venerdì 30 gennaio 2009

Tar Lazio, Roma, Sez. II Ter, 14 gennaio 2009 n. 162

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 5598/2005 proposto da Financial Services s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Luisa Acciari ed elettivamente domiciliata in Roma, via Dora n. 1 presso lo studio degli avv.ti Vincenzo Cerulli Irelli e Maria Athena Lorizio;

contro
la Provincia di Viterbo, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Teresa Strangola ed elettivamente domiciliata in Roma, via C. Fracassini n. 18 presso lo studio dell’avv. Roberto Venettoni;

per l'annullamento
-del decreto del Presidente della Giunta Provinciale di Viterbo n. 16 del 15 dicembre 2003 con cui è stata pronunciata l’espropriazione delle aree occupate per la realizzazione di varianti stradali nei centri abitati di Vignanello, Vallerano e Canapina;
-di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale,

e per la declaratoria
-della decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e della carenza del potere espropriativo in capo alla Provincia

nonché per la condanna
-dell’amministrazione al risarcimento dei danni ed al pagamento dell’indennità di occupazione legittima, oltre interessi e rivalutazione.

VISTO il ricorso con i relativi allegati;
VISTO l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Viterbo;
VISTE le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTI gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 24 novembre 2008 il Primo Ref. Daniele Dongiovanni;
Uditi l'avv. Acciari per la ricorrente ed, ai preliminari, l'avv. R. Venettoni, in sostituzione dell’avv. Stringola, per la Provincia resistente;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO
La ricorrente, proprietaria del terreno sito nel Comune di Canepina (foglio 5, particella n. 897 – ex 817/b derivante dalla n. 136), è stata destinataria del decreto di occupazione d’urgenza del predetto immobile disposto dalla Provincia di Viterbo con delibera n. 1058 del 28 agosto 1996.
L’occupazione d’urgenza segue all’approvazione, con delibera della Giunta provinciale n. 1255 del 31 ottobre 1995, del progetto definitivo dei lavori di realizzazione di varianti stradali, che vale come dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera.
In data 12 novembre 1996, l’amministrazione competente si è immessa in possesso e, con decreto n. 16 del 15 dicembre 2003, il Presidente della Provincia di Viterbo ha pronunciato l’espropriazione del terreno della ricorrente a favore dell’amministrazione resistente.
Avverso l’atto da ultimo richiamato, ed ogni altro a questo connesso, presupposto e conseguenziale, ha proposto impugnativa l'interessato, chiedendone l'annullamento, la condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni subiti ed il pagamento dell’indennizzo per il periodo di occupazione legittima per il seguente articolato motivo:
- violazione dell’art. 13 della legge n. 2359/1865; carenza di potere per falso ed erroneo presupposto di fatto.
Nella delibera di Giunta provinciale n. 1255 del 31 ottobre 1995 con cui è stato approvato il progetto definitivo dei lavori di realizzazione di varianti stradali (da valere come dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera) non sono stati fissati, in violazione dell’art. 13 della legge n. 2359/1865, i termini di conclusione della procedura espropriativa.
I termini sono stati invece indicati nella delibera n. 1058 del 28 agosto 1996 di immissione in possesso nel terreno di che trattasi ma ciò non vale a sanare l’omissione sopra indicata.
La mancata fissazione dei termini nell’atto che dichiara, seppure implicitamente, la pubblica utilità dell’opera determina che la successiva azione dell’amministrazione è svolta in carenza di potere.
In ogni caso, l’immissione in possesso è avvenuta in data 12 novembre 1996 e, pertanto, il trasferimento della titolarità del terreno alla Provincia di Viterbo, con l’adozione del decreto di esproprio, avrebbe dovuto essere formalizzato entro il 12 novembre 2001 (entro cioè cinque anni dall’immissione in possesso).
Il decreto di esproprio è stato invece adottato il 15 dicembre 2003 e tale provvedimento tardivo non è in grado di sanare ex post la condotta illecita dell’amministrazione resistente.
Da ciò deriva che la ricorrente ha diritto al risarcimento dei danni ed al pagamento dell’indennità relativa al periodo di occupazione legittima (1996-2001).
Con riferimento alla quantificazione del danno risarcibile, deve farsi riferimento al valore di mercato del terreno nella sua connotazione edificatoria come risulta dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Canepina il 12 luglio 2004.
Si è costituita in giudizio la Provincia di Viterbo per resistere al ricorso.
In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie.
L’amministrazione resistente, in particolare, non opponendosi alla richiesta risarcitoria, ha quantificato il danno, sulla base di una perizia redatta in data 3 novembre 2008 da esperti esterni incaricati dalla Provincia di Viterbo, in euro 44.772,96 (somma offerta in pagamento alla ricorrente).
La stima suddetta è stata effettuata prendendo come riferimento la destinazione a zona C3 del terreno in argomento (foglio 5 part. 897 della superficie di mq 1776), poi mutata a far data dal 10 gennaio 2001 in zona E2 "agricola".
La ricorrente contesta la quantificazione effettuata dai tecnici e, ritenendo che il terreno in argomento abbia destinazione C5 (edilizia residenziale pubblica) con indice di fabbricabilità di 1,20 mq/mc, misura il danno subito in euro 150mila circa se non addirittura in euro 190mila. In ogni caso, chiede l’espletamento di una CTU per accertare il reale valore di mercato dell’immobile di che trattasi.
Alla pubblica udienza del 24 novembre 2008, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO
1. Per inquadrare la fattispecie sottoposta all’esame del Collegio è necessario, in via preliminare, osservare quanto segue:
- la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza è stata adottata in via implicita con delibera della Giunta provinciale n. 1255 del 31 ottobre 1995;
- il decreto di occupazione d’urgenza è stato emanato con delibera provinciale n. 1058 del 28 agosto 1996 (recante i termini di conclusione della procedura);
- l’immissione in possesso nel terreno della ricorrente (su cui non vi è dubbio che si tratta dell’immobile sito nel Comune di Canepina ed individuato al foglio 5, particella n. 897 – ex 817/b derivante dalla n. 136 – dell’estensione finale di mq. 1776) è avvenuta da parte dell’amministrazione resistente in data 20 novembre 1996;
- il decreto di esproprio è stato invece emanato con decreto del Presidente della Provincia n. 16 del 15 dicembre 2003, ovvero oltre i cinque anni dalla data di immissione in possesso;
- non risulta contestato che l’irreversibile trasformazione del terreno di che trattasi (ovvero la realizzazione della rete viaria) sia avvenuta prima del 2001.
2. Ciò premesso, il Collegio ritiene che la fattispecie in esame debba essere inquadrata nell’ipotesi della c.d. "occupazione acquisitiva" in quanto sorretta da una efficace dichiarazione di pubblica utilità.
Ed invero, sebbene corrisponda al vero che la delibera di approvazione del progetto di opera pubblica approvata il 31 ottobre 1995 non rechi l’indicazione dei termini di conclusione della procedura espropriativa in violazione dell’art. 13 della legge n. 2359/1865, non può dirsi che l’atto sia affetto da nullità e che la successiva azione dell’amministrazione sia stata condotta in carenza di potere.
Il Collegio ritiene infatti di dover aderire ai recenti arresti della giurisprudenza amministrativa secondo cui l'omissione dei termini di inizio e fine dei lavori non determina la nullità ma soltanto l'annullabilità della dichiarazione di pubblica utilità, il che ne impone l’impugnazione nei termini decadenziali di cui all’art. 21 della legge n. 1034/1971 (cfr Cons. St., Ad. Plenaria, n. 4/2003 e, più di recente, TAR Lazio, sez. II, n. 6377/2008).
Del resto, tale principio pare essere stato recepito dallo stesso legislatore il quale, con l'art. 21 septies l. n. 241 del 1990, aggiunto dall'art. 14 l. n. 15 del 2005, nell'introdurre la categoria normativa della nullità del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale patologia solo il difetto assoluto di attribuzione, che evoca la c.d. "carenza in astratto del potere", cioè la mancanza in astratto della norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo, con ciò facendo implicitamente rientrare nell'area della annullabilità per violazione di legge la categoria della c.d. nullità per carenza di potere in concreto che le sezioni unite della Corte di Cassazione avevano coniato proprio con riferimento ai procedimenti espropriativi nei quali l’amministrazione avesse omesso di fissare i termini di cui all'art. 13 l. n. 2359 del 1865 (cfr TAR Campania, sez. V, n. 5025/2005).
Sotto altro aspetto, anche la Corte regolatrice della giurisdizione, seppure in via indiretta (nel pronunciarsi cioè sull’individuazione del giudice competente a conoscere di una controversia in materia espropriativa), sembra aderire a tale impostazione quando afferma che la giurisdizione amministrativa in materia di procedimenti amministrativi non può venire meno per il fatto che uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di p.u., necessario presupposto della procedura espropriativa, sia ravvisato nella mancanza o incompleta indicazione dei termini previsti dall'art. 13 l. n. 2359 del 1865 atteso che tali situazioni sono dedotte per dimostrare (nel merito) alcune delle ragioni della prospettata invalidità di ciascuno di detti atti ed ottenere l'annullamento. Per cui, anche con riguardo a questo profilo, la posizione giuridica dedotta in giudizio deriva dall'esercizio illegittimo del potere da parte della p.a., con la conseguenza che in tal caso spetta al giudice amministrativo disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere ablativo (cfr Cass. Civ., SS.UU., n. 2765/2008).
Ora, non essendo stata impugnata nei termini di rito, la dichiarazione implicita di pubblica utilità, seppure invalida in ragione della mancata indicazione dei termini di cui all’art. 13 della legge 2359/1865, è comunque efficace ed ha sorretto, in ragione della sua inoppugnabilità, la successiva azione amministrativa che ha portato all’occupazione d’urgenza del terreno; comportamento che, pertanto, deve ritenersi legittimo fino alla scadenza dei 5 anni dalla data di immissione in possesso da parte della Provincia (ovvero il 20 novembre 2001).
3. Così ricostruita la fattispecie e ritenendo che non sussistano dubbi sulla giurisdizione del giudice amministrativo con riferimento alla domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente conseguente all’ipotesi ricondotta nella c.d. "occupazione acquisitiva", pur quando l’irreversibile trasformazione del terreno è avvenuta nel periodo di occupazione legittima (tra le più recenti ed esaustive, Cons. St., Ad. Pl., n. 9 del 30 luglio 2007, n. 12 del 22 ottobre 2007; sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3752, 16 novembre 2007, n. 5830 e 30 novembre 2007, n. 6124),
va altresì specificato che mentre la distinzione tra occupazione appropriativa ed usurpativa (quella realizzata in assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità) ha perso di significato sia con riferimento alla giurisdizione (nel senso che residuano al giudice ordinario le sole ipotesi in cui ab origine manchi del tutto una dichiarazione di pubblica utilità dell’opera) che alla decorrenza del termine di prescrizione trattandosi nei due casi di un illecito permanente come affermato dalla più recente giurisprudenza amministrativa (aderendo alle argomentazioni svolte in più occasioni dalla Corte Europea dei diritti umani e dalle previsioni contenute nell’art. 43 del DPR n. 327/2001 - di recente, cit. Cons. St., sez. IV, 27 giugno 2007 n. 3752, 16 novembre 2007, n. 5830 e 30 novembre 2007, n. 6124), l’unico elemento di differenziazione ancora esistente riguarda invero l’individuazione del dies a quo di commissione dell’illecito posto che, in caso di occupazione usurpativa, esso va fatto decorrere dal momento dell’immissione in possesso da parte dell’amministrazione mentre, in caso di occupazione appropriativa, dalla scadenza del termine di occupazione legittima del terreno (ciò rileva al fine di individuare il momento in cui misurare il valore venale ai fini della quantificazione del risarcimento del danno).
4. Ciò posto e considerato che il decreto di esproprio del dicembre 2003 deve essere annullato in quanto adottato una volta scaduti i termini perentori fissati negli atti della procedura espropriativa (con ciò violando l’art. 13 della legge n. 2359/1865), può passarsi ad esaminare la richiesta risarcitoria proposta dalla ricorrente.
Posto che, nel caso di specie, non si rilevano dubbi sulla sussistenza di un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale della Provincia resistente, va, al riguardo, precisato che, rispetto alla quantificazione del danno effettuata dalla Provincia resistente (pari ad euro 44.772,96), la ricorrente non concorda sull’importo predetto ritenendo che i parametri di riferimento siano errati (con riferimento all’individuazione del terreno, alla destinazione urbanistica e allo stesso valore venale del bene).
In ragione di ciò, il Collegio non può che disporre una consulenza tecnica d’ufficio che faccia chiarezza sui punti controversi tra le parti, secondo quanto specificato nel prosieguo.
5. Il Collegio, invero, prima di disporre la predetta CTU, deve farsi carico di risolvere, in ragione dell’annullamento del decreto di esproprio del 2003, la questione relativa alla titolarità del terreno in argomento, pur se l’amministrazione non ha invocato l’art. 43 del DPR n. 327/2001 (verosimilmente per la sussistenza del decreto di esproprio, ora annullato).
Ed invero, anche in assenza della predetta invocazione, il Collegio ritiene comunque di doverne suggerire l’applicazione nell’esercizio dei poteri previsti dall’art. 35 del D.lgs n. 80/98.
Del resto, l’art. 43 del T.U. delle espropriazioni per pubblica utilità, approvato con D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327, applicabile anche alle occupazioni sine titulo già sussistenti alla data di entrata in vigore del citato TU delle espropriazioni (cfr Cons. St., Ad Pl., n. 2/2005 e cit. sez. IV, n. 3752/2007 e 2582/2007) preclude all’Amministrazione di diventare proprietaria di un bene in assenza di un titolo previsto dalla legge. Infatti, secondo tale disposizione, l’Amministrazione può divenire proprietaria al termine del procedimento espropriativo, che si conclude sul piano fisiologico con il decreto di esproprio o con la cessione del bene espropriando ovvero, quando vi è una patologia, e il bene è stato "modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento", con l’emissione del decreto di acquisizione ai sensi dell’art. 43 (tertium non datur).
Il testo e la ratio del citato art. 43 del T.U. espropriazione ribadiscono quindi il principio per il quale, nel caso di occupazione sine titulo, vi è un illecito da cui consegue che l’autore sia tenuto a restituire il suolo ed a risarcire il danno cagionato, salvo il potere dell’Amministrazione di fare venire meno l’obbligo di restituzione attraverso l’adozione dell’atto di acquisizione del bene al proprio patrimonio posto che l’irreversibile trasformazione del fondo non ha determinato alcun trasferimento di proprietà in capo all’ente pubblico.
6. In sintesi, quindi, la Sezione, in applicazione dell’art. 35 del decreto legislativo n. 80 del 1998, ritiene di dover disporre quanto segue:
a) entro il termine di sessanta giorni (decorrente dalla comunicazione o dalla notifica della presente sentenza), la Provincia di Viterbo e la ricorrente potranno addivenire ad un accordo in base al quale la proprietà dell’immobile sia trasferita all’ente locale e all’interessato sia corrisposta la somma specificamente concordata, a titolo di risarcimento danni e di indennizzo per il periodo di occupazione legittima;
b) ove tale accordo non sia raggiunto entro il suddetto termine, la Provincia di Viterbo – entro i successivi sessanta giorni – potrà emettere un formale e motivato decreto, con cui disporre l’acquisizione delle aree al suo patrimonio indisponibile, ai sensi dell’art. 43 del testo unico (in applicazione dell’art. 2058 c.c., sarebbe infatti contrario all’interesse pubblico sottrarre alla collettività l’opera pubblica ivi costruita ed in uso da molti anni). In questo caso, la Provincia di Viterbo, ai sensi dell’art. 186 bis c.p.c. richiamato dall’art. 8, comma 2, della legge n. 205/2000, dovrà corrispondere in via provvisoria la somma di euro 44.772,96 individuata sulla base della perizia redatta in data 3 novembre 2008 da esperti esterni incaricati dall’amministrazione resistente.
La quantificazione in via definitiva del danno sarà determinata, in caso di mancato accordo tra le parti, attraverso l’espletamento di una CTU la cui nomina dovrà essere sollecitata, una volta trascorsi i termini suddetti, su istanza della ricorrente rivolta al giudice relatore della causa.
Si segnala sin d’ora che, in caso di mancato accordo sulle pretese patrimoniali avanzate dalla ricorrente, la controversia relativa alla richiesta di indennizzo per il periodo di occupazione legittima dell’area (1996-2001), pure richiesta dalla ricorrente, non potrà essere conosciuta dal giudice amministrativo sussistendo sul punto la giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell’art. 34, comma 3 lett. b), del D.lgs n. 80/98 come modificato dall’art. 7 della legge n. 205/2000 (per tutte, Cass. civ., SS.UU., n. 15471/2003).
7. In conclusione, pur non definitivamente pronunciando, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del decreto di esproprio impugnato.
Va, altresì, accolta la domanda risarcitoria proposta dalla ricorrente nei sensi di cui al punto precedente.
8. Le spese di giudizio possono essere compensate in ragione della condotta tenuta dall’amministrazione resistente nella vicenda contenziosa.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. Seconda Ter, non definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’amministrazione resistente al risarcimento del danno causato alla ricorrente con i criteri e le modalità precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 24 novembre 2008, con l'intervento dei magistrati:
Michele Perrelli - Presidente
Antonio Vinciguerra – Componente
Daniele Dongiovanni – Componente est.
Depositata in Segreteria in data 14 gennaio 2009.

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