martedì 7 ottobre 2008

Consiglio Giustizia Amministrativa, sez. giurisdizionale - sentenza 23 settembre 2008 n. 780

N. 780/08 Reg.Dec.
N. 1299 Reg.Ric. ANNO 2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 1299/2007, proposto da
CORSO GIOVANNI,
rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Tinaglia, presso cui elettivamente domicilia in Palermo, via Santuario di Cruillas n. 8;
c o n t r o
la PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA e l’ASSESSO-RATO ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, in via A. De Gasperi, 81 sono ope legis domiciliati;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Sicilia, sede di Palermo (sez. int. III), n. 1174 del 23 aprile 2007.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le amministrazioni appellate;
Viste le memorie delle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore, alla pubblica udienza del 2 aprile 2008, il Consigliere Ermanno de Francisco;
Uditi, altresì, l’avv. F. Tinaglia per l’appellante e l’avv. dello Stato Tutino per le amministrazioni appellate;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Viene in decisione l’appello avverso la sentenza indicata in epigrafe che, per l’omessa l’impugnazione dell’atto lesivo (c.d. pregiudiziale amministrativa), ha dichiarato inammissabile il ricorso dello odierno appellante per la condanna della Regione siciliana al risarcimento dei danni derivanti dalla sua ritardata nomina quale vincitore del concorso pubblico a n. 53 posti di Dirigente tecnico in prova – VIII livello del ruolo tecnico del Bilancio di cui alla Tabella C annessa alla L.R. n. 41/85, indetto con D.A. n. 1544/IV del 13.3.1992.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1. – Si premette che l’odierno appellante, idoneo non vincitore al concorso di cui si è detto nella narrativa in fatto che precede, si è giovato dell’estensione in proprio favore di un giudicato formatosi inter alios il 25 marzo 2002, poiché in esecuzione di esso la Regione – che aveva inizialmente incluso tra i riservatari anche due vincitori per meriti propri – riformulava la graduatoria, inserendo tra i vincitori (oltre al beneficiario del giudicato ottemperando) l’odierno appellante.
Per l’effetto, quest’ultimo è stato effettivamente assunto solo il 4 novembre 2002, a fronte dell’assunzione dei primi vincitori che era invece avvenuta sin dal 13 agosto 1996.
Deducendo l’illegittimità di tale ritardo, il ricorrente proponeva nel 2004 il ricorso per il risarcimento dei danni subiti (differenze stipendiali tra il posto ricoperto e quello superiore che gli si sarebbe dovuto attribuire oltre sei anni prima; minori versamenti contributivi; pregiudizio nel possibile sviluppo di carriera; accessori, etc.).
La sentenza gravata – avendo rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione amministrativa – dichiarava inammissibile la domanda "per effetto del mancato rispetto del principio della cosiddetta "pregiudiziale amministrativa", la cui affermazione trova la sua più compiuta espressione nella decisione del Cons. Stato, Ad. Plen., 26 febbraio 2003, n. 4", ripercorrendo i passi salienti dell’elaborazione di tale controverso principio di origine giurisprudenziale.
Nella specie, rilevava in particolare che il ricorrente non avesse impugnato la graduatoria concorsuale che lo poneva in posizione deteriore, ma avesse invece beneficiato di un avanzamento nella graduatoria concessogli dall’Amministrazione in sede di estensione (peraltro non giuridicamente dovuta) di un giudicato inter alios.
Sebbene nel caso di specie l’atto lesivo fosse stato rimosso in autotutela, ciò non è derivato dalla doverosa cura dei propri interessi.
Sulla base di tale rilievo, la sentenza ha escluso che "l’esercizio dell’autotutela … laddove incidentalmente determini una situazione favorevole al cittadino, possa altresì consentire a quest’ultimo il superamento delle conseguenze dell’inoppugnabilità medio tempore intervenuta. Ciò significherebbe la frustrazione del principio della definitività del provvedimento amministrativo e della sua intangibilità, con conseguente riespansione della facoltà del destinatario del provvedimento di ottenere, oltre al beneficio della rimozione dell’atto stesso, anche l’ulteriore tutela ripristinatoria mediante risarcimento del danno patito in conseguenza di quello stesso provvedimento che di per sé il danneggiato non avrebbe più avuto alcuna possibilità di rimuovere dall’ordinamento, in contrasto con il principio di certezza del diritto e con gli ulteriori principi che regolano l’esercizio della tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive".
"È pur vero, peraltro, che, in linea puramente teorica, l’annul-lamento in sede di autotutela potrebbe risolvere in radice il problema della presunzione di legittimità dell’atto stesso conseguente all’inop-pugnabilità, coincidendo con un’esplicita ed inequivocabile dichiarazione di illegittimità del medesimo proveniente dalla stessa autorità che l’ha adottato, la quale escluderebbe ogni giudizio incidentale sul provvedimento. In tal caso si potrebbe ritenere eliminato ogni ostacolo all’esame della (eventuale) ingiustizia del danno da parte del giudice nell’ambito di un’autonoma azione risarcitoria, ma ciò finirebbe paradossalmente per attribuire al destinatario del provvedimento, il quale ha totalmente omesso di fare ricorso agli strumenti apprestati dall’ordinamento per la tutela della sua posizione giuridica soggettiva, la possibilità di avvantaggiarsi non solo della rimozione del provvedimento illegittimo che non avrebbe più potuto ottenere, ma anche del conseguente eventuale risarcimento del danno".
2. – L’appello in esame da un lato contesta in termini generali la c.d. pregiudiziale amministrativa; dall’altro deduce l’incompatibilità logica tra l’affermazione della giurisdizione amministrativa e la declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria anche ove, come nel caso di specie, il provvedimento lesivo sia stato comunque annullato (sebbene su ricorso altrui) e, comunque, rimosso (con effetto anche nei confronti dell’odierno appellante) in sede di autotutela.
3. – L’appello è fondato nella parte in cui è volto a contestare la declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria; ma non anche per quanto concerne, nel merito, tale domanda qui riproposta.
Si premette che questo Consiglio – in adesione all’orientamento tracciato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione a partire dalle ordd. 13 giugno 2006, n. 13659 e n. 13660 – non ritiene necessaria, ai fini del risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, la pregiudiziale impugnazione del provvedimento lesivo.
Cfr., in proposito, C.G.A. 18 maggio 2007, n. 386, e 15 giugno 2007, n. 485; né il Collegio, pur nella consapevolezza di quanto ribadito, in un noto obiter dictum, da C.d.S., A.P., 22 ottobre 2007, n. 12, rileva convincenti ragioni per discostarsi dal proprio orientamento, che anzi – vieppiù a fronte del confuso dibattito giurisprudenziale cui in proposito si assiste – ritiene in questa sede di dovere confermare.
Va rilevato, nondimeno, che nel caso di specie la declaratoria di sussistenza della giurisdizione amministrativa, espressamente resa dal primo giudice, esclude in radice ogni possibilità di rinvio della causa in primo grado, ai sensi dell’art. 35 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034; nonché, ulteriormente, che l’assunto per cui l’affermazione della c.d. pregiudiziale amministrativa si risolva in un indebito diniego di esercizio della giurisdizione amministrativa costituisce in effetti, nell’intero impianto motivazionale delle cit. ordd. delle Sezioni unite, il profilo che induce le principali perplessità e che – forse anche al di là di quanto si è testé rilevato con riferimento alla sentenza appellata – parrebbe meritevole di una generale riconsiderazione.
4. – Posto dunque che l’omessa impugnazione della graduatoria originaria, in cui il ricorrente figuarava quale idoneo non vincitore, non costituisce ostacolo giuridico all’ammissibilità della domanda risarcitoria proposta nei termini sopra indicati, quest’ultima va ora esaminata nel merito.
Come è noto, sono state le stesse Sezioni unite della Corte di Cassazione, nelle cit. ordd. n. 13659 e 13660, a chiarire che – in tutti i casi in cui la diligente proposizione e coltivazione dell’impugnazione degli atti lesivi avrebbe potuto evitare il danno ovvero eliderne l’entità – la negligenza del danneggiato anche nell’esperire la tutela giurisdizionale dei propri diritti e interessi possa avere significativa rilevanza sulla definizione nel merito della domanda risarcitoria; la quale, in tali casi, potrà essere in tutto o in parte disattesa alla stregua degli ordinari criteri civilistici di liquidazione del danno risarcibile (tra cui ai sensi del combinato disposto degli artt. 2056 e 1227 cod. civ.).
Ciò posto, bisogna prendere le mosse dal rilievo che – a prescindere dalla condivisione, o meno, della giuridica fondatezza del giudicato formatosi inter alios sulla sentenza del T.A.R. di Catania 25 marzo 2002, n. 793 – nessun obbligo aveva l’Amministrazione di estendere detto giudicato anche in favore del ricorrente, estraneo a quel giudizio.
Nondimeno, poiché l’Amministrazione si è discrezionalmente determinata a estendere gli effetti di detto giudicato anche in favore del ricorrente, il ritardo nel dare esecuzione a tale propria volontà (che ha, in effetti, caducato gli effetti della prima graduatoria che vedeva il ricorrente escluso dai vincitori del concorso) costituisce un fatto antigiuridico (condotta astrattamente non iure) lesivo per il ricorrente.
L’attuazione della propria determinazione favorevole al ricorrente richiede ovviamente, in rerum natura, un ragionevole lasso di tempo.
È agevole rilevare che, nella specie, il lasso temporale intercorso tra la pubblicazione della cit. sentenza n. 793 del 2002 (prima della quale non è ovviamente ipotizzabile alcuna determinazione amministrativa circa l’estensione, in favore di terzi, del giudicato che su di essa si sarebbe formato) e le date di nomina (15 ottobre 2002) e di assunzione del ricorrente (4 novembre 2002) va considerato assolutamente fisiologico, quantomeno perché inferiore a quello intercorso tra l’approvazione dell’originaria graduatoria (19 dicembre 1995) e l’assunzione dei vincitori ivi indicati (13 agosto 1996).
Né coglie nel segno la pretesa del ricorrente, di vedersi riconoscere come ritardo risarcibile anche l’ulteriore e ben maggiore lasso di tempo intercorso dall’approvazione dell’originaria graduatoria fino alla pubblicazione della sentenza n. 793/2002, perché – non avendo egli alcun titolo per pretendere né l’applicazione diretta del giudicato inter alios, né la sua estensione anche in proprio favore – è solo a partire dalla determinazione discrezionale dell’Amministrazione di estendere in sede di autotutela il giudicato ai terzi che è maturata una (nuova) situazione giuridica soggettiva favorevole all’appellante.
Solo se si fosse attivato tempestivamente (al pari, cioè, di quanto fece il sig. Cosimo Aiello, ricorrente nel giudizio definito dalla cit. sentenza n. 793/2002, che versava in identica situazione dell’odierno appellante) mediante l’impugnazione giurisdizionale della graduatoria originaria (per ottenerne l’annullamento, magari previa sospensione degli effetti in parte qua) il ricorrente avrebbe effettivamente evitato di subire il pregiudizio per cui è causa (altresì facendo retroagire la propria situazione giuridica soggettiva di vincitore del concorso alla data della domanda giudiziale, anziché a quella dell’esercizio, non obbligatorio, dell’autotutela amministrativa di cui si è detto).
In altri termini, il tempo trascorso dal 1996 al 2002 è stato quello necessario per la formazione di un giudicato, che l’Amministrazione non era affatto tenuta (né ab initio, né ex post) a estendere in favore dell’odierno appellante, né quest’ultimo aveva titolo a farsi estendere.
Ad evitare che tale lasso temporale ridondasse in proprio danno, con l’ordinaria diligenza e cura dei propri interessi il sig. Corso ben avrebbe potuto, versando nella stessa situazione del suddetto sig. Cosimo Aiello, agire al pari di quest’ultimo nei sensi predetti.
Non avendolo fatto, non gli è dovuto alcun risarcimento per il danno da ritardo per cui è causa; giacché tale danno egli avrebbe potuto altrimenti evitare ai sensi degli artt. 2056 e 1227, II comma, cod. civ.: vuoi mediante l’eventuale ottenimento di un provvedimento cautelare nei sensi predetti, vuoi comunque in virtù della retroazione degli effetti giuridici della sentenza alla data della domanda.
5. – In conclusione, l’appello è fondato limitatamente alle censure avverso la declaratoria di inammissibilità del ricorso resa in sentenza; ma è infondato per quanto attiene al merito della domanda.
Si ravvisa, comunque, la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti costituite.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello nei sensi e limiti di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge, anziché dichiararla inammissibile, la domanda risarcitoria proposta in prime cure.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito a Palermo in camera di consiglio il 2 aprile 2008, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Claudio Zucchelli, Ermanno de Francisco, estensore, Antonino Corsaro, Filippo Salvia, componenti.
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Ermanno de Francisco, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria il 23 settembre 2008.


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