mercoledì 30 luglio 2008

Consiglio di Stato, VI, sentenza 17 luglio 2008 n. 3592

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 3141/2005, proposto dalla Societa' Italiana Autori Ed Editori (S.I.A.E.) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv. Maurizio Mandel,. Roberto De Tilla e Stefano Astorri con domicilio eletto in Roma Viale della Letteratura, 30 presso Maurizio Mandel
contro
Ducale s.n.c. di Marco Malton & C. in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Renato Recca con domicilio eletto in Roma Via San Fabiano N.21
e nei confronti di
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali in persona del Ministro p.t. e Cipriani Stelvio non costituitisi;
per la riforma
della sentenza del TAR LAZIO - ROMA :Sezione III TER n.1037/2005 , resa tra le parti;
Visto l’atto di appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di DUCALE S.N.C. DI MARCO MALTON & C.
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 06 Maggio 2008, relatore il Consigliere Roberta Vigotti ed uditi, altresì, gli avvocati Mandel, Astorri e Rizzo per delega dell’avv.to Recca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La Società Italiana Autori ed Editori (SIAE) impugna la sentenza con la quale il TAR per il Lazio ha accolto la domanda di risarcimento del danni avanzata da Ducale s.n.c., pur dichiarando improcedibile il contestuale ricorso rivolto avverso il silenzio-rifiuto serbato da SIAE sulla domanda di iscrizione proposta dalla medesima ricorrente.
In tale domanda, inoltrata il 12 dicembre 1999, la società Ducale, che cura, ai sensi dell’art. 3 del proprio statuto "l’edizione, la pubblicazione e lo sfruttamento in Italia e all’estero di brani di composizioni musicali acquisite da autori ed editori sia italiani che stranieri e la loro divulgazione….nonchè la fabbricazione, in proprio e per conto terzi, di dischi, di nastri magnetici ed audiovisivi, di colonne sonore per films o spettacoli televisivi, di qualsiasi altro ritrovato ora conosciuto o ancora da inventare, avente attinenza con l’attività sociale", e che quindi è titolare di diritti connessi al diritto di autore, specificava di essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 7 dello statuto SIAE e chiedeva l’iscrizione "per la tutela sia giuridica che economica del diritto connesso di cui è titolare, quale produttore di dischi fonografici e simili".
Non avendo ricevuto risposta neppure a seguito di formale diffida, ma solo una nota interlocutoria datata 4 maggio 2000, la società ha proposto ricorso davanti al TAR per il Lazio, che ha respinto l’incidentale domanda cautelare.
In sede di appello, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3097 del 23 giugno 2000, ha disposto l’inserimento con riserva della Ducale, con attribuzione, sempre con riserva, dei diritti sociali dagli iscritti ordinari e con diritto alla partecipazione diretta dei compensi. In esecuzione di tale ordinanza, la SIAE ha iscritto la ricorrente tra gli iscritti ordinari, e, con provvedimento del commissario straordinario n. 89 del 27 agosto 2001, l’ha inserita tra gli associati straordinari di cui all’art. 2 comma 2 dello statuto approvato il 4 giugno 2001.
Successivamente, anche in attuazione di giudicati amministrativi, la statuto della SIAE è stato modificato con decreto ministeriale del 3 dicembre 2002, nel senso, per quanto qui interessa, dell’esclusione dei titolari di diritti connessi dal diritto di associazione, pur con la garanzia di forme di rappresentanza.
Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente società Ducale ha chiesto il risarcimento dei danni patiti a causa dell’atteggiamento dilatorio della SIAE sulla domanda di iscrizione.
Il TAR per il Lazio, con la sentenza impugnata, ha giudicato improcedibile il ricorso proposto avverso il silenzio-rifiuto sulla domanda di iscrizione, dal momento che lo statuto, come da ultimo novellato, non prevede più per i titolari di diritti connessi la possibilità di associazione alla SIAE, ma ha accolto la domanda risarcitoria, sul presupposto che il mancato tempestivo riconoscimento dei diritti associativi avesse provocato alla ricorrente danni solo parzialmente elisi dall’ordinanza n. 3097/2000 del Consiglio di Stato.
La SIAE critica tale decisione, sostenendo innanzitutto che la declaratoria di improcedibilità del ricorso precludesse al Giudice di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento, che presuppone il previo annullamento del provvedimento impugnato.
In via subordinata, l’appellante contesta la qualificazione, operata dal TAR, del proprio comportamento in termini di silenzio illegittimo, dal momento che la nota del 4 maggio 2000, lungi dall’avere intento dilatorio, costituiva l’unica risposta possibile alla istanza della Ducale in un momento in cui si stava procedendo alla modificazione dello statuto anche in ottemperanza a sentenze nel frattempo intervenute.
Inoltre, la SIAE nega che, come ha ritenuto il primo giudice, l’illecito che determina il risarcimento sia identificabile in ogni ipotesi di violazione da parte della amministrazione delle norme procedimentali, a prescindere dal rilievo sostanziale della violazione: per tale via la sentenza avrebbe erroneamente identificato l’illecito con il silenzio, dimenticando che, nel caso in esame, la lesione subita dalla ricorrente non è riconducibile alla inerzia della SIAE, ma a fatti sopravvenuti (la modificazione dello statuto, in senso impeditivo all’accoglimento della domanda), in relazione ai quali l’interessato non ha reagito in sede processuale.
La sentenza è criticata, ancora, nella parte in cui, con riferimento all’elemento soggettivo della fattispecie risarcitoria, ha stabilito che in ipotesi di violazione di regole procedimentali il requisito della colpa, in ordine alla quale l’onere probatorio risulta ribaltato, sarebbe comunque in re ipsa: al contrario, secondo l’appellante, in base all’art. 2697 cod. civ. il ricorrente deve sempre provare la colpa dell’amministrazione, al fine di dimostrarne la responsabilità. Nella fattispecie, le ragioni evidenziate con la nota del 4 maggio 2000 escludono che sia possibile ravvisare alcun profilo di colpevolezza nell’operato della SIAE, e nel contempo non è stata offerta alcuna prova neppure dell’esistenza di un danno risarcibile, indicato genericamente nella sentenza del TAR nella preclusione della possibilità di far valere le proprie ragioni in sede associativa, senza alcuna specificazione concreta in ordine ai danni patiti e/o a possibilità perdute.
La domanda accolta dal TAR non coincide, secondo l’appellante, con quella azionata con i motivi aggiunti, i quali fanno riferimento al mancato esercizio dei diritti associativi solo per la mancata partecipazione alle elezioni dell’8 giugno 2003, ed è sfornita di contenuto, dal momento che dalla data del 13 dicembre 1999, nella quale è stata inoltrata l’istanza di iscrizione, al 3 dicembre 2002, giorno in cui è mutato lo statuto SIAE con divieto di iscrizione dei titolari di diritti connessi, la SIAE è stata amministrata da un commissario straordinario del governo, che ha svolto le funzioni dell’assemblea degli associati, del consiglio di amministrazione e del presidente, e conseguente inibizione per tutti i soci di svolgere i diritti relativi alla vita dell’associazione, diritti garantiti, in ogni caso, anche alla Ducale in esecuzione della ordinanza del Consiglio di Stato del 23 giugno 2000, n. 3097. Né alla ricorrente avrebbe potuto essere riconosciuto il risarcimento per la mancata partecipazione alle forme di solidarietà curate dalla SIAE, previste elusivamente per gli autori, o per altri profili, mai rivendicati.
Infine, l’appellante contesta la liquidazione del danno, operata dal TAR in via equitativa, il che conferma, a suo dire, l’assoluta mancanza di prova e di allegazione da parte della ricorrente e, quindi, l’erroneità della sentenza.
La SIAE conclude per la riforma della sentenza impugnata, contrastata dalla società Ducale, costituitasi in giudizio.
All’odierna pubblica udienza le parti hanno ulteriormente ribadito le proprie tesi.
DIRITTO
E’ impugnata la sentenza con la quale il TAR per il Lazio, all’esito del ricorso proposto da Ducale s.n.c. avverso il silenzio serbato da SIAE sulla sua domanda di iscrizione, ha dichiarato improcedibile il ricorso stesso, in dipendenza dell’intervenuta modifica statutaria impeditiva dell’iscrizione, ma ha accolto la domanda di risarcimento dei danni derivati alla ricorrente dall’omessa risposta.
I) Va preliminarmente esaminata la parte dell’appello che si incentra sulla impossibilità, per il giudice amministrativo, di pronunciarsi sulla domanda risarcitoria se non previo annullamento del provvedimento impugnato, o accertamento della illegittimità del silenzio dell’amministrazione, accertamento nella specie impedito dalla dichiarata improcedibilità del ricorso.
La censura non ha pregio, e il principio della c.d. pregiudizialità amministrativa è stato invocato dalla ricorrente non a proposito.
In forza di tale principio, infatti, deve escludersi che possa essere introdotta, davanti al giudice amministrativo, una domanda risarcitoria che non sia collegata alla domanda demolitoria di un provvedimento, anche silenzioso, dal momento che l’art. 7 della legge n. 205 del 2000 qualifica le questioni relative al risarcimento del danno come eventuali e consequenziali a quelle rientranti nell’ambito della sua giurisdizione (Consiglio Stato, Adunanza Plenaria, 22 ottobre 2007, n. 12).
La regola della priorità del processo impugnatorio è stata, peraltro, rispettata nel caso di specie, nel quale la ricorrente ha proposto davanti al TAR precisamente una domanda rientrante nell’abito della giurisdizione amministrativa, alla quale ha fatto seguire, con l’atto di motivi aggiunti, la domanda risarcitoria: è stata dunque rispettata la condizione della quale si è detto, né può essere seguita la pretesa dell’appellante, che spinge la pregiudizialità fino a farle assumere effetti impeditivi della pronuncia del giudice, al quale, pur nell’ambito della propria giurisdizione (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 248), sarebbe preclusa la pronuncia sulla parte risarcitoria laddove riconosca l’improcedibilità della domanda principale per effetto di un provvedimento sopravvenuto in corso di causa.
Una tale ricostruzione, a ben vedere, priverebbe di significato la regola della pregiudizialità, e la tutela stessa degli interessi dedotti in giudizio, tutte le volte in cui sia in discussione il danno derivante dal silenzio dell’amministrazione: giacchè sarebbe sufficiente un provvedimento espresso per determinare, con l’improcedibilità della domanda impugnatoria, l’impossibilità dell’esame di quella risarcitoria. E poiché nel campo degli interessi legittimi non può darsi la tutela del giudice ordinario, neppure con riguardo al risarcimento del danno, una intera categoria di posizioni soggettive ritenute dal legislatore degne di tutela rimarrebbe sguarnita.
Sotto il profilo considerato, pertanto, la sentenza non incorre nel vizio preteso dall’appellante.
II) Le ulteriori censure svolte con il gravame si appuntano contro i passaggi logici che hanno condotto i primi giudici a riconoscere il diritto al risarcimento, e a quantificarlo in via equitativa. In particolare, la sentenza avrebbe errato
-nel qualificare il comportamento di SIAE come silenzio illegittimo;
-nell’identificare la lesione nel fatto stesso del silenzio;
-nel prescindere dalla dimostrazione dell’esistenza di un danno concretamente patito da Ducale;
-nel non quantificare il danno stesso.
Prendendo le mosse dal secondo di tali argomenti, che, a giudizio del Collegio assume rilevanza preminente, una attenta lettura della sentenza impugnata porta ad escludere che, da parte del TAR, sia stata operata l’identificazione che pretende l’appellante.
Nella ricostruzione fatta propria in primo grado, la lesione dell’interesse deriva dalla circostanza che, nell’attesa che la SIAE si pronunciasse sulla domanda di iscrizione, questa è diventata impossibile (con la conseguente pretermissione degli interessi della Ducale). La lesione deriva dunque dal silenzio, ma non si identifica con il silenzio (come del resto è evidente in ogni caso, dal momento che un comportamento inerte può essere causa di danni, ma non è il danno stesso - con l’ulteriore conseguenza della importanza della dimostrazione del nesso eziologico).
Al di là della prospettazione formale, il TAR, in realtà, non ha dunque attribuito autonomo rilievo risarcitorio alla mera violazione dell’obbligo di comportamento imposto all’amministrazione, il che sarebbe errato (Consiglio di Stato, sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 248, già citata, che ha superato, sul punto, Consiglio di Stato, A.P. 15 settembre 2005, n. 7), ma ha individuato il danno (sia pure con un ragionamento che, come si dirà, non è corretto) "nelle perdite economiche subite in conseguenza della illegittimità, e più in generale della scorrettezza, a prescindere dalla spettanza del bene della vita".
Proprio in quest’ultimo passaggio argomentativo si annida l’erroneità della sentenza: perché, una volta stabilito che il silenzio ha provocato un danno, consistente nelle perdite economiche subite dalla ricorrente, la dimostrazione di queste assume valore decisivo per integrare il conseguente diritto al risarcimento.
Nella sentenza, la stessa individuazione della qualità del danno che si pretende subito dalla società Ducale risulta perplessa: dopo averlo definito, come si è appena detto, in termini puramente economici, il TAR lo identifica nell’impedimento alla partecipazione alla vita associativa, con conseguente preclusione della possibilità di far valere i propri interessi, ma, come rileva l’appellante, tale ricostruzione non corrisponde né alla domanda avanzata dalla ricorrente, né alla realtà dei fatti, ed è in ogni caso sfornita di qualsiasi prova.
Giova, a questo proposito, ricordare come l’istanza di iscrizione alla SIAE sia stata avanzata dalla Ducale in data 13 dicembre 1999, e che l’inserimento con riserva , con conseguente attribuzione dei diritti sociali sia stata disposta in data 18 luglio 2000, in ottemperanza dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 3097 del 2000; solo il corrispondente intervallo di tempo avrebbe, dunque, potuto essere considerato per l’indagine circa l’esistenza di danni da mancata iscrizione.
Inoltre, nessuna utile specificazione è contenuta in sentenza (né nella domanda avanzata con i motivi aggiunti dalla ricorrente in primo grado, né nel controricorso in appello e nella successiva memoria) in ordine ai danni subiti.
Nell’atto introduttivo di motivi aggiunti, la Ducale formula la richiesta per il "riconoscimento dei diritti sociali concretatisi nella partecipazione alle elezioni, alle forme di solidarietà curate dalla SIAE, alla ripartizione dei proventi", senza ulteriori specificazioni.
La sentenza impugnata è ancora più generica, indicando quale danno da risarcire "la preclusione della possibilità di far valere le proprie ragioni in sede associativa per la tutela dei propri interessi", dimenticando che tale preclusione è, ancora una volta, il tramite per la produzione del danno, ma non ancora il danno, che è precisamente l’entità da dimostrare da parte la ricorrente.
Lungi dal poter ritenere assolto tale onere probatorio, anche le generiche asserzioni della Ducale si sono dimostrate prive di contenuto, dal momento che, nel periodo rilevante (13 dicembre 1999-18 luglio 2000) non sono state tenute elezioni, essendo l’amministrazione della SIAE affidata ad un commissario straordinario; le forme di solidarietà sono previste, come da nota SIAE dell’1 aprile 2005, depositata in causa e non contestata, solo per la categoria degli autori, nella quale non rientra la Ducale; nessuna quantificazione e/o argomentazione è stata offerta in ordine alla ripartizione dei proventi dalla quale sarebbe stata esclusa la ricorrente.
III) La mancata dimostrazione (e la mancata stessa esatta qualificazione) del danno da risarcire costituisce dunque vizio della sentenza appellata; l’accoglimento di questo motivo dell’appello esime il Collegio dall’esaminare gli altri aspetti, sopra indicati, pure sollevati con il gravame.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere riformata, ma la complessità delle questioni proposte induce alla compensazione tra le parti delle spese di giudizio, per entrambi i gradi
P.Q.M.
Accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate per entrambi i gradi del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2008 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giovanni Ruoppolo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere
Roberta Vigotti Consigliere Est.
Presidente
GIOVANNI RUOPPOLO
Consigliere Segretario
ROBERTA VIGOTTI GIOVANNI CECI
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 17/07/2008.

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