mercoledì 9 luglio 2008

TAR PUGLIA - BARI, SEZ. I - sentenza 3 luglio 2008 n. 1612


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 631 del 2008, proposto da: Anna Fiore, rappresentata e difesa dall'avv. Michele Di Donna e presso di lui selettivamente domiciliata in Bari, alla via Calefati, 61/A;

contro

Comune di Valenzano in persona del Sindaco p.t.;

per l'accertamento

dell'illegittimità del silenzio serbato dalla p.A. resistente in ordine all’istanza presentata in data 17.1.2008, nonchè dell'obbligo dell'Amministrazione di concludere il procedimento con conseguente condanna della stessa ad emanare il provvedimento richiesto;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 18/06/2008 la dott.ssa Giacinta Serlenga e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.-Con il ricorso in epigrafe la sig.ra Fiore chiede l’accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dalla p.A. resistente in ordine all’istanza presentata in data 17.1.2008, tesa a sollecitare i poteri di autotutela e sanzionatori del Comune resistente in ordine al permesso di costruire n.14 rilasciato alle sigg.re Loconte, odierne controinteressate, in data 9.4.2004.
Più precisamente la stessa, in qualità di proprietaria di un’abitazione confinante con l’edificio al quale si riferisce il permesso di costruire in questione, lamenta:
a) talune –presunte- illegittimità del permesso stesso e della relativa variante;
b) talune –presunte- difformità dell’opera rispetto al titolo abilitativo;
c) l’intervenuta scadenza del termine di ultimazione dei lavori alla data del 9 aprile 2007.
Considerata l’inerzia dell’Amministrazione, la ricorrente ha intimato la stessa a voler provvedere, da un lato, all’annullamento in autotutela del permesso rilasciato e all’esercizio dei doverosi poteri di vigilanza sul patrimonio edilizio; dall’altro, medio tempore, alla sospensione immediata dei lavori. Tutto questo in considerazione della natura vincolata dell’attività sollecitata.
Decorso il termine assegnato per provvedere, la ricorrente ha dunque proposto il gravame in epigrafe. L’amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.
2.- La pretesa azionata può essere accolta solo parzialmente, con riferimento alla lamentata difformità del realizzato rispetto al titolo autorizzatorio e all’asserita scadenza del termine di ultimazione dei lavori.
Quanto invece alla presunta illegittimità del titolo autorizzatorio, ogni relativa lamentela deve ritenersi tardiva giacchè avrebbe dovuto essere proposta nel termine di decadenza a decorrere dalla piena conoscenza del rilascio del titolo stesso.
Tale termine non può oggi essere surrettiziamente riaperto attraverso la proposizione di istanze o diffide all’Amministrazione.
Tanto meno può configurarsi in capo alla p.A. un obbligo -cui far corrispondere una pretesa del privato giuridicamente tutelata- di adottare in sede di autotutela un provvedimento di annullamento del permesso eventualmente illegittimo. Non sussiste cioè un obbligo dell’Amministrazione, sebbene sollecitata dalla ricorrente, di provvedere al riesame di un atto non impugnato tempestivamente, considerato che un obbligo siffatto inficerebbe le ragioni di certezza delle situazioni giuridiche e di efficienza dell’azione amministrativa.
La giurisprudenza è invero costante nell’escludere che sull’istanza di riesame di una situazione inoppugnabile possa formarsi il silenzio-rifiuto; fermo restando che la stessa Amministrazione sia libera di verificare se l’inoppugnabilità dei propri atti debba o meno essere superata da successive valutazioni.
Per questa parte, pertanto, il ricorso deve dichiararsi inammissibile.
3.-La ricorrente, tuttavia, ha denunziato in modo circostanziato anche l’abusività delle opere per essere state le stesse realizzate in modo parzialmente difforme rispetto al titolo abilitativo.
Per questa parte, la pretesa della ricorrente tesa a sollecitare l’esercizio dei poteri repressivi della p.A. resistente in materia edilizia, deve ritenersi ammissibile e fondata.
Ed invero, sussistendo in capo all’Amministrazione il dovere di provvedere sugli abusi accertati, deve ritenersi configurabile un interesse del privato, leso da opere abusive, all’eventuale adozione delle sanzioni di legge; con la conseguenza che, sull’abuso denunziato in modo circostanziato, egli può quanto meno pretendere un provvedimento espresso.
E’invero evidente che quando l’Amministrazione ometta di adottare, secondo i suoi doveri di ufficio, i necessari provvedimenti ripristinatori dello stato dei luoghi e di difesa del pubblico interesse in relazione ad opere abusive, ovvero li ritardi senza giustificazione, il terzo interessato -ed in particolare il proprietario limitrofo, in quanto tale sempre titolare di un interesse qualificato al mantenimento delle caratteristiche urbanistiche della zona- oltre a poter proporre azioni civili di demolizione o, alternativamente, azioni risarcitorie, è al tempo stesso legittimato ad impugnare la mancata adozione di misure ripristinatorie e, quindi, a far valere l’inerzia formalizzata degli organi comunali.
In buona sostanza, l’ampia sfera dei poteri di polizia urbana attribuiti in materia urbanistica all’Amministrazione comunale non esclude che, rispetto ai singoli provvedimenti, gli interessati siano portatori di un interesse legittimo e che, pertanto, l’inerzia sulla relativa istanza integri gli estremi del silenzio-rifiuto sindacabile in sede giurisdizionale; fermo restando che, poiché la funzione di vigilanza riordinata nel T.U. n.380/01 si esercita attraverso procedimenti che vengono avviati d’ufficio, ai fini dell’accertamento dell’obbligo di provvedere da parte del Comune -quand’anche sollecitato da un istanza dei privati interessati- deve ritenersi non necessaria una perfetta corrispondenza tra quanto esposto nella denunzia e quanto sarà contestato in sede di avvio del procedimento repressivo-sanzionatorio, incombendo sulla p.A comunque il dovere di vagliare i fatti denunziati sotto il profilo della loro esistenza materiale e della qualificazione giuridica della condotta attribuita al responsabile d’ufficio (cfr. sul punto, C.d.S., V, 9.12.2002, n.6773).
4.-Né, con specifico riferimento al caso concreto, la nota prot. n.1068/105 u.t. dell’11.2.2008, a firma del responsabile dell’U.T.C., versata in atti dall’Amministrazione resistente, con la quale si comunica l’intenzione di procedere alla verifica di quanto segnalato dall’odierna ricorrente, può incidere sull’illegittimità del silenzio serbato, giacchè non ha a tutt’oggi avuto alcun seguito.
4.-In sintesi, il ricorso in epigrafe va in parte dichiarato inammissibile e in parte va accolto con assegnazione alla p.A. resistente di un termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza per provvedere sull’istanza della ricorrente, con nomina di un Commissario ad acta per l’ipotesi di inerzia persistente e condanna della p.A. al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia-Bari, Sez.III, accoglie –nei limiti indicati in motivazione- il ricorso in epigrafe e per l’effetto:
1) accerta l’illegittimità del silenzio-rifiuto nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, dichiara l’obbligo del Comune di avviare il procedimento repressivo in relazione alla denunzia della ricorrente onde verificare l’esistenza materiale dei fatti denunziati; e, in ipotesi affermativa, l’obbligo di esercitare i relativi poteri sanzionatori, salva una diversa qualificazione giuridica della condotta eventualmente attribuibile ai responsabili dell’abuso e concludendo in ogni caso il procedimento entro e non oltre sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione;
b) nomina quale Commissario ad acta il Dirigente dell’Ufficio tecnico del Comune di Triggiano o suo funzionario delegato affinché, ove inutilmente scaduto il termine di cui al punto 1) e verificata l’eventuale mancata esecuzione dell’obbligo ivi statuito, provveda in vece e a spese dell’Amministrazione comunale resistente, nell’ulteriore termine consecutivo di sessanta giorni, ponendo a carico dell’Amministrazione stessa il compenso per l’attività sostitutiva, che liquida complessivamente in €. 2.000,00 (duemila/00);
4) condanna il Comune resistente, in persona del Sindaco p.t. alla rifusione in favore della ricorrente, delle spese ed onorari del presente giudizio, liquidati forfettariamente in €.1.000,00 (mille/00), oltre I.V.A., C.A.P. e contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 18/06/2008 con l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere
Giacinta Serlenga, Referendario, Estensore


L’ESTENSORE IL PRESIDENTE



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO

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