martedì 22 aprile 2008

Consiglio di Stato, V, 14 aprile 2008, n. 1600

REPUBBLICA ITALIANA N. 1600/08 REG.DEC.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 1606 REG.RIC.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, (Quinta Sezione) ANNO 2007

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso n. 1606/07 Reg. Gen., proposto da IMPIANTI ELETTRICI CIMITERIALI A. PIAZZOLI s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Enzo Robaldo e Pierfrancesco della Porta, elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, via Lorenzo Valla n. 2;

CONTRO

il Comune di Novate Milanese, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Marco Locati e Antonella Giglio, elettivamente domiciliato presso il secondo in Roma, via A. Gramsci n. 14;

E NEI CONFRONTI

di ZANETTI IMPIANTI ELETTRICI s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. Francesco Adavastro ed elettivamente domiciliata presso lo studio del dott. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;

per la riforma

della sentenza 9 gennaio 2007 n. 4 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, sezione prima, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Vista l’ordinanza collegiale 17 maggio 2007 n. 2473;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Alla pubblica udienza del 29 gennaio 2008, relatore il consigliere Angelica Dell'Utri, uditi gli avv.ti Ribaldo, Giglio e Adavastro;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


F A T T O


Con ricorso notificato i giorni 15, 16 e 17 febbraio 2007 e depositato il 22 seguente la Impianti ELETTRICI Cimiteriali A. Piazzoli s.r.l. (costituita a seguito di trasformazione da Impianti Elettrici Cimiteriali A. Piazzoli di Manferdi Mara & C. s.n.c.) ha proposto appello avverso la sentenza 9 gennaio 2007 n. 4 del TAR Lombardia, Milano, Sez. I, con la quale, a seguito dell’accoglimento del ricorso incidentale proposto da Zanetti Impianti Elettrici s.r.l., è stato dichiarato inammissibile il suo ricorso diretto all’annullamento della gara indetta dal Comune di Novate Milanese per l’affidamento in concessione a trattativa privata del servizio di illuminazione elettrica votiva delle aree cimiteriali per gli esercizi finanziari 2006-2011.

L’appellante ha premesso di aver partecipato, ancora in forma di società in nome collettivo, a tale procedura unitamente alla predetta Zanetti restata aggiudicataria per aver presentato l’offerta più vantaggiosa, nonostante ella in sede di gara ne avesse chiesto l’esclusione per mancata produzione del piano economico. La predetta pronuncia, che muove dalla qualificazione della concessione in questione come di pubblico servizio con conseguente applicabilità alla fattispecie dell’art. 113, co. 5, lett. a), del D.Lgs. n. 267 del 2000, si basa sulla qualità di società di persone dell’Impresa ricorrente, ossia di soggetto al quale non può essere conferita la titolarità del servizio a norma della disposizione indicata.

A sostegno dell’appello la Piazzoli ha dedotto:

A.- Sull’erroneità dell’appellata sentenza.

1.- Inammissibilità del ricorso incidentale proposto da Zanetti.

La sentenza non si è pronunciata sulla sua eccezione secondo cui nella lex specialis il Comune non ha mai qualificato la procedura concorsuale come gara preordinata all’affidamento di un “servizio pubblico locale” e non ha neppure richiamato il cit. art. 113, anzi ha strutturato la gara secondo altre disposizioni normative, cioè il D.Lgs. n. 358/92 che, analogamente a quanto previsto dall’art. 34 D.Lgs. 163/2006, non prevede limitazioni alla partecipazione a gare basate sulla natura giuridica dei concorrenti, tanto che sono state invitate altre società di persone ed un’unica società di capitali. Quindi era inammissibile il ricorso incidentale di Zanetti, con il quale erano stati impugnati soltanto i verbali della commissione nella parte in cui Piazzoli non era stata esclusa e non anche la lex specialis di gara, in particolare la lettera d’invito (non potendo essa ritenersi compresa nella dizione di stile “gli altri atti e provvedimenti inerenti la medesima procedura”), la cui impugnazione, in presenza del ricorso principale dell’altra sola concorrente Piazzoli volto a contestare sotto vari profili la stessa lex specialis, avrebbe peraltro condotto all’annullamento degli atti contestati ed al conseguente rinnovo delle operazioni concorsuali. Né l’onere di impugnare espressamente la lex specialis vale per il ricorrente principale e non per quello incidentale.

2.- Inidoneità del ricorso incidentale a neutralizzare l’interesse a ricorrere della Piazzoli.

In subordine, poiché nella specie erano in discussione gli esiti di una procedura selettiva ristretta a soli due concorrenti e si contestava sia in via principale che in via incidentale la lex di gara, il TAR avrebbe dovuto semmai adottare una pronuncia di annullamento dell’intera gara che fosse di impulso alla rinnovazione delle operazioni concorsuali; peraltro, il ricorso principale andava esaminato prioritariamente perché involgente una fase antecedente a quella dell’ammissione dei concorrenti. Né può escludersi l’interesse della Piazzoli perché all’epoca dell’indizione della gara era una società di persone, essendo la gara riservata a società di capitali, posto che l’affidamento in questione, avente un oggetto complesso, non era mai stato qualificato dal Comune come “servizio pubblico locale” e, d’altra parte, in sede di rinnovazione la stessa Piazzoli sarebbe comunque legittimata a partecipare avendo nel frattempo mutato la propria natura giuridica.

3.- Infondatezza del ricorso incidentale proposto dalla Zanetti.

3.1.- In ulteriore subordine, l’affidamento di cui trattasi non può essere ricondotto nel campo di applicazione del cit. art. 113 poiché l’attività di illuminazione votiva non rientra nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, bensì in quella dei servizi, la cui concessione differisce dall’appalto sol perché il corrispettivo è il diritto a gestire i servizi, sicché si trasferisce al concessionario l’alea della gestione economica (di qui la necessità della presentazione in sede di gara del piano economico finanziario della gestione). Pertanto l’affidamento dell’attività illuminazione votiva è regolato dalla disciplina delle concessioni di servizi e non dalle specifiche regole che riguardano l’affidamento dei servizi pubblici locali, né (come ritiene il Comune, che lo qualifica “contratto attivo”) può ritenersi escluso dalla disciplina prevista per gli appalti comunitari, la quale non consente la discriminazione dei potenziali concorrenti in ragione della forma societaria. D’altra parte, la L.R. Lombardia 12 dicembre 2003 n. 26, concernente i servizi pubblici locali, non annovera nel proprio ambito di applicabilità il servizio di illuminazione votiva cimiteriale; ma quand’anche si ritenesse servizio pubblico locale, la stessa legge regionale non prevede alcuna limitazione per detta ragione.

3.2.- In ogni caso, alla stregua del criterio della prevalenza economica in base ai contenuti sostanziali effettivi del rapporto, ed a prescindere dal nomen iuris attribuito dalle parti, è possibile qualificare l’affidamento in parola come concessione di costruzione e gestione piuttosto che di servizi, atteso che le attività sussumibili nel concetto di servizi sono minoritarie, mentre assolutamente prevalente è la manutenzione; ed in materia di lavori le disposizioni normative sia comunitarie che nazionali non consentono la limitazione di cui sopra.

4.- Contrarietà dell’art. 113, co. 5, D.Lgs. n. 267/2000 rispetto al diritto comunitario.

Nella parte in cui non consente alle società di persone di concorrere per l’affidamento dei servizi pubblici locali, la detta norma dev’essere disapplicata per contrarietà rispetto al diritto comunitario o, sospeso il giudizio, va rimessa alla Corte di Giustizia della CE la questione pregiudiziale concernente la compatibilità della medesima con i principi comunitari individuati dagli artt. 39 (libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità), 43 (libertà di stabilimento), 48 e 81 (intese restrittive della concorrenza) del Trattato istitutivo della CE; questione, del resto, già rimessa dal TAR Lombardia in relazione ad un affidamento del servizio pubblico di igiene ambientale connesso alla raccolta dei rifiuti, per cui non si comprende come non abbia ritenuto di adottare analogo provvedimento nel caso in esame, richiedente peraltro un’organizzazione imprenditoriale più semplice rispetto a quel servizio.

5.- Illegittimità costituzionale in relazione all’art. 113, co. 5, D.Lgs. n. 267/2000.

La stessa norma contrasta altresì con gli artt. 3 (con riferimento all’art. 34, D.Lgs. n. 163/2006) e 117, co. 1, Cost., essendo lo Stato tenuto a rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario nell’esercizio della potestà legislativa.

B.- Sulla fondatezza del ricorso principale proposto dinanzi al TAR per la Lombardia.

6.- Violazione di legge (artt. 3. co. 8, L. n. 415/1998 e 19, co. 2 bis, L. n. 109/1994). Eccesso di potere per contraddittorietà, irragionevolezza ed indeterminatezza della lex specialis di gara. Eccesso di potere per travisamento e difetto di istruttoria. Violazione delle norme e dei principi generali in materia di gare pubbliche.

In materia di concessioni di servizi, come definite dal diritto comunitario, il piano economico finanziario è documento imprescindibile dell’offerta e la sua congruenza rappresenta condizione preliminare ed essenziale per garantire l’attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità in relazione alla concessione posta in gara, tanto che è specificamente previsto dal combinato disposto degli artt. 3, co. 8, L. n. 415/1998 e 19, co. 2 bis, L. n. 109/1994, nonché degli artt. 30, co. 7, e 143, co. 7, D.Lgs. n. 163/2006.

E’ dunque evidente che Zanetti, non avendo presentato tale piano, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara anche nel caso in cui la concessione possa essere definita di lavori e non di servizi, con conseguente aggiudicazione in favore di Piazzoli, unica ad aver prodotto regolare offerta. In subordine, ove si ritenesse che Zanetti non poteva essere esclusa perché la lex di gara non prescriveva la produzione del piano, quest’ultima andrebbe annullata perché formulata in violazione delle dette disposizioni.

7.- Violazione di legge (art. 97 Cost., D.Lgs. n. 157/1995). Eccesso di potere per irragionevolezza, contraddittorietà e perplessità della lex specialis di gara. Violazione delle norme e dei principi generali in materia di gare pubbliche.

In subordine, la lex di gara è illegittima poiché il Comune ha fatto applicazione dell’art. 11 del D.Lgs. n. 358/1992 in materia di pubbliche forniture, inconferente rispetto all’oggetto dell’affidamento costituito da una concessione di servizi, invece del più rigoroso art. 12 del D.Lgs. n. 157/1995.

8.- Violazione di legge (art. 97 Cost., artt. 30, 31 e 38 Direttiva 2004/18/ CE, artt. 7 e 10, D.Lgs. n. 157/1995 e/o artt. 7 e 9 D.Lgs. n. 358/1992). Eccesso di potere per irragionevolezza della lex specialis di gara. Eccesso di potere per travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione. Violazione delle norme e dei principi generali in materia di par condicio, massima partecipazione, pubblicità e trasparenza.

In ogni caso, la procedura è illegittima perché non vi erano i presupposti per procedere a trattativa privata e perché non sono stati concessi alle imprese partecipanti termini adeguati per la formulazione delle offerte.

8.1.- In particolare, a norma delle regole comunitarie vi era l’obbligo di procedere all’affidamento mediante gara (principi della parità di trattamento e di non discriminazione secondo la nazionalità), di adeguata pubblicità (principi di trasparenza e di non discriminazione), oltre che di fissare una durata non eccessiva della concessione (principio della proporzionalità), di accettare specifiche tecniche, controllo, certificati e qualifiche prescritti in altri Stati membri (principio di mutuo riconoscimento).

8.2.- Quanto al ricorso alla trattativa privata, l’Amministrazione non ha fornito alcuna motivazione sulle relative ragioni e comunque non ne sussistevano i presupposti prescritti dagli art. 9, D.Lgs. n. 358/92 o 30 e 31, Direttiva 2004/18/CE.

8.3.- E’ stato previsto un termine per la ricezione delle offerte (19 maggio 2006, cioè 22 giorni dalla lettera d’invito inviata il 28 aprile 2006) eccessivamente ristretto e, in ogni caso, nettamente inferiore a quello previsto in materia dall’art. 10, D.Lgs. n. 157/95, ovvero dagli artt. 7, D.Lgs. n. 358/92 o 38, cit. Direttiva, pari a 40 giorni dalla data di spedizione della lettera d’invito. Né è stata fornita motivazione sull’urgenza tale da giustificare il mancato rispetto del detto termine.

Qualora si ritenessero non applicabili direttamente le menzionate disposizioni, esse costituirebbero comunque un parametro di ragionevolezza, nella specie comunque violato. Né vale opporre che ella è riuscita a presentare offerta, poiché i termini in questione sono posti affinché un’impresa possa elaborare un’offerta sufficientemente ponderata.

9.- I predeterminati criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa non sono corretti, laddove è stato stabilito di attribuire fino a ben 60 punti su 100 allo “importo fisso di concessione”, che così è risultato determinante, mentre avrebbero dovuto privilegiarsi le ragioni dell’utenza (“canone annuo a favore dell’utenza” e “quota di allacciamento nuova utenza”, invece valutabili con punti fino a 30 e, rispettivamente, 10).

C.- Domanda risarcitoria, configurabile nel duplice contenuto del danno emergente e del lucro cessante.

Il Comune e la Zanetti si sono costituite in giudizio ed hanno svolto difese.

Con ordinanza 17 maggio 2007 n. 2473 la trattazione della causa è stata rinviata, in attesa della pronuncia in via pregiudiziale della Corte di Giustizia delle Comunità europee sulla questione dell’interpretazione della normativa comunitaria in relazione alla compatibilità con essa o meno, tra l’altro, dell’art. 113, comma 5, del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 ss.mm.ii. nella parte in cui riserva ai soli operatori che rivestono la forma giuridica di “società di capitali” la possibilità di ottenere l’affidamento di servizi pubblici locali.

In date 16 e 17 ottobre 2007, 21 e 22 gennaio 2008 le parti hanno prodotto ulteriori memorie.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato posto in decisione.

D I R I T T O


1.- Si controverte della gara a “trattativa privata ai sensi dell’art. 9 lettera d) del D.Lgs. 358/92”, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, indetta dal Comune di Novate Milanese con lettera d’invito in data 28 aprile 2006 per l’affidamento in concessione per cinque anni, rinnovabile per altri quattro anni, del servizio di “gestione, integrazione, sostituzione e manutenzione del sistema di illuminazione elettrica votiva su cappelle, colombari, ossari, cinerari, lapidi, concessioni temporanee, ecc. entro le perimetrazioni dei cimiteri del Comune di Novate Milanese, con diritto di esclusiva del concessionario”.

A tale gara hanno partecipato la Zanetti Impianti Elettrici s.r.l. e la Impianti Elettrici Cimiteriali A. Piazzoli & C. s.n.c.; la prima è risultata aggiudicataria. La seconda è insorta avanti al TAR Lombardia, chiedendo l’annullamento dell’aggiudicazione, non avendo la Zanetti prodotto il piano economico finanziario, nonché, in subordine ed in via gradata, dell’intera gara in quanto la relativa lex specialis non aveva prescritto la presentazione di tale documento, per aver la stessa lex di gara applicato il D.Lgs. n. 358 del 1992 in materia di forniture anziché il D.Lgs. n. 157 del 1995 in materia di servizi e, infine, per carenza dei presupposti della trattativa privata, fissazione di termini non adeguati alla formulazione delle offerte e, comunque, per omessa motivazione in ordine alle ragioni del ricorso alla trattativa privata. La società Impianti Elettrici ha chiesto, inoltre, il risarcimento del danno.

A sua volta la Zanetti ha proposto ricorso incidentale finalizzato all’esclusione della ricorrente principale in quanto società di persone e non di capitali, come tale carente del requisito di partecipazione a gara per la concessione di servizi pubblici a termine dell’art. 113 , comma 5, lett. a), del D.Lgs. n. 267 del 2000.

Con la sentenza n. 4 del 2007, appellata in questa sede, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso principale in accoglimento del ricorso incidentale.

2.- Col primo motivo di appello la Impianti Elettrici Cimiteriali A. Piazzoli, nel frattempo trasformatasi in società a responsabilità limitata, si duole che il ricorso incidentale di primo grado non sia stato dichiarato inammissibile per omessa impugnazione della lex di gara, non prevedente limitazioni alla partecipazione in base alla natura giuridica del concorrente e neppure che si trattasse di concessione di servizi pubblici alla quale fosse applicabile il cit. art. 113, in effetti non richiamato.

Al riguardo, la Sezione osserva che ai fini della qualificazione del servizio da commettere come di “servizio pubblico locale”, la Zanetti non avrebbe potuto ritenersi onerata ad impugnare la lex specialis che tanto non specificava. Invero, tale qualificazione discende direttamente dall’oggetto del servizio stesso, costituito dall’illuminazione votiva dei cimiteri comunali, il quale sol per questo in altro non può consistere che in un servizio pubblico, in quanto assunto dal Comune e mirante a soddisfare il sentimento religioso e la pietas di coloro che frequentano il cimitero, consentendo pertanto al Comune stesso di realizzare fini sociali e promuovere lo sviluppo civile della comunità locale a termine dell’art. 112 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, recante testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (cfr., proprio in tema del servizio di cui si discute, tra le tante, Cass., sez. un., 27 aprile 2000 n. 294, oltre a Cons. St., sez. VI, 7 aprile 2006 n. 1893 richiamata nella sentenza appellata). Più precisamente, si tratta di concessione di servizio pubblico locale a rilevanza economica, perché richiede che il concessionario impieghi capitali, mezzi, personale da destinare ad un’attività economicamente rilevante in quanto suscettibile, quanto meno potenzialmente, di produrre un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull’assetto concorrenziale del mercato di settore.

Dunque, per l’aspetto considerato il ricorso incidentale era ammissibile.

3.- Col secondo motivo l’appellante contesta la priorità data dal TAR all’esame del ricorso incidentale, sostenendo che, poiché si era in presenza di soli due concorrenti, il primo giudice avrebbe dovuto esaminare entrambi i gravami e, se mai, annullare l’intera gara affinché l’Amministrazione procedesse poi alla sua rinnovazione.

Il Collegio è ben consapevole dell’attuale coesistenza di due contrastanti orientamenti giurisdizionali sul punto, l’uno coincidente con la tesi così prospettata dall’appellante ed in passato affermato dalla Sezione (cfr. le decisioni nn. 7140 e 5583 del 2004), l’altro inteso a ribadire, anche nell’ipotesi di soli due concorrenti, la pregiudizialità del ricorso incidentale quando sia diretto a privare il ricorrente principale della legittimazione attiva in ordine all’impugnazione dei risultati della gara. Orientamento, quest’ultimo, al quale recentemente la Sezione è meditatamente tornata ad aderire (cfr. la decisione 21 giugno 2006 n. 3689).

Più precisamente, è stato rilevato che, pure nell’ipotesi suddetta – qui ricorrente -, l’esame del ricorso incidentale “assume rilievo pregiudiziale, in ragione della funzione difensiva e conservativa che è propria di tale mezzo di impugnazione, quale strumento di tutela della posizione del controinteressato”. Ciò in quanto il controinteressato vincitore della gara non potrebbe mai tutelare la propria posizione con una semplice eccezione di illegittimità dell’ammissione alla gara del ricorrente principale, né con la proposizione di un ricorso principale, poiché: “- nel corso della procedura, l’atto di ammissione, avendo natura endoprocedimentale, non è autonomamente impugnabile; - all’esito della procedura di gara, il vincitore non vanta alcun interesse differenziato a contestare l’ammissione degli altri concorrenti, avendo conseguito, di norma, la massima utilità sostanziale offerta dalla procedura; - in caso di infondatezza del ricorso principale, il ricorso incidentale sarebbe privo di interesse; - in caso di accoglimento del ricorso principale, infine, il controinteressato non sarebbe comunque legittimato a contestare il titolo di legittimazione del ricorrente principale”. Si è pertanto concluso nel senso che “se, dunque, è conforme a principi fondamentali del diritto processuale che l’esame del ricorso incidentale si svolga prioritariamente, in modo da paralizzare, in caso di fondatezza, la cognizione dell’impugnazione principale, l’interesse all’accertamento del difetto di legittimazione del ricorrente incidentale assume carattere recessivo e secondario”; ed infatti il giudizio “si arresta ad un momento logicamente anteriore, cui si collega l’effetto dell’accertamento dell’inutilità della impugnazione principale, posto che il ricorrente, dovendo essere escluso dalla gara, non avrebbe comunque potuto beneficiare della esclusione dell’aggiudicatario”.

Tale soluzione, con le puntuali argomentazioni che la sorreggono, si attaglia al caso di specie ed il Collegio è di ugual avviso. Ne deriva l’infondatezza del motivo d’appello anzidetto.

4.- Le considerazioni svolte nel precedente paragrafo 2) in ordine alla qualificazione della concessione in questione come di servizio pubblico locale consentono di disattendere anche la prima parte del motivo seguente, con la quale, nel sostenere l’infondatezza del ricorso incidentale della controinteressata, si tende a negare che la fattispecie rientri nell’ambito, appunto, dei servizi pubblici locali e che quindi possa essere ricondotta nel campo di applicazione del cit. art. 113, dunque della preclusione del conferimento della titolarità del servizio alle società non di capitali ai sensi del comma 5, lettera a). Al riguardo, basta aggiungere da un lato che, per le stesse considerazioni, è irrilevante che la legge regionale della Lombardia 12 dicembre 2003 n. 26 non menzioni espressamente il particolare servizio pubblico locale di cui si discute; e, dall’altro lato, che erroneamente l’appellante adduce l’inesistenza in tale normativa regionale di una regola ostativa all’ammissione alle gare per l’affidamento di concessioni di servizi pubblici locali delle società di persone, giacché una disposizione siffatta è invece testualmente posta, conformemente alla normativa nazionale, dall’art. 2, comma 6, secondo cui “L’erogazione dei servizi è affidata a società di capitali scelte mediante procedura ad evidenza pubblica o procedure compatibili con la disciplina nazionale e comunitaria in materia di concorrenza”.

Parimenti da disattendere è la seconda parte dello stesso motivo, con cui si deduce, in sostanza, l’inapplicabilità del detto art. 113 del D.Lgs. n. 267 del 2000 sotto altro aspetto, e cioè perché in realtà l’affidamento si riferirebbe, avuto riguardo alla prevalenza economica della manutenzione rispetto ai servizi, ad una concessione di costruzione e gestione soggetta alla normativa in materia di lavori non prevedente la preclusione di cui innanzi.

Come la Sezione ha già avuto modo di chiarire, con argomentazioni ancor oggi pienamente condivise dal Collegio, la differenza tra le ipotesi della concessione di lavori pubblici e quella della concessione di servizi pubblici va rinvenuta nel tipo di nesso di strumentalità che lega la gestione del servizio alla realizzazione dell’opera; si avrà perciò concessione di costruzione ed esercizio se la gestione del servizio è strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto diretta a consentire il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla realizzazione, mentre si versa in tema di concessione di servizi pubblici quando l’espletamento dei lavori è strumentale, sotto i profili della manutenzione, del restauro e dell’implementazione, alla gestione di un servizio pubblico il cui funzionamento è già assicurato da un’opera esistente. In particolare, tanto è stato affermato proprio con riguardo al servizio pubblico di illuminazione cimiteriale, ravvisandosi per esso la seconda ipotesi nella considerazione che i lavori affidati al concessionario nell’ambito della gestione del servizio stesso afferiscono non ad un’opera nuova, ma alla manutenzione ed implementazione degli impianti esistenti (cfr. la decisione 11 settembre 2000 n. 4795).

5.- Col quarto motivo si deduce la contrarietà dell’art. 113, comma 5, T.U.E.L. rispetto al diritto comunitario.

Sulla questione pregiudiziale di interpretazione dell’art. 26, nn. 1 e 2, della direttiva del Consiglio 92/50/CEE del 18 giugno 1992 e successive modifiche, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, in relazione al disposto del detto art. 113, comma 5, lett. a), e degli artt. 2, comma 6, della cit. L.R. Lombardia n. 26 del 2003 (oltre al successivo art. 15, comma 1, che al primo fa rinvio in tema di affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani), la Corte di Giustizia C.E., investita con ordinanza dello stesso TAR Lombardia n. 117 del 16 giugno-31 luglio 2006 in una causa concernente la gestione del servizio pubblico locale di igiene ambientale in territorio comunale con valore superiore alla soglia di applicazione della menzionata direttiva, ha affermato (sent. 18 dicembre 2007 n. 357/06) che detta norma comunitaria “osta a disposizioni nazionali come quelle in esame (…), che impediscono a candidati o offerenti (…) ad erogare il servizio di cui trattasi (…), di presentare offerte nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di pubblici appalti di servizi il cui valore superi la soglia di applicazione della direttiva 92/50, soltanto per il fatto che tali candidati od offerenti non hanno la forma giuridica corrispondente ad una determinata categoria di persone giuridiche, ossia quella delle società di capitali”. In particolare la Corte, ritenuta l’applicabilità ai fatti della causa principale della direttiva suddetta ratione materiae e ratione temporis, ha affermato che il divieto di “scartare” i candidati o offerenti solo in relazione al fatto che essi non rivestano una determinata forma giuridica si evince dall’art. 26 della stessa (peraltro sostanzialmente ricalcato dall’art. 4 della successiva direttiva 2004/18), secondo cui ai raggruppamenti di prestatori di servizi “non può venir richiesto di assumere una forma giuridica ai fini della presentazione dell’offerta” (n. 1) e i candidati o offerenti “non possono venir respinti soltanto per il fatto che (…) essi avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche” (n. 2). Tuttavia la Corte non ha risolto, in quanto non rilevante, analoga questione riferita direttamente ai principi comunitari individuati dagli artt. 39, 43, 48 e 81 del Trattato, pur posta dal giudice del rinvio.

Nella specie, le disposizioni di diritto interno sopra indicate non possono essere disapplicate in esecuzione diretta della pronuncia in parola, se non altro perché è pacifico tra le parti come il valore del servizio del cui affidamento si controverte non superi la soglia comunitaria. E nella disciplina dei contratti sotto soglia non è necessario che il legislatore nazionale si attenga alle direttive comunitarie, essendo tenuto solo all’osservanza dei principi fondamentali del Trattato; questione, questa, che, come detto, la Corte ha assorbito.

Peraltro, la Sezione ritiene di poter prescindere dal sollevare al riguardo una nuova pregiudiziale interpretativa, risultando sin d’ora chiara la sussistenza di analogo contrasto della richiamata normativa nazionale e regionale e, di qui, la disapplicabilità per questa via della stessa normativa nella concreta fattispecie in esame, ancorché sotto soglia.

Invero, premesso che il Trattato considera i “servizi” secondo ampia e residuale nozione, ossia nel senso di prestazioni che non rientrino nei concetti di merci, capitali e persone, va evidenziato che, come osservato dalla Commissione europea nelle osservazioni – sulle quali fa leva parte appellante nella memoria del 16 ottobre 2007 - presentate alla Corte nella causa in parola, la ratio che ispira le disposizioni di diritto derivato poste dall’art. 26, nn. 1 2, della direttiva 92/50 in altro non può rinvenirsi che nei canoni essenziali, espressi dal Trattato, quanto meno dagli artt. 43 e 49, della libera circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, dunque della concorrenzialità, nonché in quelli che ne derivano, quali i principi di parità di trattamento e non discriminazione, di proporzionalità e trasparenza (d’altro canto pienamente coerenti ai generalissimi principi di cui agli artt. 3 e 97 Cost.), e di riconoscimento reciproco.

Per inciso, e pur tenuto conto dell’inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie del codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, ma a conferma che tali canoni devono comunque essere osservati in qualsiasi procedura di individuazione del privato contraente, può osservarsi come l’art. 30 del detto codice, nell’escludere dalla sfera di operatività del codice medesimo – ad eccezione appunto dello stesso art. 30 - le concessioni di servizi, richiede che la scelta del concessionario avvenga “nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”.

E’ evidente che i principi in parola non possono ritenersi rispettati con riguardo al caso di specie, concernente un servizio (pubblico locale) non di particolare complessità tale da richiedere per il suo espletamento una specifica ed articolata organizzazione imprenditoriale, essendo notorio che il servizio stesso era invece svolto nelle piccole realtà anche da ditte individuali. Deve perciò affermarsi, in definitiva, che la limitazione alle società di capitali si risolve in una ingiustificata e discriminante preclusione nei confronti di piccole strutture dell’accesso al mercato dei servizi di settore senza, peraltro, apprezzabili vantaggi circa la qualità del servizio da rendere; e ciò anche con conseguente effetto distorsivo dell’effettiva concorrenzialità nell’ambito dello stesso mercato.

Né, in tale quadro, appaiono conferenti le deroghe all’imposta conformità alle regole del Trattato rinvenibili negli artt. 45 e 46 (dettate per il capo II del titolo III, concernente il diritto di stabilimento, ma applicabili pure al capo III del medesimo titolo, concernente i servizi, in virtù del rinvio di cui all’art. 55), riguardanti infatti attività che partecipino all’esercizio di pubblici poteri, nonché motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità. Neppure conferente sarebbe il richiamo alle limitazioni alla applicazione delle stesse regole, limitazioni consentite dall’art. 86 (richiamato dall’appellata Zanetti) in vista dell’adempimento di una “specifica missione”, giacché tale – parziale – deroga è riferita esclusivamente al caso di “imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale”, certamente non ricorrente nella specie, in cui non è oltretutto ravvisabile alcuna “specifica missione”.

Dunque, nel caso concreto in trattazione gli artt. 113, comma 5, lett. a), del T.U.E.L. e 2, comma 6, della L.R. Lombardia n. 26 del 2003 vanno disapplicati, con la conseguenza che dev’essere negata la sussistenza di causa di esclusione dalla partecipazione alla gara a trattativa indetta dal Comune di Novate Milanese della società Piazzoli in quanto di persone e non di capitali, con l’ulteriore conseguenza dell’infondatezza dell’anzidetto ricorso incidentale della controinteressata Zanetti. In questo senso, perciò, la sentenza appellata dev’essere riformata.

6.- A questo punto della trattazione, assorbito il quinto motivo d’appello, vanno affrontati i successivi motivi diretti a far valere la fondatezza del ricorso principale di primo grado dell’attuale appellante. In proposito, occorre preliminarmente disattendere l’eccezione di inammissibilità dello stesso ricorso principale per acquiescenza prestata alla lettera d’invito, sollevata dall’appellata Zanetti. Infatti, sia gli specifici contenuti di tale lettera di volta in volta contestati, sia la scelta in essa esplicitata della trattativa privata (a cui si connettono, peraltro, determinate clausole come quella relativa al termine fissato per la presentazione delle offerte), non appaiono aver quella lesività immediata che ne imponga l’altrettanto immediata impugnazione e, correlativamente, consenta di ravvisare l’acquiescenza a seguito della partecipazione senza riserve. Non si vede, difatti, quali ostacoli alla partecipazione dell’impresa Piazzoli le scelte e le prescrizioni impugnate avrebbero comportato, assurgendo invece ad elementi incidenti (salvo le precisazioni esposte in prosieguo, ma afferenti ad una parte dell’impugnativa e non al suo complesso) sull’aggiudicazione, dunque impugnabili solo a tale esito e nell’ipotesi in cui questo non fosse favorevole alla stessa impresa.

7.- Ciò posto, va ricordato che col sesto motivo d’appello, coincidente col primo dedotto davanti al TAR, la Piazzoli si duole della mancata esclusione dalla gara della Zanetti per non aver allegato all’offerta il piano economico finanziario o, in subordine, dell’illegittimità della lex di gara per non aver previsto l’obbligatoria produzione del piano, previsto per le concessioni di lavori pubblici dall’art. 19, comma 2 bis, della legge in materia di lavori pubblici, applicabile alle concessioni di servizi a termine dell’art. 3, comma 8, della legge 18 novembre 1998 n. 415.

Al riguardo, la Sezione rileva che l’indicato comma 2 bis dell’art. 19 della legge n. 109 del 1994 (comma aggiunto dall’art. 3 l. 18 dicembre 1998 n. 415, e modificato dall’art. 7 comma 1, l. 1 agosto 2002 n. 166) configura il piano economico finanziario come elemento del contratto e non come documento da allegare a pena di inammissibilità all’offerta, mentre, come già rilevato, non è applicabile alla fattispecie il codice dei contratti, dunque il combinato disposto dei relativi artt. 30, comma 7, e 143, comma 7, secondo cui il piano dev’essere contenuto anche nell’offerta; ad ogni modo, l’estensione alle concessioni di servizi delle disposizioni del detto comma 2 bis, stabilita dall’art. 3, comma 8, della legge n. 415 del 1998 (e, non diversamente, dall’appena citato art. 30, comma 7, del codice dei contratti) è prevista solo se “compatibile”, ossia ove la concessione importi consistenti investimenti soggetti ad ammortamento, tali da richiedere la verifica dell’equilibrio economico-finanziario di base e consentire l’eventuale modifica del piano stesso nel corso della concessione per effetto del mutamento di determinate condizioni. Ma non è questo il caso in esame, in cui gli investimenti richiesti non risultano avere siffatta consistenza (pertanto legittimamente la lettera d’invito nulla ha prescritto) e, d’altra parte, il contrario non è sostenuto e tanto meno dimostrato nella censura dedotta in primo grado e riproposta in questa sede.

8.- Il motivo seguente si incentra, come già il secondo motivo del ricorso principale di primo grado, sull’assunta erroneità della lex di gara nel punto in cui, ai fini dell’integrazione dei requisiti di ammissione a gara, richiama l’art. 11 del D.Lgs. n. 358 del 1992, il quale in tema di forniture richiede determinate condizioni (tra cui l’assenza di condanne, con sentenza passata in giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale o per delitti finanziari: lett. b), anziché il più rigoroso art. 12 del D.Lgs. n. 157 del 1995, che in tema di servizi prescrive l’assenza di sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p., oltre che di condanne passate in giudicato, per qualsiasi reato che incida sulla moralità professionale o per delitti finanziari (lett. b).

In ordine alla clausola della lettera d’invito così contestata, però, l’appellante non adduce l’insussistenza in capo alla Zanetti del requisito configurato ai sensi della norma invocata, né ciò risulta altrimenti, sicché deve concludersi per l’inesistenza di lesività della stessa clausola, con conseguente carenza di interesse alla sua impugnazione da parte della Piazzoli, atteso che all’eventuale annullamento in parte qua della lettera d’invito ella non trarrebbe il vantaggio dell’esclusione della Zanetti; impugnazione che, pertanto, deve ritenersi inammissibile a prescindere dall’esame della fondatezza o meno della relativa deduzione.

9.- Con l’ottavo motivo, già terzo in primo grado, si censura sotto vari profili il ricorso del Comune alla trattativa privata. La doglianza è tale da investire l’intera procedura, che in caso di accoglimento dovrebbe essere perciò rinnovata, con l’effetto di rimettere in discussione il rapporto controverso.

Non senza dire che al prescelto modulo procedimentale informale si correla (come accennato sopra) l’ulteriore scelta del Comune in ordine alla fissazione parimenti informale di un ristretto termine ultimo di ricezione delle offerte, il quale – com’è ragionevolmente ipotizzabile - ben può aver impedito alla Piazzoli, che pure ha presentato offerta, di articolare la propria proposta con maggior ponderazione in relazione a tutti e ciascuno dei parametri di valutazione indicati dall’Amministrazione e, quindi, ad avanzare un’offerta suscettibile di qualificarsi come economicamente più vantaggiosa in base agli stessi parametri.

Non v’è dubbio, quindi, sull’ammissibilità della doglianza medesima, sorretta, diversamente da quanto ritenuto al precedente paragrafo, da evidente interesse a ricorrere, sia pur strumentale. Ne consegue che non può essere seguita l’eccezione formulata al riguardo dall’appellata Zanetti.

Nel merito, il motivo ora in esame va condiviso in ordine al profilo con il quale si denuncia difetto di motivazione circa le ragioni per le quali l’Amministrazione non ha ritenuto di indire una gara pubblica.

La più volte ricordata lettera d’invito, che non risulta preceduta da alcuna determinazione di indizione della procedura da cui possano evincersi le dette ragioni, non reca a sua volta alcuna indicazione in proposito, limitandosi a precisare che la procedura di gara prescelta è la “trattativa privata ai sensi dell’art. 9 lettera d) del D.Lgs. 358/92”.

A parte l’inconferenza del corpo normativo così richiamato, che disciplina gli appalti pubblici di forniture ai quali l’oggetto della concessione di cui trattasi non può essere collegato neppure in via analogica, detta lettera d) nel primo comma indica la trattativa privata come la quarta delle procedure che è possibile prescegliere e nel secondo comma definisce tale procedura, senza però menzionare i casi in cui è consentito farvi ricorso, invece enumerati dai successivi quarto e quinto comma. A tali disposizioni la lettera d’invito non fa alcun rinvio, sicché non è ricostruibile l’iter logico seguito dal Comune per pervenire alla medesima scelta, di per sé caratterizzata da discrezionalità amministrativa. Per questo aspetto, peraltro, le ragioni esposte in questa sede dalla difesa dell’Amministrazione appellata non sono utili ad integrare la riscontrata carenza.

D’altro canto, proprio in considerazione di tale carenza neppure può escludersi la configurabilità in concreto di una legittima causa giustificatrice della ripetuta scelta.

Tanto rilevato, va osservato che ciò si pone in aperto contrasto col generalissimo principio immanente nell’ordinamento secondo cui la trattativa privata costituisce modulo di formazione della volontà contrattuale dell’amministrazione pubblica di carattere eccezionale, suscettibile di essere applicato esclusivamente in presenza di specifici presupposti da individuarsi ed esplicitarsi a monte della procedura, proprio per giustificare la deroga alle regole ordinarie dell’evidenza pubblica. Non è poi revocabile in dubbio che siffatto principio debba trovare applicazione anche in tema di affidamento di servizi pubblici locali; proprio nel particolare servizio di illuminazione votiva dei cimiteri è stato difatti pure recentemente ribadito da questo Consiglio di Stato che “l’obbligo di seguire le procedure concorsuali pubbliche discende direttamente, senza che vi sia necessità di nessuna altra specifica disposizione, dalle norme contenute nel R.D. 18 novembre 1923, segnatamente dagli articoli 3 e 6, e nel R. D. 23 maggio 1924 n. 827, in particolare dall’articolo 41, norme che impongono, per ogni attività contrattuale della Pubblica Amministrazione, il ricorso a procedure concorsuali aperte ai soggetti idonei per eseguire opere o servizi e per fornire beni alle Amministrazioni stesse” (cfr. Sez. VI, 7 aprile 2006 n. 1893)

10.- Per le considerazioni sin qui esposte, ed assorbita ogni altra doglianza, il ricorso di primo grado della Piazzolli merita di essere accolto quanto alla domanda di annullamento degli atti impugnati.

Diversamente è per l’ulteriore domanda risarcitoria, anch’essa riproposta in questa sede. Il predetto annullamento è stato infatti pronunciato per il rilevato vizio di difetto di motivazione, il quale consente, anzi esige la rinnovazione della procedura di individuazione del concessionario emendata dal vizio riscontrato; rinnovazione comportante un nuovo esercizio del medesimo potere, connotato – come detto innanzi – da discrezionalità amministrativa, sicché solo all’esito di una nuova determinazione conclusiva della procedura potrà valutarsi la sussistenza o meno dei prescritti presupposti del pregiudizio risarcibile derivante dal primo provvedimento annullato.

11.- In conclusione, in questi limiti l’appello dev’essere accolto. Tuttavia, la complessità delle questioni giuridiche sottoposte all’esame della Sezione consiglia la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie il ricorso in appello in epigrafe e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie per quanto di ragione il ricorso principale di primo grado, respinge il ricorso incidentale di primo grado ed annulla i provvedimenti impugnati con detto ricorso principale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio 2008 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Iannotta Presidente

Cesare Lamberti Consigliere

Claudio Marchitiello Consigliere

Vito Poli Consigliere
Angelica Dell’Utri Costagliola Consigliere, est.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

f.to Angelica Dell’Utri Costagliola f.to Raffaele Iannotta

IL SEGRETARIO

f.to Rosi Graziano



DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14-04-2008

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

p.IL DIRIGENTE

f.to Livia Patroni Griffi






N°. RIC. 1606/07



N°. RIC. 1606/07



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