lunedì 9 giugno 2008

Consiglio di Stato, sez. V - 27 maggio 2008 n. 2522

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul ricorso in appello n. 230/2006 del 12/01/2006, proposto dalla BRONI STRADELLA S.P.A. IN PR. E Q. MANDANTE A.T.I. A.T.I. - A.S.M. - PAVIA S.P.A. rappresentata e difesa dall’Avv. FRANCESCO ADAVASTRO con domicilio eletto in Roma, PIAZZA CAPO DI FERRO 13 presso la SEGRETERIA SEZIONALE CDS
contro
il COMUNE DI CHIGNOLO PO rappresentato e difeso dagli avvocati FABIO LORENZONI e MARTINO COLUCCI con domicilio eletto in Roma, VIA DEL VIMINALE N.43 presso l’avv. FABIO LORENZONI

per la riforma
della sentenza del TAR LOMBARDIA - MILANO :Sezione III n. 3684/2005, resa tra le parti, concernente AGGIUD. ASTA PUBBLICA APPALTO SERVIZI RACCOLTA E TRASPORTO RIFIUTI SOLIDI URBANI;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del COMUNE DI CHIGNOLO PO
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza dell’8 Maggio 2007, relatore il Consigliere Adolfo Metro ed uditi, altresì, gli avvocati Francesco Adavastro e Fabio Lorenzoni,;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La Broni Stradella spa, dichiarata affidataria della gara per servizi di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, è stata successivamente esclusa dall’aggiudicazione perché mancante del requisito di cui all’art. 10, lett. e) del bando di gara, relativo all’insussistenza di cause di esclusione di cui all’art. 12 del D.L. gs. 175/95, sul presupposto che il suo rappresentante legale aveva riportato due sentenze per reati incidenti sulla moralità professionale e che la dichiarazione presentata in sede di offerta, in ordine all’insussistenza delle predette cause di esclusione, fosse "non veritiera".
Avverso la sentenza di primo grado che ha respinto il gravame, si sostengono i seguenti motivi di appello:
-errata applicazione delle norme del bando, delle direttive n. 92/50 e n. 97/52, eccesso di potere, violazione di norme penali, del dpr n. 313/02 e della L. n. 241/90, non potendo ritenersi che il legale rappresentante della società abbia riportato due pronunce di condanna perché:
a) la sentenza di applicazione della pena su richiesta dell’imputato ai sensi degli artt. 444 e 445 c.p. (c.d. patteggiamento), attinente a fattispecie contravvenzionale, non violerebbe il requisito della moralità professionale e il reato sarebbe comunque estinto per decorso del tempo;
b) il decreto penale di condanna, per violazione di norme riguardanti rifiuti non pericolosi, non sarebbe ugualmente idoneo a condurre alla valutazione espressa nella fattispecie, in quanto lo stesso non contiene alcun accertamento del fatto e della colpevolezza dell’imputato sicchè, anche in tal caso, non sarebbe richiamabile il cit. art. 12 del D.Lgs. n. 157/95:
-l’amministrazione, inoltre, avrebbe dovuto opportunamente motivare sulle ragioni poste a fondamento della decisione.
Il Comune, costituitosi in giudizio, ha sostenuto l’inammissibilità dell’appello per la mancata proposizione del ricorso da parte della mandataria A.S.M. Pavia spa e la sua infondatezza, nel merito.
DIRITTO
Attesa l’infondatezza dei motivi d’appello, può prescindersi dall’esame della questione di inammissibilità proposta dal Comune.
La lex specialis della gara richiedeva la produzione, da parte del legale rappresentante della società concorrente, di una dichiarazione relativa all’assenza di cause di esclusione previste dall’art. 12 del D.Lgs. n. 157/95.
Sostiene l’appellante che le due condanne per reati di natura ambientale, non segnalate ai sensi di quanto prescritto dal bando, non sarebbero rilevanti nella fattispecie, non incidendo sulla moralità professionale.
Tali asserzioni non sono condivisibili. Si può richiamare, al riguardo la motivazione della sentenza di questo Consiglio n. 6756/07.
" Nei casi di applicazione della pena su richiesta, la successiva estinzione del reato, ai sensi del citato art. 445, comma 2, del codice di procedura penale, pur operando "ope legis", in presenza dei presupposti stabiliti da tale norma, richiede pur sempre che la esistenza di tali presupposti sia accertata con una pronuncia del giudice dell’esecuzione su istanza dell’interessato (Cass. pen. Sez. I, 7.7.2005, n. 32801; 5 febbraio 2004, n. 10028).
In difetto di tale pronuncia giudiziale, la sentenza ex art. 444 del codice di procedura penale pronunciata per un reato che incide sull’affidabilità morale e professionale di colui nei cui confronti è pronunciata, costituisce, dunque, una causa di esclusione dalla gara ai sensi dell’art. 75, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 552 del 1999.
La Società appellante, pertanto, affermando la inesistenza nei suoi confronti (delle persone preposte ai suoi organi rappresentativi e tecnici) di sentenze penali di condanna o di sentenze pronunciate ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, ha effettuato una falsa dichiarazione che le ha consentito di partecipare alla gara alla quale non avrebbe dovuto partecipare, a norma del combinato disposto costituito dal comma 1, lettera c e dal comma 2 dell’art. 75 del D.P.R. n. 554 del 1999 che, disponendo le cause di esclusione dalla gara dei concorrenti, i cui organi amministrativi o tecnici siano incorsi in condanne penali, pongono l’onere a carico delle imprese concorrenti di dichiarare la inesistenza delle stesse.
L’accertamento della falsità della dichiarazione, rendendo chiara l’esistenza della preclusione stabilita dal comma 1, lettera c, dell’art. 75, non poteva che comportare l’esclusione dalla gara ".
Analoghe considerazioni possono farsi con riferimento al decreto penale di condanna pronunciato per un reato di natura ambientale, in quanto anche tale fattispecie deve farsi rientrare nell’ipotesi di cui all’articolo 12 del D.Lgs. n. 157/95 perchè, come rilevato dal giudice di primo grado, dalla scelta di non opporsi al decreto penale di condanna non può trarsi l’inapplicabilità della citata norma ma, semmai, ciò può portare ad una specifica valutazione dei fatti contestati che, nella fattispecie, deve, peraltro, ritenersi irrilevante.
Sotto tale profilo, infatti, è priva di pregio la censura secondo cui l’amministrazione non avrebbe adeguatamente motivato sui motivi posti a fondamento della decisione.
Tale valutazione, infatti, che rappresentava una facoltà per l’amministrazione e non un obbligo, esercitabile solo per i casi in cui la pena "patteggiata" fosse stata già dichiarata estinta e l’amministrazione avesse comunque voluto vagliare l’affidabilità di un eventuale contraente, nel caso in esame non poteva essere effettuata, stante la falsa dichiarazione della Società appellante che ha negato l’esistenza di sentenze penali, fatto che, di per sé, per il suo contenuto di falsità, deve ritenersi preclusivo dell’affidamento della gara.
In relazione a quanto esposto l’appello va respinto, essendo infondati i dedotti motivi di gravame.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello n. 230/2006 meglio specificato in epigrafe; pone le spese del giudizio per complessivi € 3000,00 (tremila/00) a carico della parte soccombente.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio dell’8 Maggio 2007 con l’intervento dei Sigg.ri:
Pres. Emidio Frascione
Cons. Raffaele Carboni
Cons. Aldo Fera
Cons. Caro Lucrezio Monticelli
Cons. Adolfo Metro Est.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
f.to Adolfo Metro f.to Emidio Frascione
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 27/05/08.

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