azione di indebito arricchimento successivamente esperita con riferimento alla medesima situazione di fatto (cfr. Cass., sez. III, 29 marzo 2005 n. 6570 e sez. un., 4 febbraio 1997 n. 1049).

L’appellante contesta la sentenza appellata anche quanto alla statuizione di condanna alle spese. Al riguardo si osserva che, com’è noto, nel giudizio di appello la sentenza del giudice di primo grado recante la condanna alle spese del giudizio è sindacabile solo quando le spese stesse siano state poste a carico di una parte non soccombente, oppure quando la relativa statuizione risulti manifestamente irrazionale, e non quando, come nella specie, la condanna sia stata disposta in base al criterio della soccombenza (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. IV, 15 luglio 2008 n. 3564).

In conclusione, l’appello dev’essere respinto. Tuttavia, ragioni di equità consigliano la compensazione tra le parti delle spese di questo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 novembre 2008 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Iannotta Presidente

Cesare Lamberti Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

Marzio Branca Consigliere

Angelica Dell’Utri Costagliola Consigliere, estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Angelica Dell’Utri Costagliola Raffaele Iannotta

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

17/02/2009


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